Ieri sera sono stato a Serdiana nella comunità di Don Ettore Cannavera dove era previsto l’incontro con il candidato del centro sinistra Francesco Pigliaru. CI sono andato per curiosità, non avevo mai visto Pigliaru di persona personalmente, ci sono andato con il piglio giornalistico, di quello che deve fare “Il pezzo per Sardegnablogger” e ci sono andato per passione e per coerenza. La politica mi appassiona e mi trasporta a dover fare mille considerazioni e gioca con l’appartenenza delle scelte. C’era molta gente e tutti decisamente già profondamente convinti di essere dalla parte giusta. Questi incontri, infatti, pur essendo aperti a tutti, finiscono per essere solo ed esclusivamente per i propri militanti e simpatizzanti, un po’ come i congressi di partito. Dove tutti, alla fine, devono trovare il consenso sui fondamentali. Ho scoperto, però una cosa, ascoltando Don Ettore Cannavera. Che il centro sinistra, intanto, ha bisogno dell’abbraccio della chiesa ed è quindi sicuramente cosa altra dal PCI in cui militava, per esempio Amendola o Paietta. Lo dico per dire, per carità, siamo cresciuti, ma affermare che Pigliaru ha lo stesso nome di Papa Francesco e che la Barracciu ricorda Benedetto XVI quando come ilvecchio pontefice anche lei ha fatto un passo indietro mi sembra, davvero, un’esagerazione. Un’iperbole. Detto questo ci sono stati interventi preparatori, alcuni interessanti, altri sinceramente utili a tirare fuori in me la considerazione morettiana “con questa classe dirigente non vinceremo mai”, sino a giungere all’intervento finale del candidato Presidente. Il quale, camicia bianca e cravatta blu, ha subito preso la parola e ha cominciato a raccontare la sua “avventura”. L’accento vagamente sassarese contrastava con gli interventi precedenti, tutti marcatamente cagliaritani, il suo voler spiegare e ribadire concetti anche difficili riportava, necessariamente, alla sua esperienza cattedratica ma, alla fine, qualcosa di politico (e di sinistra) Pigliaru lo ha detto. Non solo sull’istruzione o sulla macelleria sociale determinata da una cassa integrazione in deroga (argomenti ripresi anche dai quotidiani locali con enfasi) ma sul modo di fare politica. Mi ha colpito, infatti, un passaggio davvero interessante che riguarda le scelte di un Presidente, sia esso del Consiglio, regionale, provinciale o sia anche un semplice sindaco. Le scelte della squadra, quella dei ministri o degli assessori. “il delitto”, ha detto Pigliaru “Non è lo stipendio percepito, che comunque andrebbe adattato alla realtà sociale odierna, ma i soldi che i cattivi ministri e i cattivi assessori fanno perdere alla comunità in scelte sbagliate,se non scellerate. Questa è la vergogna e - ha concluso Pigliaru - nessuno paga per i soldi stanziati in opere sbagliate, in scelte che vanno contro il risanamento. Davanti a milioni di euro buttati o elargiti agli amici degli amici, lo stipendio del ministro o dell’assessore è poca cosa. Già. Pochissima cosa. Ho avuto come l’impressione che Pigliaru, se dovesse vincere, ha una squadra di assessori pronti a dimezzarsi lo stipendio e pianificare gli interventi senza sperperare i soldi pubblici. Questo è un concetto bellissimo e vorrei, davvero, fosse di sinistra. Dall’altra, però, guardandomi attorno, in quella sala ho notato, oltre a pochissimi giovani presenti, anche altre facce. Alcune speravano nel miracolo e nella benedizione del papa, altre sorridevano in silenzio. Prima facciamolo vincere il professore che a governare ci pensiamo noi, dobbiamo restituire le cose alla politica. Ecco, vorrei sbagliarmi ma questa è stata la mia impressione. Gente, da anni, abituata a manovrare, spostare, virare per non andare da nessuna parte. Se non ad essere prontissima nello scegliere la barca su cui salpare. Non per spirito d’avventura e amore per la politica. No, questi signori – e ieri sera erano presenti – non salgono mai sulla nave per tracciare la rotta o mettersi al timone e neppure per ricevere ordini dal capitano. Questi signori si recano subito nel reparto ancore e si guardano bene dal mollarle per provare a navigare. Il Professor Pigliaru lo sappia. Nella sua nave questi signori sono già saliti. E oltre a non mollare le ancore sono comunque vicini ad una scialuppa di salvataggio. Di una nave ancora in porto.