Qualche tempo fa la Commissione Europea, allo scopo di avere una previsione attendibile sul futuro dell’EU, ha chiesto a venticinque analisti di altissimo livello internazionale di elaborare degli scenari possibili da qui al 2050.
Il 28 Novembre 2011 viene presentato un documento dal titolo “Global Europe 2050 Report”. Questo documento, di cui non ho trovato notizia sui giornali italiani, né mi risulta esista una versione in lingua italiana, in realtà offre delle importanti chiavi di lettura della politica europea e dei Paesi membri negli anni recenti.
La prospettiva seguita nella elaborazione di questi scenari è, per evidenti motivi, Euro-centrica, una sorta di simulazione geopolitica di come si evolverà il mondo da qui al 2050 e il ruolo dell’Europa nello scenario di questi mutamenti. I presupposti di base e le variabili presi in considerazione sono principalmente: il costo e l’efficienza energetica, le emissioni di CO2, la produttività globale e settoriale, i flussi migratori, i livelli di educazione, la mobilità dei capitali, il costo del lavoro, le tariffe doganali e altro.
Senza soffermarmi sul complesso processo di elaborazione seguito, arrivo dritto alle conclusioni che sono a dir poco catastrofiche! Vengono fuori tre scenari che si prefigurano come alternativi l’uno all’altro o come diverse fasi di un processo:
1. “Nobody cares: standstill in european integration”. In questa fase l’Europa si muove in una situazione che viene definita col verbo “muddling through”, cavarsela alla bell’e meglio; istituzioni prive di attori guida capaci di iniziative politiche adeguate; forti divergenze con le economie globali dominanti di USA e Cina; le sfide poste dal fenomeno dell’invecchiamento della popolazione non vengono affrontate in maniera adeguata e conducono a una grave instabilità economica; l’unificazione del mercato europeo non viene portata a compimento; le politiche energetiche alternative compatibili con i cambiamenti climatici in atto sono troppo deboli e la dipendenza energetica dalle potenze straniere rimane forte. Come conseguenza di tutto ciò la crescita europea rimane molto bassa.
Sin qui niente di nuovo perché questa è esattamente la situazione che alcuni Paesi europei come l’Italia vivono già in questo momento.
2. “EU under threats: a fragmented Europe”. In questo scenario si prevede un declino economico globale, con reazioni protezioniste e il conseguente incremento dei costi delle imprese e il congestionamento delle infrastrutture. Emergono tutta una serie di gravi rischi geopolitici come conflitti di intensità limitata, guerre civili, conflitti nucleari e radicalizzazioni politiche anche in governi di democrazie avanzate. L’Unione Europea in questa fase si dirige verso la disgregazione, minacciata dalla fuoriuscita di uno o più Paesi leader e/o dall’emergenza di due o più velocità di sviluppo e integrazione all’interno dell’Unione stessa. I cambiamenti climatici con tutte le implicazioni che ne derivano non vengono gestiti in maniera appropriata; si materializza il crollo e la carenza di cibo e petrolio. Contemporaneamente il resto del mondo e in particolare i Paesi emergenti riescono a convertire le loro potenzialità in forte crescita economica.
3. “EU renaissance: further european integration”. Terzo scenario possibile, alternativo agli altri due o approdo finale dopo il lungo e disastroso passaggio attraverso le precedenti fasi è quello in cui alla fine ci si lecca le ferite e si arriva a una struttura politica centrale, unitaria, con poteri vincolanti per i Paesi membri, il tutto con un forte e diffuso supporto dell’opinione pubblica. E’ davvero significativo che il terzo scenario, la rinascita, sia caratterizzato in primo luogo da un rafforzamento dei diritti umani e dello stato di diritto. Il mondo è sottoposto a una globale democratizzazione e conseguentemente l’Europa assume di nuovo un ruolo di guida politica. Si espande contemporaneamente verso Est e verso Sud e si ha un forte consolidamento dell’integrazione politica, fiscale e militare. Nasce un supporto forte dell’opinione pubblica per questo processo di integrazione e di unità politica e per temi cruciali quali la necessità di una politica energetica integrata e compatibile con i cambiamenti climatici ed economici. La crescita economica è simile alla crescita di USA, China, Russia, India e permette di tornare allo stile di vita che chiamiamo “standard europeo”
E’ facilmente ipotizzabile che queste conclusioni abbiano allarmato la Commissione europea in maniera pesante, si potrebbe addirittura ipotizzare che questo lavoro sia stato commissionato per poi sottoporlo ai Paesi membri al fine di renderli più cedevoli e disposti a pesanti cessioni di sovranità nazionale. La sfida è stata, ed è, evidentemente quella di arrivare alla terza fase senza passare attraverso le indicibili catastrofi delle prime due. Le soluzioni politiche orientate all’accelerazione verso la terza fase non potevano essere caratterizzate che da pesanti sottrazioni di sovranità ai singoli Paesi, in particolare quei Paesi “canaglia” come Grecia, Portogallo, Italia, con i loro problemi di carattere economico e di debito ma anche con problemi d’instabilità e di radicalizzazioni politiche assolutamente rilevanti alla luce di questo documento: si pensi solo ai governi ad personam di Berlusconi, all’impeto populista e centrifugo di Lega, Grillini e neofascisti, all’incapacità di gestire i flussi di immigrazione, alle guerre intestine tra potere giudiziario e potere esecutivo, all’erosione dei diritti contro la contemporanea nascita di immunità e di privilegi ad personam, alla corruzione dilagante in tutti i livelli delle strutture pubbliche e private.
Alla luce delle conclusioni di questo studio, le politiche economiche di austerità che noi tutti contestiamo come portatrici di effetti regressivi e quindi fallimentari per lo scopo che si erano poste, in realtà probabilmente hanno un significato e un fine squisitamente politico. Sono vere e proprie strategie politiche il cui scopo non è tanto risanare questi Paesi quanto togliere loro sovranità. E’ chiaro a tutti che questi Paesi “canaglia” presentano quei presupposti di inciviltà politica che conducono dritti alle catastrofi descritte nei primi due scenari. Inciviltà politica che noi italiani conosciamo bene, dalla discesa in campo di Berlusconi e della Lega al fanatismo esoterico-millenarista di Grillo.
Questo documento cambia radicalmente la prospettiva. La parola d’ordine sembra essere quella di accelerare l’approdo alla terza fase possibilmente senza passare per gli effetti catastrofici della seconda (la prima, ahimè, non possiamo saltarla poiché ci siamo già dentro).
In quest’ottica si riesce perfino a trovare delle spiegazioni, più o meno plausibili, pur tuttavia spiegazioni, all’operato per certi versi “sovversivo”di Napolitano e dei governi di Monti e Letta. Quello che è difficile capire è per quale motivo hanno tenuto questo documento e la conseguente strategia politica lontani da ogni tipo di discussione che coinvolgesse l’opinione pubblica. Una democrazia “a porte chiuse”, alternativa alla democrazia diffusa che ormai produce Grilli, Leghe e albe dorate.
Personalmente sono stato molto colpito da questo documento. Consiglio a tutti la lettura sperando che nascano degli spunti di riflessione, nella convinzione che certi processi storici, per quanto condivisibili, non possano concretarsi pienamente senza un coinvolgimento dell’opinione pubblica o, peggio, sabotandone e deviandone l’attenzione.
Il 28 Novembre 2011 viene presentato un documento dal titolo “Global Europe 2050 Report”. Questo documento, di cui non ho trovato notizia sui giornali italiani, né mi risulta esista una versione in lingua italiana, in realtà offre delle importanti chiavi di lettura della politica europea e dei Paesi membri negli anni recenti.
La prospettiva seguita nella elaborazione di questi scenari è, per evidenti motivi, Euro-centrica, una sorta di simulazione geopolitica di come si evolverà il mondo da qui al 2050 e il ruolo dell’Europa nello scenario di questi mutamenti. I presupposti di base e le variabili presi in considerazione sono principalmente: il costo e l’efficienza energetica, le emissioni di CO2, la produttività globale e settoriale, i flussi migratori, i livelli di educazione, la mobilità dei capitali, il costo del lavoro, le tariffe doganali e altro.
Senza soffermarmi sul complesso processo di elaborazione seguito, arrivo dritto alle conclusioni che sono a dir poco catastrofiche! Vengono fuori tre scenari che si prefigurano come alternativi l’uno all’altro o come diverse fasi di un processo:
1. “Nobody cares: standstill in european integration”. In questa fase l’Europa si muove in una situazione che viene definita col verbo “muddling through”, cavarsela alla bell’e meglio; istituzioni prive di attori guida capaci di iniziative politiche adeguate; forti divergenze con le economie globali dominanti di USA e Cina; le sfide poste dal fenomeno dell’invecchiamento della popolazione non vengono affrontate in maniera adeguata e conducono a una grave instabilità economica; l’unificazione del mercato europeo non viene portata a compimento; le politiche energetiche alternative compatibili con i cambiamenti climatici in atto sono troppo deboli e la dipendenza energetica dalle potenze straniere rimane forte. Come conseguenza di tutto ciò la crescita europea rimane molto bassa.
Sin qui niente di nuovo perché questa è esattamente la situazione che alcuni Paesi europei come l’Italia vivono già in questo momento.
2. “EU under threats: a fragmented Europe”. In questo scenario si prevede un declino economico globale, con reazioni protezioniste e il conseguente incremento dei costi delle imprese e il congestionamento delle infrastrutture. Emergono tutta una serie di gravi rischi geopolitici come conflitti di intensità limitata, guerre civili, conflitti nucleari e radicalizzazioni politiche anche in governi di democrazie avanzate. L’Unione Europea in questa fase si dirige verso la disgregazione, minacciata dalla fuoriuscita di uno o più Paesi leader e/o dall’emergenza di due o più velocità di sviluppo e integrazione all’interno dell’Unione stessa. I cambiamenti climatici con tutte le implicazioni che ne derivano non vengono gestiti in maniera appropriata; si materializza il crollo e la carenza di cibo e petrolio. Contemporaneamente il resto del mondo e in particolare i Paesi emergenti riescono a convertire le loro potenzialità in forte crescita economica.
3. “EU renaissance: further european integration”. Terzo scenario possibile, alternativo agli altri due o approdo finale dopo il lungo e disastroso passaggio attraverso le precedenti fasi è quello in cui alla fine ci si lecca le ferite e si arriva a una struttura politica centrale, unitaria, con poteri vincolanti per i Paesi membri, il tutto con un forte e diffuso supporto dell’opinione pubblica. E’ davvero significativo che il terzo scenario, la rinascita, sia caratterizzato in primo luogo da un rafforzamento dei diritti umani e dello stato di diritto. Il mondo è sottoposto a una globale democratizzazione e conseguentemente l’Europa assume di nuovo un ruolo di guida politica. Si espande contemporaneamente verso Est e verso Sud e si ha un forte consolidamento dell’integrazione politica, fiscale e militare. Nasce un supporto forte dell’opinione pubblica per questo processo di integrazione e di unità politica e per temi cruciali quali la necessità di una politica energetica integrata e compatibile con i cambiamenti climatici ed economici. La crescita economica è simile alla crescita di USA, China, Russia, India e permette di tornare allo stile di vita che chiamiamo “standard europeo”
E’ facilmente ipotizzabile che queste conclusioni abbiano allarmato la Commissione europea in maniera pesante, si potrebbe addirittura ipotizzare che questo lavoro sia stato commissionato per poi sottoporlo ai Paesi membri al fine di renderli più cedevoli e disposti a pesanti cessioni di sovranità nazionale. La sfida è stata, ed è, evidentemente quella di arrivare alla terza fase senza passare attraverso le indicibili catastrofi delle prime due. Le soluzioni politiche orientate all’accelerazione verso la terza fase non potevano essere caratterizzate che da pesanti sottrazioni di sovranità ai singoli Paesi, in particolare quei Paesi “canaglia” come Grecia, Portogallo, Italia, con i loro problemi di carattere economico e di debito ma anche con problemi d’instabilità e di radicalizzazioni politiche assolutamente rilevanti alla luce di questo documento: si pensi solo ai governi ad personam di Berlusconi, all’impeto populista e centrifugo di Lega, Grillini e neofascisti, all’incapacità di gestire i flussi di immigrazione, alle guerre intestine tra potere giudiziario e potere esecutivo, all’erosione dei diritti contro la contemporanea nascita di immunità e di privilegi ad personam, alla corruzione dilagante in tutti i livelli delle strutture pubbliche e private.
Alla luce delle conclusioni di questo studio, le politiche economiche di austerità che noi tutti contestiamo come portatrici di effetti regressivi e quindi fallimentari per lo scopo che si erano poste, in realtà probabilmente hanno un significato e un fine squisitamente politico. Sono vere e proprie strategie politiche il cui scopo non è tanto risanare questi Paesi quanto togliere loro sovranità. E’ chiaro a tutti che questi Paesi “canaglia” presentano quei presupposti di inciviltà politica che conducono dritti alle catastrofi descritte nei primi due scenari. Inciviltà politica che noi italiani conosciamo bene, dalla discesa in campo di Berlusconi e della Lega al fanatismo esoterico-millenarista di Grillo.
Questo documento cambia radicalmente la prospettiva. La parola d’ordine sembra essere quella di accelerare l’approdo alla terza fase possibilmente senza passare per gli effetti catastrofici della seconda (la prima, ahimè, non possiamo saltarla poiché ci siamo già dentro).
In quest’ottica si riesce perfino a trovare delle spiegazioni, più o meno plausibili, pur tuttavia spiegazioni, all’operato per certi versi “sovversivo”di Napolitano e dei governi di Monti e Letta. Quello che è difficile capire è per quale motivo hanno tenuto questo documento e la conseguente strategia politica lontani da ogni tipo di discussione che coinvolgesse l’opinione pubblica. Una democrazia “a porte chiuse”, alternativa alla democrazia diffusa che ormai produce Grilli, Leghe e albe dorate.
Personalmente sono stato molto colpito da questo documento. Consiglio a tutti la lettura sperando che nascano degli spunti di riflessione, nella convinzione che certi processi storici, per quanto condivisibili, non possano concretarsi pienamente senza un coinvolgimento dell’opinione pubblica o, peggio, sabotandone e deviandone l’attenzione.