Quelli di Sardegna Blogger mi hanno chiesto di commentare la partita Spagna Olanda. Mi hanno pregato inoltre di spiegare come si vive la partita attimo per attimo dentro la cella di un carcere. Ho detto si. Consapevole di essere uno spergiuro e quindi di non poter dire mai la verità. Ho attesto che l’Olanda con Robben firmasse il quinto gol e ho deciso di provare a dirvi quello che penso. Il pallone non è rotondo, ma ha trovato giustizia. Certo, dopo quattro anni ma con gli interessi. Quell’Olanda eterna seconda si è presa il gusto di umiliare i campioni del mondo come mai era accaduto. Il mio compagno di cella era per gli spagnoli. Io, come sempre, per chi vince. Annuso l’aria e osservo gli occhi. Poi non mi faccio fregare al primo gol. Che era della Spagna. Ho capito, fin da subito, che non c’era la squadra, non c’era il tiki taka, non c’era Iniesta, Xavi, non c’era la squadra. Il mio compagno, rapinatore solitario, mi ha detto, fin da subito, che le furie rosse vincono con calma. Son diventate più rosse e meno furie. Chissà. Ai passeggi, stamattina si accettavano le scommesse. La Spagna era favorita. Quando Xavi ha segnato il rigore ho pensato che avrebbero perso. Facile dirlo adesso. Certo. Sono furbo. Questo l’ho sempre saputo. Tre rapine commesse e solo una pagata. Un buon ritmo. Per dire. In carcere, il pallone è la metafora della vita. Provo a spiegarlo. Mi chiamano il professore. Perché avevo un certo portamento nelle parole anche quando compivo le rapine. E davanti ai ragionieri impauriti mi scusavo. Avevo letto Brecht e ero profondamente convinto che i veri rapinatori erano i banchieri, mica i poveri bancari. Mai sparato un colpo. Mai. Ho visto la Spagna squagliarsi davanti ad una squadra allegra, felice. L’Olanda arriverà anche alla finale e la perderà. Un pò come la mia vita. Sono giunto alla rapina più bella e proprio quella mi andò male. Quindici anni. Non si può perdere cinque a uno e rischiare il sesto e il settimo e sbagliare vergognosamente con il Nino almeno il secondo gol. Non si può. Questa è la vita. Ho scommesso stamattina due pacchetti di sigarette sulla Spagna. Le ho perse. Ma scommettere non significa tifare. Stasera ho scoperto che il calcio non è mai banale. Non poteva finire in quel modo. Eppure è finita. Ho detto le stesse parole quando Marta mi ha lasciato. Mi ha segnato troppi gol e io come uno stupido, aspettavo di poter vincere. Non mi ero reso conto che i piccoli passaggi, a volte, non regalano ampie soluzioni, ma solo piccole opportunità. E ho perso. Come la Spagna. Quelli di Sardegna Blogger chiedevano una mia cronaca sulla partita. Forse non ci sono riuscito. Il carcere, a volte, complica le cose. Domani, però tiferò da questa galera del Veneto quella pazza e incredibile Italia.
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July 2014
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