Come molti ormai sanno, il punteruolo rosso non è un attrezzo da lavoro dipinto, ma un insetto, un coleottero.
Il rhynchophorus ferrugineus è un animale micidiale. Attacca le palme e le distrugge completamente. Le larve, con il loro rostro, scavano il legno interno interrompendo le funzioni vitali. Nonostante la ricerca scientifica in tutte le maniere stia cercando di combatterlo, esso appare invincibile. Eccetto agli Iatmul della Papua Nuova Guinea, come vedremo, che utilizzano il più tradizionale dei metodi.
Quando il punteruolo parte non fa prigionieri. Distrugge tutte le palme senza lasciarne viva una nel raggio di chilometri, a causa di una capacità di propagazione e di proliferazione mostruosa, in grado di far viaggiare per chilometri milioni di esemplari in breve tempo.
Cagliari, “città delle palme”, ormai è devastata, ma la bestia sta risalendo l’isola e in breve tempo raggiungerà anche il nord. Il danno economico è enorme, a causa del valore delle palme che ornamenta strade e giardini pubblici e privati. Al momento nessuna specie di palma pare indenne da questa sciagura, eccetto, forse, la palma nana, la specie endemica della Sardegna, ossia l’unica che si trova allo stato naturale, spontaneo.
Siccome la natura non fa nulla per caso, mi sono domandato da cosa derivi questa invincibilità, questa spietatezza nella propagazione. Mi sono domandato quale meccanismo evolutivo può consentire ad una specie di distruggere completamente la fonte del proprio nutrimento.
E’ come se i leoni uccidessero tutte le gazzelle e gli gnu: morirebbero di fame. Eppure il punteruolo si comporta così. Una cosa contro natura, spiegabile, però, con l’artificiosità del nostro habitat.
Infatti, per poter capire, dobbiamo confrontare l’habitat originario, naturale, del punteruolo, con quello nostro.
Ho riflettuto a lungo e ho formulato questa ipotesi. Il punteruolo si evolve come nemico naturale della palma da cocco, la quale ha una particolare forma di propagazione, legata agli arcipelaghi e alle isolette del Pacifico. Infatti le noci di cocco vengono trasportate dalle onde da una isoletta all’altra, resistendo tra i flutti per diversi mesi. Colonizzano perciò le isolette con popolamenti che, partendo dalla spiaggia, si insinuano all’interno. Il punteruolo è stato costretto ad adeguarsi all’habitat della palma da cocco, sviluppando così anch’esso una grande capacità di proliferazione per potersi spostare da un’isola ad un'altra. Ma in quell’habitat frammentato e diviso la capacità rigeneratrice della natura consente un equilibrio; le isolette, infatti, in breve tempo, rigenerano il proprio popolamento di palme una volta che il punteruolo è stato costretto ad emigrare per assenza di cibo.
I primi squilibri si sono avuti con la coltivazione della palma da cocco e delle altre palme industriali. Da lì il punteruolo, non trovando più ostacoli naturali alla propria propagazione, ha iniziato la sua diffusione nel mondo, causata, principalmente, dalla negligenza dell’uomo.
Infatti è stato l’uomo a trasportare inconsapevolmente esemplari di palma infetti in giro per il mondo. Dove non arriva la natura, ci pensa l’uomo.
Allo stesso modo, nonostante ci siano sanzioni amministrative accompagnate da finanziamenti a pioggia per la profilassi della fitopatologia, pare che siano in pochi ad applicarla.
La legge prevede che al primo segno di patologia la palma debba essere distrutta per impedire la diffusione dell’animale. Ma sembra che, una volta la malattia abbia infestato le proprie palme, pazienza, ci si disinteressi di quello che possano fare dopo.
Il punteruolo rosso, dunque, è una specie di super insetto che si è evoluto in condizioni ecologiche che lo hanno portato, per la propria sopravvivenza, a sviluppare queste caratteristiche che, per le palme che arredano le nostre città e i nostri giardini, sono mortali.
Ma, natura a parte, la negligenza degli uomini, ancora una volta, è risultata determinante.
Pare che al momento ci sia solo un sistema per combattere questo animale, e ce lo insegna una popolazione della Papua Nuova Guinea, gli Iatmul. La competizione alimentare. Gli Iatmul, come ormai altre popolazioni del pianeta, si nutrono abbondantemente delle larve dell’insetto, considerate una prelibatezza. Se i nostri vermi del formaggio sanno di formaggio, vi lascio immaginare che sapore possano avere le larve di insetti che si nutrono di palma. Indovinato, di cocco. Ricchissimi di proteine, ferro e zinco, peraltro.
Forse, un giorno, quando l’abbondanza di cibo che contraddistingue il nostro opulento, sprecone, lagnoso mondo occidentale verrà meno, si riuscirà a salvare qualche palma.