Non so se sia per via di qualche “deformazione” congenita della mia forma-mentis oppure per via di ciò che essa ha raccolto e catalogato, sotto forma di “esperienza”, per essere così com'è.
Fatto sta che a me l'ordine troppo ordinato, le cose o persone messe in fila in modo geometrico e seguendo degli schemi dei quali non ne comprendo la funzione, ha da sempre dato un enorme fastidio.
Così è per la campagna, quella tutta perfetta, dove non cresce un arbusto o una pianta senza che la mano di uomo non ne diriga il verso e la forma, dove l'erba viene rasata tutta allo stesso livello ed i solchi sembrano tracciati con la riga. Così, piano piano e da totale autodidatta, mi sono documentato sui vari tipi di erba e di coltivazioni, arrivando sino al punto di decespugliare ogni anno, anche più d'una volta, risparmiando quelle che ritengo si “erbe selvatiche”, ma non di certo “infestanti”.
Le prime che risparmiai sin dalla prima volta, furono le piccole orchidee selvatiche che nel mio terreno crescono ancora copiose e i ramoscelli di menta selvatica, il cui profumo mi colpì subito non appena fui io, a colpirle con quel devastante filo di nylon. Poi imparai a conoscerne altre e risparmiare anche quelle, permettendo così la loro naturale re-inseminazione nel terreno.
La borragine, nutrimento essenziale e vitale per le api del mio vicino (ma anche per le monzette di nuova leva e le tartarughe), che non mancano mai di visitarmi; la “meliagra”, la porcellana e l'erba cipollina, l'alloro ed il lentisco, l'olivastro o la sorba.
Nell'orto poi, lo sbizzarrimento era totale. I filari di pomodori o di fave non erano mai dritti, ma li disponevo semmai a seconda dei venti dominanti e dell'ombra disponibile sotto gli ulivi, così per tutto il resto degli ortaggi ai quali ho sempre dedicato poche cure, totalmente biologiche e poco invasive.
Una cultura contadina totalmente “personalizzata” che chi veniva a visitarmi si sentiva in diritto di criticare, sorrisini beffardi e giudizi devastanti tipo “ma perché non lasci perdere, non fa per te!”. Salvo poi cambiare opinione quando si rendevano conto che le mie fave, i miei pomodori e le mie verdure avevano un sapore ed un gusto decisamente superiore a quanto coltivavano loro nelle simmetriche file piantonate da sostegni di ogni genere, dal ferro arrugginito sino alla plastica più invadente in plotoni ordinati quanto innaturali per me. Io utilizzo, quando lo utilizzo, il bambù. Altrimenti lascio che la pianta si rinforzi e sorregga da sé.
Capirete quindi la mia gioia, oggi, nel sentire parlare sempre più spesso di “orto sinergico” e di quanto tutto quel disordine ordinato a cui ho sempre dato attenzione e quella dose di selvaticità garantita alle piante potessero essere alla fine un sistema vincente, salvifico in molti casi.
Ancora più felice nel leggere questo:
«L'Agricoltura Sinergica è un metodo di coltivazione elaborato dall'agricoltrice spagnola Emilia Hazelip.
Si basa sul principio, ampiamente dimostrato dai più aggiornati studi microbiologici, che, mentre la terra fa crescere le piante, le piante creano suolo fertile attraverso i propri "essudati radicali", i residui organici che lasciano e la loro attività chimica, insieme a microrganismi, batteri, funghi e lombrichi.
I prodotti ottenuti con questa pratica hanno una diversa qualità, un diverso sapore, una diversa energia e una maggiore resistenza agli agenti che portano malattie; attraverso questo modo di coltivare viene restituito alla terra, in termini energetici, più di quanto si prende, promuovendo i meccanismi di autofertilità del suolo e facendo dell'agricoltura un'attività umana sostenibile.» (http://agrisinergica.altervista.org/)
Regole che nessuno, oltre alla Natura stessa, mi ha insegnato e che sto applicando -con le dovute molle e cautele- anche ai rapporti umani con, devo ammettere, degli ottimi esiti.
Buona Felicità Disordinata a tutt*, piante, elementi ed animali* compresi.
Fatto sta che a me l'ordine troppo ordinato, le cose o persone messe in fila in modo geometrico e seguendo degli schemi dei quali non ne comprendo la funzione, ha da sempre dato un enorme fastidio.
Così è per la campagna, quella tutta perfetta, dove non cresce un arbusto o una pianta senza che la mano di uomo non ne diriga il verso e la forma, dove l'erba viene rasata tutta allo stesso livello ed i solchi sembrano tracciati con la riga. Così, piano piano e da totale autodidatta, mi sono documentato sui vari tipi di erba e di coltivazioni, arrivando sino al punto di decespugliare ogni anno, anche più d'una volta, risparmiando quelle che ritengo si “erbe selvatiche”, ma non di certo “infestanti”.
Le prime che risparmiai sin dalla prima volta, furono le piccole orchidee selvatiche che nel mio terreno crescono ancora copiose e i ramoscelli di menta selvatica, il cui profumo mi colpì subito non appena fui io, a colpirle con quel devastante filo di nylon. Poi imparai a conoscerne altre e risparmiare anche quelle, permettendo così la loro naturale re-inseminazione nel terreno.
La borragine, nutrimento essenziale e vitale per le api del mio vicino (ma anche per le monzette di nuova leva e le tartarughe), che non mancano mai di visitarmi; la “meliagra”, la porcellana e l'erba cipollina, l'alloro ed il lentisco, l'olivastro o la sorba.
Nell'orto poi, lo sbizzarrimento era totale. I filari di pomodori o di fave non erano mai dritti, ma li disponevo semmai a seconda dei venti dominanti e dell'ombra disponibile sotto gli ulivi, così per tutto il resto degli ortaggi ai quali ho sempre dedicato poche cure, totalmente biologiche e poco invasive.
Una cultura contadina totalmente “personalizzata” che chi veniva a visitarmi si sentiva in diritto di criticare, sorrisini beffardi e giudizi devastanti tipo “ma perché non lasci perdere, non fa per te!”. Salvo poi cambiare opinione quando si rendevano conto che le mie fave, i miei pomodori e le mie verdure avevano un sapore ed un gusto decisamente superiore a quanto coltivavano loro nelle simmetriche file piantonate da sostegni di ogni genere, dal ferro arrugginito sino alla plastica più invadente in plotoni ordinati quanto innaturali per me. Io utilizzo, quando lo utilizzo, il bambù. Altrimenti lascio che la pianta si rinforzi e sorregga da sé.
Capirete quindi la mia gioia, oggi, nel sentire parlare sempre più spesso di “orto sinergico” e di quanto tutto quel disordine ordinato a cui ho sempre dato attenzione e quella dose di selvaticità garantita alle piante potessero essere alla fine un sistema vincente, salvifico in molti casi.
Ancora più felice nel leggere questo:
«L'Agricoltura Sinergica è un metodo di coltivazione elaborato dall'agricoltrice spagnola Emilia Hazelip.
Si basa sul principio, ampiamente dimostrato dai più aggiornati studi microbiologici, che, mentre la terra fa crescere le piante, le piante creano suolo fertile attraverso i propri "essudati radicali", i residui organici che lasciano e la loro attività chimica, insieme a microrganismi, batteri, funghi e lombrichi.
I prodotti ottenuti con questa pratica hanno una diversa qualità, un diverso sapore, una diversa energia e una maggiore resistenza agli agenti che portano malattie; attraverso questo modo di coltivare viene restituito alla terra, in termini energetici, più di quanto si prende, promuovendo i meccanismi di autofertilità del suolo e facendo dell'agricoltura un'attività umana sostenibile.» (http://agrisinergica.altervista.org/)
Regole che nessuno, oltre alla Natura stessa, mi ha insegnato e che sto applicando -con le dovute molle e cautele- anche ai rapporti umani con, devo ammettere, degli ottimi esiti.
Buona Felicità Disordinata a tutt*, piante, elementi ed animali* compresi.