Ho osservato la città che, sorniona, si addolciva in un sole tiepido e dolcissimo. Ho ripreso tutti i pensieri di queste ultime settimane e li ho riportati dove tutto riesce ad appianarsi. Il mare. Lui attendeva con calma le parole e le impressioni di una campagna elettorale asfittica, lontana, metallica forse. Probabilmente acida. Il maggior partito, rappresentato dal 48% dei sardi ha camminato con le mani in tasca e il silenzio delle scelte. Non ha votato. Davanti a quest’acqua senza onde si ripropone - come un urlo mai ascoltato - quella visione antica di restare così, senza inghiottire né sputare, di restare così, a rimescolare frasi acute e vere, a cercare di calpestare acqua diventata, nel tempo, fango. Sono passato in via Bottego, lasciandomi il cimitero di San Benedetto e la basilica di Bonaria. Lasciandomi di lato quel silenzio, rotto solo dalle piccole voci di una vittoria senza enfasi, senza alcuna passione. Pigliaru era lì, con il maglioncino verde e un sorriso appena accennato. Tutti erano lì con le loro facce stanche, appisolate verso un futuro che nessuno riesce a disegnare. Non ha vinto nessuno e nessuno riesce ad ammetterlo. Ci sono pronti quelli del coro, quelli pronti ad ogni evenienza, facce lucide e proiettate verso qualsiasi orizzonte purché ci sia la loro ombra raffigurata. C’era Soru, quasi sorridente, la Barracciu quasi festante e tutti gli altri quasi contenti. Ho osservato con una certa tenerezza quel “quasi” che ritaglia la realtà dalla finzione. Non ha vinto nessuno mi sono detto, tanto vale osservare quel pezzo di mare. E ho attraversato Viale Diaz fino a giungere alla nuova passeggiata che dal molo Ichnusa arriva sino all’ex lazzaretto. Ho camminato con passi lievi e stanchi, a riordinare piccole parole da raccontare, per una campagna elettorale senza polmoni e senza neppure un cordone ombelicale. Ho scelto una panchina per far riposare quei pensieri di sardi ancora fuori, ancora soli e solitari, ancora senza un’idea chiara di Sardegna. Dal molo si intravvedeva la sagoma forte della Tirrenia. Attendeva, anch’essa, un ordine che nessuno sembra in grado di poter dare. Un mare lago mi accompagnava, acqua immensa e viva dentro una regione agonizzante. Nessuno ha vinto, ripetevo. Anche perché, in fondo, nessuno ha mai giocato, davvero, la partita. Il Consiglio Regionale oggi rappresenta solo una piccola percentuale di votanti. Quattro candidati e le loro liste spazzati da una legge elettorale assurda, fatta per gli interessi e non per il governo. Ho osservato con aria docile il pezzo di quel mare e, in un tramonto quasi regalato allo scetticismo di molti, ho ripreso la strada. Il mare, almeno quello non riusciranno a farlo a fette, non riusciranno a dividerlo. L’unica piccola consolazione è che Ugo Cappellacci non è più Presidente della Regione. Il resto è tutto da disegnare. Speriamo sappiano scegliere almeno i colori. Buon lavoro Presidente Pigliaru: dal piccolo consenso provi a restituire un’onda di normalità. Sappia accarezzare la battigia e si ricordi che sono gli scogli a delimitare il mondo. L’acqua li può levigare e consumarli. Ma ci vuole troppo tempo. E di tempo, da queste parti, non ne abbiamo più.
Ho osservato la città che, sorniona, si addolciva in un sole tiepido e dolcissimo. Ho ripreso tutti i pensieri di queste ultime settimane e li ho riportati dove tutto riesce ad appianarsi. Il mare. Lui attendeva con calma le parole e le impressioni di una campagna elettorale asfittica, lontana, metallica forse. Probabilmente acida. Il maggior partito, rappresentato dal 48% dei sardi ha camminato con le mani in tasca e il silenzio delle scelte. Non ha votato. Davanti a quest’acqua senza onde si ripropone - come un urlo mai ascoltato - quella visione antica di restare così, senza inghiottire né sputare, di restare così, a rimescolare frasi acute e vere, a cercare di calpestare acqua diventata, nel tempo, fango. Sono passato in via Bottego, lasciandomi il cimitero di San Benedetto e la basilica di Bonaria. Lasciandomi di lato quel silenzio, rotto solo dalle piccole voci di una vittoria senza enfasi, senza alcuna passione. Pigliaru era lì, con il maglioncino verde e un sorriso appena accennato. Tutti erano lì con le loro facce stanche, appisolate verso un futuro che nessuno riesce a disegnare. Non ha vinto nessuno e nessuno riesce ad ammetterlo. Ci sono pronti quelli del coro, quelli pronti ad ogni evenienza, facce lucide e proiettate verso qualsiasi orizzonte purché ci sia la loro ombra raffigurata. C’era Soru, quasi sorridente, la Barracciu quasi festante e tutti gli altri quasi contenti. Ho osservato con una certa tenerezza quel “quasi” che ritaglia la realtà dalla finzione. Non ha vinto nessuno mi sono detto, tanto vale osservare quel pezzo di mare. E ho attraversato Viale Diaz fino a giungere alla nuova passeggiata che dal molo Ichnusa arriva sino all’ex lazzaretto. Ho camminato con passi lievi e stanchi, a riordinare piccole parole da raccontare, per una campagna elettorale senza polmoni e senza neppure un cordone ombelicale. Ho scelto una panchina per far riposare quei pensieri di sardi ancora fuori, ancora soli e solitari, ancora senza un’idea chiara di Sardegna. Dal molo si intravvedeva la sagoma forte della Tirrenia. Attendeva, anch’essa, un ordine che nessuno sembra in grado di poter dare. Un mare lago mi accompagnava, acqua immensa e viva dentro una regione agonizzante. Nessuno ha vinto, ripetevo. Anche perché, in fondo, nessuno ha mai giocato, davvero, la partita. Il Consiglio Regionale oggi rappresenta solo una piccola percentuale di votanti. Quattro candidati e le loro liste spazzati da una legge elettorale assurda, fatta per gli interessi e non per il governo. Ho osservato con aria docile il pezzo di quel mare e, in un tramonto quasi regalato allo scetticismo di molti, ho ripreso la strada. Il mare, almeno quello non riusciranno a farlo a fette, non riusciranno a dividerlo. L’unica piccola consolazione è che Ugo Cappellacci non è più Presidente della Regione. Il resto è tutto da disegnare. Speriamo sappiano scegliere almeno i colori. Buon lavoro Presidente Pigliaru: dal piccolo consenso provi a restituire un’onda di normalità. Sappia accarezzare la battigia e si ricordi che sono gli scogli a delimitare il mondo. L’acqua li può levigare e consumarli. Ma ci vuole troppo tempo. E di tempo, da queste parti, non ne abbiamo più.
0 Comments
Your comment will be posted after it is approved.
Leave a Reply. |
Archivi
July 2014
|