Fai clic qui per effettuare modifiche.“Ma cosa significa questo cuore blu? Che senso ha?”.“Anche il cuore blu ha un senso”.
“E sarebbe?”
“Hai presente il sangue quando ritorna al cuore dopo aver fatto il giro di tutti i vasi sanguigni? Ebbene, è sangue impoverito del suo ossigeno. E sangue sfruttato, stanco, senza speranza, se non quella di ricominciare d’accapo, una boccata d’ossigeno e via. Vedi, quel sangue è blu. Il sangue stanco è blu, e anche quella parte del cuore.”
“Non capisco”
“E’ come la ripetizione di una lunga, estenuante attesa. Come se si volesse fermare il tempo su qualcosa di…”
“Qualcosa di?”
“Ti racconto questa storia. Quando ero ragazzino, ero tutto preso da questa morettina. Il mio primo amore, capisci? Il suo idillio mi accompagnò per tutta la fanciullezza e l’adolescenza, dagli undici ai sedici anni. Ero timido, riservato, e non avevo il coraggio di dichiararmi. Forse orgoglio, paura di un rifiuto, chissà. Ero tutto dentro la nuvola dell’idealismo romantico. Ricordo che un giorno mio fratello, con la cattiveria dei ragazzini, per prenderla in giro, la canzonò dicendole che io ero cotto di lei. Ricordo che mi vergognai come un ladro e restai tre giorni senza uscire di casa.
Dato che praticavamo lo stesso sport nella stessa società, capitava di andare in trasferta tutti insieme. Erano molto belle quelle trasferte, dove all’eccitazione della gara si univa l’amicizia che univa quel gruppo di ragazzi sportivi, il gusto della gita, lo sbocciare dei primi amori tra noi. Ricordo di un lungo viaggio in treno, in continente. Avevamo 14 anni, forse 15. Si chiacchierava, si scherzava. Lei mi raccontò questo sogno. Mi disse che qualcuno ci aveva spinti l’uno contro l’altro, e noi ci eravamo trovati abbracciati. Nel frattempo si era sdraiata in un largo portabagagli, che bisognava centellinare l’energie per la gara e non arrivare distrutti, che con i continentali bisognava fare bella figura. Io ero sdraiato con lei, affianco. Il treno, con il suo tu-tum, sballottandoci, ci consentiva di sfiorare i nostri corpi, di tanto in tanto, ingannando quel pudore infantile. Ero un ragazzino pensieroso e spensierato nello stesso tempo, ma avevo già letto qualche libro, come “L’interpretazione dei sogni” di Freud e “Il linguaggio dimenticato” di Fromm. Nella mia mente di piccolo intellettuale imbranato, quella rivelazione onirica mi diede un coraggio mai avuto, tanto da sfiorarle la mano con la mia. E restai così, per un tempo eterno con la mano nella sua mano, fissando il soffitto, ascoltando il respiro e il suo corpo che mi sfiorava, fino a che la bocca, a mia insaputa, pronunciò le seguenti parole: “Sto così bene che vorrei che il tempo si fermasse”. “Anch’io”, fu la sua risposta.”
“E poi?”.
“E poi. E poi niente. Dopo un po’ di tempo la vidi insieme ad un bullo del paese, un tipo da cui era meglio stare lontani. Più grande di me. Si sa, le ragazze crescono più in fretta. Se mi avessero punto, in quel momento, il mio sangue sarebbe stato blu, ma di un blu scuro, nero, petrolio. Ci impiegai molto tempo per dimenticarla.”
“Che tristezza. Finita?”
“Si, anzi no. L’ho rincontrata dopo trent’anni. Si era sposata con una brava persona e aveva avuto tre figli. Quando la vidi era con i bambini. Mi accolse con grandi feste e mi presentò ai figli, questo è un carissimo amico di mamma, disse. Sottolineò con un accento forte e sincero la parola carissimo, ripetuta più volte, carissimo. Al momento di salutarci, la sorpresi che si asciugava un luccicone dagli occhi.”
“Capito. Capito il senso del cuore blu.”
“Capito?”.
“Capito.
…
Se permetti preferisco quello rosso.”
“E sarebbe?”
“Hai presente il sangue quando ritorna al cuore dopo aver fatto il giro di tutti i vasi sanguigni? Ebbene, è sangue impoverito del suo ossigeno. E sangue sfruttato, stanco, senza speranza, se non quella di ricominciare d’accapo, una boccata d’ossigeno e via. Vedi, quel sangue è blu. Il sangue stanco è blu, e anche quella parte del cuore.”
“Non capisco”
“E’ come la ripetizione di una lunga, estenuante attesa. Come se si volesse fermare il tempo su qualcosa di…”
“Qualcosa di?”
“Ti racconto questa storia. Quando ero ragazzino, ero tutto preso da questa morettina. Il mio primo amore, capisci? Il suo idillio mi accompagnò per tutta la fanciullezza e l’adolescenza, dagli undici ai sedici anni. Ero timido, riservato, e non avevo il coraggio di dichiararmi. Forse orgoglio, paura di un rifiuto, chissà. Ero tutto dentro la nuvola dell’idealismo romantico. Ricordo che un giorno mio fratello, con la cattiveria dei ragazzini, per prenderla in giro, la canzonò dicendole che io ero cotto di lei. Ricordo che mi vergognai come un ladro e restai tre giorni senza uscire di casa.
Dato che praticavamo lo stesso sport nella stessa società, capitava di andare in trasferta tutti insieme. Erano molto belle quelle trasferte, dove all’eccitazione della gara si univa l’amicizia che univa quel gruppo di ragazzi sportivi, il gusto della gita, lo sbocciare dei primi amori tra noi. Ricordo di un lungo viaggio in treno, in continente. Avevamo 14 anni, forse 15. Si chiacchierava, si scherzava. Lei mi raccontò questo sogno. Mi disse che qualcuno ci aveva spinti l’uno contro l’altro, e noi ci eravamo trovati abbracciati. Nel frattempo si era sdraiata in un largo portabagagli, che bisognava centellinare l’energie per la gara e non arrivare distrutti, che con i continentali bisognava fare bella figura. Io ero sdraiato con lei, affianco. Il treno, con il suo tu-tum, sballottandoci, ci consentiva di sfiorare i nostri corpi, di tanto in tanto, ingannando quel pudore infantile. Ero un ragazzino pensieroso e spensierato nello stesso tempo, ma avevo già letto qualche libro, come “L’interpretazione dei sogni” di Freud e “Il linguaggio dimenticato” di Fromm. Nella mia mente di piccolo intellettuale imbranato, quella rivelazione onirica mi diede un coraggio mai avuto, tanto da sfiorarle la mano con la mia. E restai così, per un tempo eterno con la mano nella sua mano, fissando il soffitto, ascoltando il respiro e il suo corpo che mi sfiorava, fino a che la bocca, a mia insaputa, pronunciò le seguenti parole: “Sto così bene che vorrei che il tempo si fermasse”. “Anch’io”, fu la sua risposta.”
“E poi?”.
“E poi. E poi niente. Dopo un po’ di tempo la vidi insieme ad un bullo del paese, un tipo da cui era meglio stare lontani. Più grande di me. Si sa, le ragazze crescono più in fretta. Se mi avessero punto, in quel momento, il mio sangue sarebbe stato blu, ma di un blu scuro, nero, petrolio. Ci impiegai molto tempo per dimenticarla.”
“Che tristezza. Finita?”
“Si, anzi no. L’ho rincontrata dopo trent’anni. Si era sposata con una brava persona e aveva avuto tre figli. Quando la vidi era con i bambini. Mi accolse con grandi feste e mi presentò ai figli, questo è un carissimo amico di mamma, disse. Sottolineò con un accento forte e sincero la parola carissimo, ripetuta più volte, carissimo. Al momento di salutarci, la sorpresi che si asciugava un luccicone dagli occhi.”
“Capito. Capito il senso del cuore blu.”
“Capito?”.
“Capito.
…
Se permetti preferisco quello rosso.”