Qual è il colore vero del buio? Una volta, un detenuto mi rispose: l’ergastolo è il giusto orizzonte al buio infinito, all’impossibilità di esistere. Probabilmente aveva ragione. Dunque, se fosse davvero così noi quel colore non lo conosciamo, lo possiamo soltanto immaginare. C’è poi un altra strada difficile e impervia, probabilmente ancora più buia: quella del 41 bis, quella del carcere duro, durissimo. Lentissimo. Gli attimi dentro quel budello non esistono e, a volte, non esistono neppure le ore, i giorni, gli anni. Sono solo supposizioni. Deve averla pensata in questo modo anche Antonio Iovine che da qualche giorno prova a collaborare con gli inquirenti, prova a camminare un po’ a tentoni in una strada ancora senza uscita. Non so cosa stia raccontando e non è questo il punto della mia riflessione: voglio solo provare a capire il colore del buio. Io quelle sezioni le conosco. Quelle di Fornelli, all’Asinara, oggi consegnate al parco e alla gente. Io le conosco bene perché ci ho lavorato in quel budello quando il sangue si raffermò, nel 1992, quando i pensieri furono solidi e gli occhi liquidi. Quando si cominciò a prevedere per chi si era reso protagonista delle varie mattanze il carcere duro, vero. Il buio. Quell’assenza di possibilità, quell’abbraccio asfissiante che toglie il respiro e prova a ridisegnare, in peggio, le esistenze di chi ha ucciso uomini, donne e bambini. Di chi ha calpestato la dignità di migliaia di persone. Loro il vero colore del buio lo hanno conosciuto. Li osservavo senza regalare parole. Capivo che per loro rappresentavo lo Stato, quello che avevano sfidato. Lo sapevo e capivo la difficoltà a stringere una mano, a dare una risposta, a dire, semplicemente: “me ne occupo”. Eppure lo facevo. Perchè credevo e credo che il colore del buio sia terribile. Occorre provare a segnare una strada diversa. Dopo quel non-colore, quell’orribile discesa nell’inferno dei vivi, dopo che i pensieri ti logorano negli anni, dopo i silenzi e gli sguardi che osservano solo una cella, provi a sederti sull’orlo della vita insieme alla tua coscienza e ti chiedi: che cosa c’è oltre il buio? Ecco, in quel momento è possibile provare a ripartire, bussare timidamente la porta di quello Stato che un giorno hai colpito barbaramente. Antonio Iovine ha cominciato questo percorso. Il 41 bis è dunque servito. Perché chi conosce il vero colore del buio non può dipingere il proprio futuro.