Una decina di giorni fa L'Unione Sarda ha lanciato una nuova veste grafica, preceduta da una discreta campagna autopromozionale veicolata da volti celebri dell'Isola.
Si deve il dovuto rispetto allo sforzo di un'azienda che provi a rinnovare sé stessa, provando a trovare formule nuove per uscire dalle sabbie mobili dove da un decennio è impantanata l'editoria tradizionale.
Ho aspettato alcuni giorni prima di avere un'idea chiara della direzione impressa al quotidiano cagliaritano da questo nuovo involucro, per capire se alla rinnovata immagine fosse corrisposta una virata anche nei contenuti.
Sono per natura prevenuto, perché ho sempre pensato e continuo a pensare che la differenza in un giornale la faccia ciò che ci viene scritto dentro, non il formato o le scelte di impaginazione.
Ma veniamo al punto.
Il primo dato che balza all'occhio è l'agile formato di un quotidiano che, anni fa, aveva fatto uno slogan delle sue ingombranti dimensioni: "Un grande formato per un grande giornale", diceva lo spot.
Oggi le pagine de L'Unione si sono rimpicciolite diventando decisamente più manovrabili, ma la distribuzione delle cronache locali segna un pauroso balzo indietro di un ventennio. Effetti dell'edizione unica, un'altra delle dolorose scelte di questo rinnovamento.
Per galluresi e sassaresi, L'Unione era fino al secolo scorso il giornale di Cagliari e di quei cagliaritani che dubitavano dell'esistenza di forme di vita intelligente oltre le colonne d'Ercole di Assemini.
Dopo il tentativo di sbarco nelle province settentrionali avvenuto alla fine degli anni novanta, L'Unione è tornata ad essere quel giornale.
Perché le redazioni di Olbia e Sassari sono state chiuse e il personale che vi lavorava trasferito, elemento omesso dall'editoriale di presentazione pubblicato nel giorno di lancio della nuova grafica.
Perché su una foliazione media di sessanta pagina, le cronache cagliaritane ne occupano in media cinquanta.
Per i cinquecentomila abitanti delle province di Sassari e Gallura, nell'edizione di oggi 4 febbraio, non vi era neppure una pagina. Domenica scorsa è andata lo stesso, lunedì si contavano due pagine in tutto.
In questo senso, il rinnovamento appare più una ritirata.
Veniamo a quel che c'è scritto, nel giornale.
Devo dire che sul piano della creatività e della valorizzazione delle risorse professionali, i primi mesi della nuova direzione Muroni avevano lasciato intravedere sviluppi positivi.
Avevo trovato interessante, ad esempio, la pagina dedicata agli eventi epocali avvenuti in passato nella data del giorno. Nulla di particolarmente innovativo, però era secondo me positiva la ricerca di spazi di approfondimento che andassero oltre la stringente cronaca quotidiana.
Spazi alternativi dentro i quali il giornale cartaceo può ancora dire la sua contro l'informazione web. Se questi spazi non se li inventa, finirà col perdere irrimediabilmente il confronto.
Purtroppo, il piccolo formato e l'edizione unica hanno ridotto anche questi spiragli. Oggi L'Unione Sarda mi ricorda Il Giornale di Sardegna prima maniera, sia per formato che per distribuzione delle cronache.
Nell'edizione di lunedì tre febbraio, ho trovato otto titoli virgolettati nelle prime sette pagine. Una sfilza di dichiarazioni di politici e candidati, una raccolta di punti di vista e opinioni di coloro che si disputano la guida della Regione interrotta solo dalla pagina pubblicitaria acquistata da Banca Mediolanum, impreziosita dai consigli del figlio di Ennio Doris.
Tra i titoli della cronaca regionale, anche l'annuncio dei 1700 precari della sanità regionale cui l'assessora in carica Simona De Francisci avrebbe rinnovato i contratti.
La De Francisci, proiettata negli schermi della Regione direttamente dagli schermi di Videolina.
Inchieste? Approfondimenti?
Poca roba. Una strana indagine - a gennaio -sulle tariffe navali e sul turismo in crisi, mossa dal caso di una risposta sgrammaticata fornita ad alcuni viaggiatori da un dipendente di un assessorato regionale, contro il quale Cappellacci ha immediatamente promesso seri provvedimenti.
Un approfondimento su contributi mai arrivati per alluvioni avvenute decenni fa e, oggi, la polemica sul voto utile tra Soru e Michela Murgia, su cui è centrato anche l'editoriale.
L'Ugo Merda pronunciato da Berlusconi domenica scorsa - ridotto da L'Unione a "Ugo mer..." - lo si trovava disperso in uno dei resoconti sulla visita a sostegno di Cappellacci. L'articolista ha peraltro giudicato la barzelletta "un po' ardita".
Negli ultimi due giorni, intanto, uno scontro acceso si è registrato tra Andrea Murgia - già candidato alle primarie regionali del Pd - e il direttore Muroni. Se andate sulla bacheca Facebook di Murgia potete ricostruire i fatti, originati da un post dell'economista su uno dei sondaggi commissionati alcuni giorni fa dal quotidiano di Cagliari. Sondaggio che, secondo Murgia, così come era stato proposto avrebbe penalizzato il candidato Pigliaru.
Ne è seguita una scaramuccia, ma il dato politico più interessante è a mio avviso ravvisabile nel coraggio mostrato da Murgia nell'affrontare a viso aperto L'Unione.
A sinistra, neppure ai tempi della guerra di logoramento contro Soru qualcuno ebbe la stessa audacia.
Veniamo alle conclusioni.
Quando ho sostenuto l'esame per diventare giornalista professionista, dieci anni fa, in commissione sedeva anche Italo Cucci. Discutendo con alcuni colleghi del rinnovamento grafico di un certo quotidiano, Cucci osservò che "quando le cose nel loro giornale vanno male, gli editori pensano sempre di risolvere i problemi cambiando la grafica. Mai pensano di risolverli cambiando le cose che ci sono scritte, dentro al loro giornale".
Cucci aveva ragione, Cucci ha ragione.
Detto questo, tanti auguri a L'Unione Sarda.
È una voce fondamentale per la Sardegna ed è bene per tutti se riesce a fare della buona informazione.
Possibilmente, raccontandoci anche quel che accade in quegli sconosciuti territori oltre Assemini.