Quanto è impenetrabile il muro dell’ascolto in questo strano paese? Come è possibile che delle persone gravemente ammalate di SLA debbano minacciare di autorottamarsi e lasciarsi morire prima che qualcuno senta quelle urla in uno smodato silenzio? Oggi, pare, il governo quelle voci ormai flebili e stanche le ha ascoltate. Mariangela Lamanna, vicepresidente del comitato 16 novembre sembra abbastanza soddisfatta. Hanno dovuto effettuare uno sciopero della fame e della sete per fare ascoltare le loro richieste. Hanno dovuto mettere in piazza i loro sguardi, i loro terribili silenzi, la loro voglia e la loro passione per provare a chiedere un diritto quasi elementare: quello alla vita e alla dignità. Hanno chiesto a tutti i governi, son dovuti andare come piccoli questuanti davanti alle stanze del potere per dei fondi utili alla realizzazione di un piano nazionale per la non autosufficienza finalizzato alla domiciliarità indiretta. Chiedono di poter essere curati, assistiti, abbracciati, ascoltati nelle loro case, tra i loro affetti. Per ottenerlo devono minacciare, provare a spiegare ogni volta, ad ogni governo, ad ogni Ministro, ad ogni Presidente della Regione, ad ogni Assessore le loro sacrosante richieste. Vogliono solo essere assistiti nel loro ambito familiare. Chiedono dei fondi già stanziati e affermano che se quei soldi venissero usati per l’assistenza domiciliare, oltre al risparmio ne guadagnerebbe l’umore. Ma perché è così difficile far comprendere cose così ovvie, così normali, così basilari. Ma perché nessuno, ma proprio nessuno, comincia a dire con forza, con estrema forza che queste sono le persone che hanno diritto ad un vitalizio, ad un accompagnamento, ad un’attenzione. I soldi ci sono. Sono i nostri, quelli delle nostre tasse, quelle che dovrebbero servire per dare un senso ai gesti, alla solidarietà. Quanto ci vuole per partire da queste piccole cose? Lo chiedo al presidente Pigliaru, lo chiedo a noi tutti: possiamo destinare il 5 per mille delle tasse della Regione Sardegna ai malati di Sla della nostra terra? Ditemi perchè non lo possiamo fare e non giustificatevi affermando che questa è solo demagogia. Dovrete spiegare a quelle persone, a quei gesti disperati, a quei silenzi pieni di parole i vostri gesti inconsulti, i vostri silenzi sconsiderati, le vostre parole vuote che girano intorno ad un mondo che non è il nostro. Provate, almeno per un attimo a considerare la vita dalla parte degli ultimi: quelli che vengono considerati ultimi. Provate, almeno per un attimo a dire: questo lo facciamo. Quegli occhi gonfi di speranza aspettano. Aspettano proprio noi. Non è demagogia e neppure buonismo. E’ solo buon senso. Gli uomini sono cassetti di opportunità. Tutti. E da rottamare c’è solo il silenzio ottuso di chi è convinto di poter essere dalla parte sana della vita. La malattia, purtroppo, è una parentesi che nessuno cerca. E nessuno vorrebbe. La malattia non si nasconde e non si ignora. La malattia si affronta con la dignità e la forza di Raffaele Pennacchio, malato di Sla, morto per un infarto lo scorso novembre dopo giorni di manifestazioni. Lui non voleva morire. Voleva vivere. Il muro del nostro ascolto è stato invalicabile.