Stranissimo ma vero, la crisi ucraina, nonostante la nota riluttanza dell’informazione italiana verso la vicende internazionali, riesce a far capolino qui e là, tra santificazioni, tribolazioni di Berlusconi e aggiornamenti sull’avanzamento del programma del governo Renzi. Renzi che ha accolto con tutti gli onori e le frasi di circostanza il premier ucraino Yatseniuk.
A rimanere nell’ombra, com’ è stato sin dall’inizio, la valenza economica della battaglia in corso, offuscata dal mito romantico del desiderio ucraino di democrazia e di un’ Europa coraggiosa determinata a farsi paladina della causa.
L’Ucraina è un paese in recessione. Gli scontri iniziati a fine del 2013 e arrivati all’apice lo scorso febbraio hanno alla base il trattato bilaterale di associazione sul libero scambio, saltato per decisione dell’ex presidente Yanukovic. Commercio quindi, prima ancora che ricerca di democrazia.
Il mancato accordo tra Ucraina e Russia è stato spiegato ancora una volta col ricorso alla favola in cui il solito cattivo – la Russia - terrebbe sotto scacco l’Ucraina col giochetto della manina sul rubinetto del gas. Dettaglio mancante della storia: il debito crescente che l’Ucraina ha nei confronti di Mosca per la fornitura di gas ottenuto a prezzi di favore, che secondo fonti russe, ad Aprile avrebbe raggiunto quasi 3 miliardi e mezzo di dollari.
Di fronte ad una situazione come questa solo alcuni ministri europei, tra cui i nostri, si sorprendono davanti ad un Yanukovic che opta per un accordo di 15 miliardi con Mosca, miliardi utili per scongiurare il default. Infatti, l’armata Brancaleone del Consiglio Europeo non molla e a Marzo dichiara: “l’Ue è pronta a proseguire i suoi sforzi con la comunità internazionale e le istituzioni finanziarie internazionali per assistere l'Ucraina, in linea con ben definite condizioni a trovare un modo sostenibile per uscire dalla difficile situazione economica". Ancora: "L ‘UE resta attivamente impegnata con l'Ucraina e mantiene la sua presenza di alto livello per assistere tutte le parti nel loro sforzo per stabilizzare la situazione e fare uscire il paese dalla crisi attuale". Peccato che la generosissima UE non abbia la minima possibilità di offrire un’alternativa economica equiparabile a quella russa, per ovvi motivi. Nulla di strano allora che, a ridicolizzare ulteriormente la politica estera di un’Europa allo sbando subentri Putin, che prende carta e penna e avverte: se voi europei non siete in grado di saldare debito ucraino, scordatevi il mio gas.
Volendo sintetizzare la questione in poche righe potremmo ricavarne una barzelletta: c’è un’Europa in crisi che si offre volontaria per aiutare un altro paese in crisi, anche se quest’ultimo avrebbe qualcuno che potrebbe offrigli molti più soldi, più gas a prezzi stracciati.
Viene spontaneo chiedere quale sia il motivo vero dell’interesse dell’Europa e dell’Italia verso Kiev. Alcuni dati: il basso costo del lavoro ucraino con un salario medio di circa 300 euro al mese è un’ occasione succulenta per imprenditori desiderosi di de localizzare; l’Italia ha una cospicua quota di investimenti finanziari tramite Unicredit e Intesa San Paolo, oltre a essere il terzo paese di destinazione dell’export ucraino dopo Russia e Turchia. Un’altra possibile risposta per spiegare l’ innamoramento tra Kiev e Bruxelles ce lo dà un briefing dell’Euro parlamento reso noto questo mese: si chiama shale gas. Quel gas di nuova generazione che secondo alcune analisi sarebbe capace di provocare scosse nel mercato energetico mondiale. E l’Ucraina ne possiede, guarda caso, “ considerevoli riserve”, oltre a possedere altri giacimenti di petrolio, ferro, carbone.
Da ultimo, la Commissione Europea ha dato il via libera al memorandum d’intesa col quale l’UE- cioè noi - ci impegnamo ad un prestito di assistenza macro-finanziaria, che si aggiunge ad un pacchetto di 610 milioni già preventivati.
Tutte cose che è meglio non ricordare ad un’opinione pubblica che non è più sufficiente definire semplicemente euroscettica , specie a poche settimane dalle elezioni