Forse consapevoli di essere formati (e circondati) in larga parte da essa, un tempo l'acqua l'adoravamo.
Poi divenne come quei polli cellophanati che i bimbi di oggi pensano nascano direttamente nei grandi magazzini.
Convogliata presso i nostri rubinetti via tubo o confezionata dentro bottiglie di plastica, l'acqua è divenuta un prodotto di consumo pari al resto, non più “bene comune primario” ma puro commercio. La nostra adorazione si è limitata di molto, l'apprezziamo quando la troviamo fresca, nell'arsura. Durante un pediluvio o una doccia rinfrancanti. Al mattino, nel pomeriggio ed a tutte le ore della notte, l'acqua l'abbiamo vicina, a portata di bocca; ma quando scarseggia o manca, allora si che l'adorazione diventa sincera, sofferente, ma pur sempre non totale.
Tenta e ritenta, ci stanno provando a privatizzarne la raccolta, la distribuzione ed i ricavi, alla stessa stregua del territorio e dell'aria -col vento ed il solare- stanno cercando di rendere commerciabile quanto nessun essere umano dotato di coscienza avrebbe mai pensato di lucrare solo sino a qualche decennio fa.
Noi, uomini moderni, esseri civilizzati e presuntuosi, continuiamo a pensare di poterci definire “proprietari”, in un pianeta dove stiamo risultando piuttosto essere ingombranti, inaccettabili ed insostenibili per tutto il resto di esseri e luoghi.
Luoghi dove sino a ieri ci sentivamo ospiti, che adoravamo quanto e come l'acqua, dove “passavamo leggeri” lasciando quanto trovato, durante tutta una vita, ancora più accogliente e sano.
Adoravamo praticamente tutto, dentro un pensiero comune tanto semplice quanto palpabile, reale, dato dal fatto che quel “tutto” si figurava come “nutrimento” nelle menti di ognuno di noi. L'acqua, dolce o salata, diventava una madre, da accudire e rispettare. La terra stessa, diventava madre, alla quale dare e dalla quale prendere, in un equilibrio che solo millenni di convivenza possono insegnare. Insegnamenti che andiamo perdendo ogni giorno di più, senza potere nemmeno confrontarli con quelli che ci lasciamo inculcare, giorno per giorno, attraverso molteplici forme che in nessun modo si ricollegano al valore reale di quei beni, così perdendolo. Ne conosciamo il prezzo di certe scelte, un prezzo altissimo come solo può esserlo quello pagato in vite umane ma anche a quella, alla vita in ogni sua forma, sembriamo aver finito di prestare rispetto e adorazione dovuti.
Acqua ritorneremo, perché non c'è posto dove l'acqua non possa arrivare su questa terra che è sua, non nostra, e sulla quale ci ha concesso, magnanimamente, di nascere e vivere per questo giro, giusto un attimo, per lei.
Poi divenne come quei polli cellophanati che i bimbi di oggi pensano nascano direttamente nei grandi magazzini.
Convogliata presso i nostri rubinetti via tubo o confezionata dentro bottiglie di plastica, l'acqua è divenuta un prodotto di consumo pari al resto, non più “bene comune primario” ma puro commercio. La nostra adorazione si è limitata di molto, l'apprezziamo quando la troviamo fresca, nell'arsura. Durante un pediluvio o una doccia rinfrancanti. Al mattino, nel pomeriggio ed a tutte le ore della notte, l'acqua l'abbiamo vicina, a portata di bocca; ma quando scarseggia o manca, allora si che l'adorazione diventa sincera, sofferente, ma pur sempre non totale.
Tenta e ritenta, ci stanno provando a privatizzarne la raccolta, la distribuzione ed i ricavi, alla stessa stregua del territorio e dell'aria -col vento ed il solare- stanno cercando di rendere commerciabile quanto nessun essere umano dotato di coscienza avrebbe mai pensato di lucrare solo sino a qualche decennio fa.
Noi, uomini moderni, esseri civilizzati e presuntuosi, continuiamo a pensare di poterci definire “proprietari”, in un pianeta dove stiamo risultando piuttosto essere ingombranti, inaccettabili ed insostenibili per tutto il resto di esseri e luoghi.
Luoghi dove sino a ieri ci sentivamo ospiti, che adoravamo quanto e come l'acqua, dove “passavamo leggeri” lasciando quanto trovato, durante tutta una vita, ancora più accogliente e sano.
Adoravamo praticamente tutto, dentro un pensiero comune tanto semplice quanto palpabile, reale, dato dal fatto che quel “tutto” si figurava come “nutrimento” nelle menti di ognuno di noi. L'acqua, dolce o salata, diventava una madre, da accudire e rispettare. La terra stessa, diventava madre, alla quale dare e dalla quale prendere, in un equilibrio che solo millenni di convivenza possono insegnare. Insegnamenti che andiamo perdendo ogni giorno di più, senza potere nemmeno confrontarli con quelli che ci lasciamo inculcare, giorno per giorno, attraverso molteplici forme che in nessun modo si ricollegano al valore reale di quei beni, così perdendolo. Ne conosciamo il prezzo di certe scelte, un prezzo altissimo come solo può esserlo quello pagato in vite umane ma anche a quella, alla vita in ogni sua forma, sembriamo aver finito di prestare rispetto e adorazione dovuti.
Acqua ritorneremo, perché non c'è posto dove l'acqua non possa arrivare su questa terra che è sua, non nostra, e sulla quale ci ha concesso, magnanimamente, di nascere e vivere per questo giro, giusto un attimo, per lei.