Questo post è stato scritto ad agosto ed analizza, su un piano esclusivamente politico, proposte, curriculum ed orizzonti di Francesca Barracciu. Prima che la nuova inchiesta sull'uso dei fondi destinati ai gruppi consiliari irrompesse nel panorama politico sardo, prima delle primarie del Pd e mentre infuriava il dibattito sulla campagna mediatica condotta dalla Barracciu su Facebook.
FRANCESCA BARRACCIU, IL DETERGENTE DELLA POLITICA
(di Francesco Giorgioni)
Ci siamo molto divertiti, ognuno a suo modo, nel cercare le più esilaranti caricature della Francesca Barracciu ultima versione, quella postata sul suo profilo Facebook mentre era indaffarata a lavare i piatti. Io non conosco la Barracciu, ma la satira è stata per me e tanti altri reazione spontanea e comprensibile: a vederla come si presenta normalmente in pubblico, tutta tirata e truccata con cura, viene difficile immaginarsela con le unghie laccate scheggiate dalla collisione con una pentola Lagostina, nel lavandino spumoso di Last al limone della sua casa di Sorgono.
Ma, come dicevo, io non conosco la Barracciu, se non attraverso il contatto Facebook stabilito un paio d'anni fa senza che mai ne sia seguita una diretta interazione: può darsi sia molto diversa da come mi appare. Può darsi sia molto diversa da quella bella signora che, poche settimane dopo le elezioni regionali del 2009, trovai accovacciata sotto il palco di un hotel di Sanluri, perché tutti la vedessero in prima fila mentre Renato Soru annunciava la nascita di Sardegna Democratica.
Naturalmente, c'è stato anche chi si è spinto al limite estremo di attestare "solidarietà" alla Barracciu, come se le fosse capitata una disgrazia familiare o fosse stata coinvolta in un'indagine della magistratura. Solidarietà per essere stata vittima di quattro risate, solidarietà con pieno diritto di cittadinanza in un'Italia dove l'ansia di taluni di ingraziarsi un potente del prossimo futuro oscura la libertà profondamente democratica di ridere di un politico, quando costui sfida il ridicolo: una libertà bellissima, propria dei paesi civili.
Chi fa della foto del lavandino un manifesto politico - spesso anche gente che ostenta un certo snobismo intellettuale - attribuisce alla Barracciu il merito e il coraggio di essersi mostrata per quel che sarebbe realmente, in una scena di umile quotidianità. Io penso sia l'esatto opposto, perché questa umile quotidianità è apparsa sul profilo Facebook della Barracciu solo da poche settimane a questa parte, cioè da quando ha annunciato la sua candidatura alle primarie. Prima gli album della candidata governatrice (le primarie le ha praticamente già vinte) raccontavano solo di interviste, occasioni istituzionali e locandine di convegni sulla violenza contro le donne o sulla difesa dell'agroalimentare sardo. Pecca di ingenuità o partigianeria chi obietta che, in fondo, sono solo post su una pagina Facebook: oggi i social sono il principale mezzo di comunicazione di un politico e il politico è pienamente consapevole del loro potere.
Il problema di fondo è la resa della comunicazione politica della sinistra al modello berlusconiano. Il problema è nel vendere un'immagine rassicurante veicolandola a messaggi senza contenuto, nei flash subliminali sorretti dal luogo comune ma vuoti, nella personalizzazione della democrazia e, nello stesso tempo, nell'abbandono delle idee di cui dovrebbe alimentarsi.
La Barracciu che diventa lavapiatti, e noi dovremmo restare a bocca aperta di fronte ad un futuro presidente della Regione capace di calarsi in un ruolo comune a migliaia di casalinghe; la Barracciu che passeggia per i sentieri del suo paese, e noi dovremmo dedurne il suo amore per il paesaggio e per l'irrinunciabile bene natura; la Barracciu che tracanna birra Ichnusa al bar, e noi dovremmo restare ammirati dall'emancipazione di questa donna e dal suo tributo ad un prodotto che di sardo ha solo il nome.
Sono gesti e azioni che, ogni giorno, vengono compiuti da tanta gente, ma interpretati da un politico pare abbiano altro valore e conferiscano altissimo rango istituzionale. Se l'europarlamentare Francesca Barracciu chiede su Facebook il ritiro del Porcellum - come tutti fanno da anni - fioccano centinaia di like, benché l'istanza sia così condivisa da essere persino banale.
Cosa c'entra tutto questo con la politica?
C'entra con l'attuale succedaneo della politica.
Una scimmiottatura che ha rinunciato ad essere sistema partecipato di risoluzione di problemi e indicazione di linee di sviluppo per decadere a tecnica di marketing, a spot pubblicitario di immediata lettura. Perché nulla o pochissimo c'è da capire.
Nel piano di comunicazione della Barracciu c'è, a dirla tutta, la lezione di vent'anni di berlusconismo e la sudditanza culturale della sinistra al suo modello.
Dei primi discorsi alla nazione di Berlusconi, nel 1994, mi colpì un particolare paradossale sfuggito a molti ma colto dagli esperti di linguaggio televisivo. Era la cornice con la foto della famiglia poggiata sulla sua scrivania ma rivolta verso la telecamera, dunque orientata in senso opposto a quello sensato. L'importante era che tutti vedessero moglie e figli felici e lui, attraverso meccanici processi cerebrali, diventasse il riferimento politico dei più tradizionali valori.
Nella foto della Barracciu a testa china sulle stoviglie incrostate vedo esattamente lo stesso tentativo di estorcere una fiducia alla persona. Non al politico e a tutto ciò che dovrebbe rappresentare.
Ma a me, elettore e uomo di sinistra, della asserita maestria di Francesca Barracciu nello sfregare le spugnette sulle pentole, della sua capacità di reggere una bevuta di birra e delle sue passeggiate non me ne può fregare di meno. Io voglio sapere se abbia o no un modello di sviluppo per la Sardegna. A me non interessa lei, a me interessano le sue idee.
Se ne ha.
A me interessa sapere cosa proponga di fare per ristabilire la continuità territoriale, secondo il principio che dovrebbe permettere ad un sardo di spostarsi verso la Penisola alle stesse tariffe richieste per viaggiare da una regione del Continente ad un'altra confinante;
a me interessa sapere come intenda superare il cronico antagonismo tra coste ed entroterra, affinché anche chi non ha la fortuna del mare vicino possa partecipare del turismo estendendolo ai dodici mesi dell'anno;
a me interessa sapere se per lei l'industria pesante abbia ancora un futuro;
a me interessa sapere se per Francesca Barracciu sia ancora un bene da difendere il Piano paesaggistico regionale e cosa pensi della modifica in atto negli uffici dell'assessorato all'Urbanistica, specie oggi che nelle coste della Gallura milionari di ogni nazionalità, evidentemente bene informati, hanno ricominciato ad acquistare decine e decine di ettari fronte mare, in attesa dell'imminente sblocco al cemento;
a me interessa sapere se i potentati della sanità privata cagliaritana godranno anche della sua protezione, qualora diventasse governatrice, e se avrà la forza per permettere l'apertura del San Raffaele di Olbia;
a me interessa sapere se voglia rilanciare il trasporto pubblico per tutti, su gomma e rotaia, consentendo una mobilità efficace e a disposizione di ogni cittadino;
a me interessa sapere cosa risponderebbe se, un giorno, l'editore di un giornale le chiedesse di insediare la Regione nei suoi palazzoni invenduti di Santa Gilla.
Io vorrei sapere se Francesca Barracciu abbia una speranza da offrire a tutte quelle migliaia di sardi che trascorrono gli inverni in desolanti villaggi alpini dividendo una mansarda con una brigata di sconosciuti, e passano le giornate a servire nei tavoli dei ristoranti o a lavare piatti, ma senza postare su Facebook le loro fatiche.
Io non ho nessuno da sostenere alle primarie: a me interessa parlare di politica e programmi, senza l'avvilente sintesi dello slogan pubblicitario trasformato in programma elettorale.
Liberamente, perché di interviste accomodate e delle complici strizzate d'occhio tra direttori di giornali e candidati non se ne può già più.
FRANCESCA BARRACCIU, IL DETERGENTE DELLA POLITICA
(di Francesco Giorgioni)
Ci siamo molto divertiti, ognuno a suo modo, nel cercare le più esilaranti caricature della Francesca Barracciu ultima versione, quella postata sul suo profilo Facebook mentre era indaffarata a lavare i piatti. Io non conosco la Barracciu, ma la satira è stata per me e tanti altri reazione spontanea e comprensibile: a vederla come si presenta normalmente in pubblico, tutta tirata e truccata con cura, viene difficile immaginarsela con le unghie laccate scheggiate dalla collisione con una pentola Lagostina, nel lavandino spumoso di Last al limone della sua casa di Sorgono.
Ma, come dicevo, io non conosco la Barracciu, se non attraverso il contatto Facebook stabilito un paio d'anni fa senza che mai ne sia seguita una diretta interazione: può darsi sia molto diversa da come mi appare. Può darsi sia molto diversa da quella bella signora che, poche settimane dopo le elezioni regionali del 2009, trovai accovacciata sotto il palco di un hotel di Sanluri, perché tutti la vedessero in prima fila mentre Renato Soru annunciava la nascita di Sardegna Democratica.
Naturalmente, c'è stato anche chi si è spinto al limite estremo di attestare "solidarietà" alla Barracciu, come se le fosse capitata una disgrazia familiare o fosse stata coinvolta in un'indagine della magistratura. Solidarietà per essere stata vittima di quattro risate, solidarietà con pieno diritto di cittadinanza in un'Italia dove l'ansia di taluni di ingraziarsi un potente del prossimo futuro oscura la libertà profondamente democratica di ridere di un politico, quando costui sfida il ridicolo: una libertà bellissima, propria dei paesi civili.
Chi fa della foto del lavandino un manifesto politico - spesso anche gente che ostenta un certo snobismo intellettuale - attribuisce alla Barracciu il merito e il coraggio di essersi mostrata per quel che sarebbe realmente, in una scena di umile quotidianità. Io penso sia l'esatto opposto, perché questa umile quotidianità è apparsa sul profilo Facebook della Barracciu solo da poche settimane a questa parte, cioè da quando ha annunciato la sua candidatura alle primarie. Prima gli album della candidata governatrice (le primarie le ha praticamente già vinte) raccontavano solo di interviste, occasioni istituzionali e locandine di convegni sulla violenza contro le donne o sulla difesa dell'agroalimentare sardo. Pecca di ingenuità o partigianeria chi obietta che, in fondo, sono solo post su una pagina Facebook: oggi i social sono il principale mezzo di comunicazione di un politico e il politico è pienamente consapevole del loro potere.
Il problema di fondo è la resa della comunicazione politica della sinistra al modello berlusconiano. Il problema è nel vendere un'immagine rassicurante veicolandola a messaggi senza contenuto, nei flash subliminali sorretti dal luogo comune ma vuoti, nella personalizzazione della democrazia e, nello stesso tempo, nell'abbandono delle idee di cui dovrebbe alimentarsi.
La Barracciu che diventa lavapiatti, e noi dovremmo restare a bocca aperta di fronte ad un futuro presidente della Regione capace di calarsi in un ruolo comune a migliaia di casalinghe; la Barracciu che passeggia per i sentieri del suo paese, e noi dovremmo dedurne il suo amore per il paesaggio e per l'irrinunciabile bene natura; la Barracciu che tracanna birra Ichnusa al bar, e noi dovremmo restare ammirati dall'emancipazione di questa donna e dal suo tributo ad un prodotto che di sardo ha solo il nome.
Sono gesti e azioni che, ogni giorno, vengono compiuti da tanta gente, ma interpretati da un politico pare abbiano altro valore e conferiscano altissimo rango istituzionale. Se l'europarlamentare Francesca Barracciu chiede su Facebook il ritiro del Porcellum - come tutti fanno da anni - fioccano centinaia di like, benché l'istanza sia così condivisa da essere persino banale.
Cosa c'entra tutto questo con la politica?
C'entra con l'attuale succedaneo della politica.
Una scimmiottatura che ha rinunciato ad essere sistema partecipato di risoluzione di problemi e indicazione di linee di sviluppo per decadere a tecnica di marketing, a spot pubblicitario di immediata lettura. Perché nulla o pochissimo c'è da capire.
Nel piano di comunicazione della Barracciu c'è, a dirla tutta, la lezione di vent'anni di berlusconismo e la sudditanza culturale della sinistra al suo modello.
Dei primi discorsi alla nazione di Berlusconi, nel 1994, mi colpì un particolare paradossale sfuggito a molti ma colto dagli esperti di linguaggio televisivo. Era la cornice con la foto della famiglia poggiata sulla sua scrivania ma rivolta verso la telecamera, dunque orientata in senso opposto a quello sensato. L'importante era che tutti vedessero moglie e figli felici e lui, attraverso meccanici processi cerebrali, diventasse il riferimento politico dei più tradizionali valori.
Nella foto della Barracciu a testa china sulle stoviglie incrostate vedo esattamente lo stesso tentativo di estorcere una fiducia alla persona. Non al politico e a tutto ciò che dovrebbe rappresentare.
Ma a me, elettore e uomo di sinistra, della asserita maestria di Francesca Barracciu nello sfregare le spugnette sulle pentole, della sua capacità di reggere una bevuta di birra e delle sue passeggiate non me ne può fregare di meno. Io voglio sapere se abbia o no un modello di sviluppo per la Sardegna. A me non interessa lei, a me interessano le sue idee.
Se ne ha.
A me interessa sapere cosa proponga di fare per ristabilire la continuità territoriale, secondo il principio che dovrebbe permettere ad un sardo di spostarsi verso la Penisola alle stesse tariffe richieste per viaggiare da una regione del Continente ad un'altra confinante;
a me interessa sapere come intenda superare il cronico antagonismo tra coste ed entroterra, affinché anche chi non ha la fortuna del mare vicino possa partecipare del turismo estendendolo ai dodici mesi dell'anno;
a me interessa sapere se per lei l'industria pesante abbia ancora un futuro;
a me interessa sapere se per Francesca Barracciu sia ancora un bene da difendere il Piano paesaggistico regionale e cosa pensi della modifica in atto negli uffici dell'assessorato all'Urbanistica, specie oggi che nelle coste della Gallura milionari di ogni nazionalità, evidentemente bene informati, hanno ricominciato ad acquistare decine e decine di ettari fronte mare, in attesa dell'imminente sblocco al cemento;
a me interessa sapere se i potentati della sanità privata cagliaritana godranno anche della sua protezione, qualora diventasse governatrice, e se avrà la forza per permettere l'apertura del San Raffaele di Olbia;
a me interessa sapere se voglia rilanciare il trasporto pubblico per tutti, su gomma e rotaia, consentendo una mobilità efficace e a disposizione di ogni cittadino;
a me interessa sapere cosa risponderebbe se, un giorno, l'editore di un giornale le chiedesse di insediare la Regione nei suoi palazzoni invenduti di Santa Gilla.
Io vorrei sapere se Francesca Barracciu abbia una speranza da offrire a tutte quelle migliaia di sardi che trascorrono gli inverni in desolanti villaggi alpini dividendo una mansarda con una brigata di sconosciuti, e passano le giornate a servire nei tavoli dei ristoranti o a lavare piatti, ma senza postare su Facebook le loro fatiche.
Io non ho nessuno da sostenere alle primarie: a me interessa parlare di politica e programmi, senza l'avvilente sintesi dello slogan pubblicitario trasformato in programma elettorale.
Liberamente, perché di interviste accomodate e delle complici strizzate d'occhio tra direttori di giornali e candidati non se ne può già più.