Non è facile dividere i buoni dai cattivi. Non è come i colori. Anzi, neppure con i colori è facile. Perché bisogna tenere conto delle sfumature. Con gli uomini subentra la cultura, la storia, i momenti, i contesti, il punto di vista, le scelte ideologiche. Quello che una volta era considerato un buono diveniva ad un’analisi più attenta il cattivo da perseguitare. Interi popoli hanno subito l’onta della vendetta. Solo per il colore della pelle, per la religione, per le idee. Visto da Caifa Gesù era un pericoloso rivoluzionario che attentava alla religione di quel tempo. Difficile scegliere. Oggi siamo portati (sbagliando perché non si può semplificare in questo modo) a dividere i buoni dai cattivi in base alle categorie. E’ la moda quotidiana. Sei buono o cattivo in base all’appartenenza. Nascono, dunque, persone da condannare o da assolvere a tutti i costi. I magistrati, per esempio. Per alcuni sono antropologicamente malvagi e per altri rappresentano invece la salvezza dello Stato. Gli scrittori sono solitamente annoverati tra i buoni, ma quelli che scrivono libri contro una categoria diventano subito untorelli da eliminare. La categoria dei carabinieri è vista di buon grado da tutti. Rappresenta un vanto per lo Stato. I carabinieri sono seri, attenti, servitori dello Stato. Ed è vero. Ma non sempre. Così come i poliziotti. O i politici. Non possiamo dividere il mondo in base ad un mestiere o una presa di posizione o un fatto che commette qualcuno – e quindi assolutamente personale – e lo dividiamo equamente per tutti: i politici sono tutti ladri. Sappiamo che questo non è vero. Non conosciamo quanto siano i politici, quanti siano quelli condannati e quanti realmente rubino. Ma è facile dire tutti, ma proprio tutti sono ladri. Come tutti gli statali sono fannulloni e tutti i poliziotti picchiano. Non è vero. La verità è sempre molto complessa e non è necessariamente dalla propria parte: sono gli altri a rubare. Noi no. Peccato che se continuiamo ad usare la locuzione “i politici sono tutti ladri” comprendiamo nei ladri anche quelli “della nostra parte”. La polemica scaturita in questi giorni sulla polizia di stato ci deve far riflettere sul non dare giudizi affrettati riferibili alla categoria. Non è vero che i poliziotti sono tutti picchiatori, corrotti, senza nessun senso dello Stato. E’ una grandissima volgarità oltre che una penosa bugia. Il problema è legato ormai al nostro modo di ragionare e vedere le cose senza soffermarci. Non tutti i professori ce l’hanno con i nostri figli (semmai dovremmo cominciare ad analizzare meglio la vita dei nostri adolescenti) non tutti i politici rubano, i poliziotti massacrano, i dirigenti corrompono. Però ci sono professori, politici, giornalisti, carabinieri, poliziotti che commettono atti illeciti. Sono quelli iscritti alla categoria dei buoni ma che, in realtà sono cattivi. E la categoria non li può salvare. Impariamo a distinguere ed analizzare con più determinazione. Scopriremo, per esempio, che vi sono dei giornalisti che scrivono cose non vere ma ci sono giornalisti che sono stati uccisi dalla camorra e dalla mafia, così come i poliziotti morti per garantire la nostra sicurezza, magistrati massacrati ed altri corrotti da furbi avvocati. I buoni e i cattivi hanno molte sfumature. Si annidano da tutte le parti. Anche tra gli apostoli. Se provassimo a giudicare solo ed esclusivamente in base alle categorie scopriremmo che dietro le cortecce del populismo, dietro le frasi semplicistiche “sono tutti uguali” ci sono gli uomini, con le contraddizioni e gli errori propri dell’essere umano. Si tratta di non difenderli solo perché appartengono alla “nostra categoria” anche perché, ricordiamocelo, potrebbero abbandonare quel mestiere e quel partito, così come potremmo farlo anche noi e ci troveremmo, di colpo nella parte sbagliata della lavagna: quella dei cattivi, solo perché a chi segnava il nome gli stavamo antipatici. Abituiamoci a difendere o condannare gli uomini, non ciò che rappresentano. Ci furono altri che decisero di uccidere magistrati e politici o giornalisti perché rappresentavano un simbolo: erano le brigate rosse e, sinceramente, non mi sembra una bella storia. da condividere.