l dentista mi accoglie con un sorriso smagliante, di quelli che ti scaldano il cuore almeno finché non ti accomodi nella poltrona delle torture.
Mi siedo e spalanco le fauci.
L’assistente mi barda con un bavaglino di carta, mi ficca in bocca una pompetta aspirasaliva e lui, il dottore, comincia col martello pneumatico.
Un suono malefico che penetra nel cervello e tu aspetti che arrivi il dolore da un momento all’altro, ma magari non arriva e tu ci resti pure male.
A quella colonna sonora emotiva si aggiunge il fastidio della pompetta aspira saliva che preme incessantemente sulla gengiva.
Guardo l’assistente con occhi imploranti, lei non recepisce.
La pompetta preme sempre più e ad ogni minimo movimento raschia sempre più sgradevolmente la gengiva.
Il dottore non stacca lo sguardo dal mio molare, nessuno viene in mio soccorso.
Ho capito, ci devo pensare da sola!
Con la lingua, ben attenta a non muovere la testa, cerco di spostarla verso un lato della bocca.
L’operazione è più ardua del previsto.
Ci riprovo con maggior vigore: saggio con la lingua latitudine e longitudine della pompetta e, con una pressione costante, riprovo verso il lato opposto.
Il dentista per un attimo distoglie lo sguardo dal mio molare e mi guarda dritta dritta negli occhi.
- Oh, finalmente ha capito, ora la sposterà – penso.
Riprende a trapanare.
Ad un tratto si sposta e mi dice – Si sciacqui la bocca –
Toglie la sua mano dalla mia cavità orale, la pompetta è ancora lì ma non mi dà fastidio, come mai?
Eppure non si è mossa.
Vuoi vedere che…
- Oh no, ti prego no! –
Ciò che premeva sulla mia gengiva era il suo mignolo.
Mi siedo e spalanco le fauci.
L’assistente mi barda con un bavaglino di carta, mi ficca in bocca una pompetta aspirasaliva e lui, il dottore, comincia col martello pneumatico.
Un suono malefico che penetra nel cervello e tu aspetti che arrivi il dolore da un momento all’altro, ma magari non arriva e tu ci resti pure male.
A quella colonna sonora emotiva si aggiunge il fastidio della pompetta aspira saliva che preme incessantemente sulla gengiva.
Guardo l’assistente con occhi imploranti, lei non recepisce.
La pompetta preme sempre più e ad ogni minimo movimento raschia sempre più sgradevolmente la gengiva.
Il dottore non stacca lo sguardo dal mio molare, nessuno viene in mio soccorso.
Ho capito, ci devo pensare da sola!
Con la lingua, ben attenta a non muovere la testa, cerco di spostarla verso un lato della bocca.
L’operazione è più ardua del previsto.
Ci riprovo con maggior vigore: saggio con la lingua latitudine e longitudine della pompetta e, con una pressione costante, riprovo verso il lato opposto.
Il dentista per un attimo distoglie lo sguardo dal mio molare e mi guarda dritta dritta negli occhi.
- Oh, finalmente ha capito, ora la sposterà – penso.
Riprende a trapanare.
Ad un tratto si sposta e mi dice – Si sciacqui la bocca –
Toglie la sua mano dalla mia cavità orale, la pompetta è ancora lì ma non mi dà fastidio, come mai?
Eppure non si è mossa.
Vuoi vedere che…
- Oh no, ti prego no! –
Ciò che premeva sulla mia gengiva era il suo mignolo.