La sportività e la politica.
di Fiorenzo Caterini
Avevo preparato con molta cura e molti sacrifici quel campionato sardo di triathlon del 1996, a Porto Rotondo. Non avevo perso un allenamento ed ero in forma. Ero uno dei favoriti. All’uscita dall’acqua, nella frazione di 1500 metri di nuoto in mare, inforcai al volo la bici poco distante da Chicco Porcu, che da subito si era mostrato come l’avversario più agguerrito. Era molto vicino, lo vedevo ad un centinaio di metri da me. Chicco era un abile ciclista, ma all’epoca ancora un po’ carente nella corsa. Le cose si mettevano molto bene, perché nella frazione podistica, quella a me più congeniale, lo avrei certamente superato. Poteva anche guadagnare qualche secondo nella bici, la cosa non mi preoccupava. Lo tenevo a bada a distanza. I 40 chilometri della frazione ciclistica si avvicinavano al termine, e io pregustavo già la vittoria. Poi accadde l’imponderabile. Improvvisamente il mio sellino iniziò a basculare paurosamente. Si era svitato non so come e, a parte i rischi di fantozziana memoria, ogni curva era un incubo, rischiavo di finire spalmato sull’asfalto. Intanto Chicco si allontanava, e io incominciai a preoccuparmi seriamente. Feci l’ultima discesa “a tomba aperta”, rischiando l’inverosimile, riuscendo a contenere il distacco dentro il limite dei due minuti, il divario tecnico, teorico, tra me e Chicco nella frazione podistica. Mi gettai all’inseguimento. Sentivo di potercela fare, e dopo pochi chilometri dei 10 previsti, in lontananza, incominciai a vedere la sagoma del rivale. “Sei mio”, pensai. Ma a pochi chilometri dal traguardo, dopo due ore di gara serratissima, a causa del percorso nervoso, tutto curve e saliscendi, le gambe incominciarono a non rispondere più. Chicco era a poche decine di metri, ma tutte quelle variazioni di dislivello e di direzione mi impedivano di sviluppare la mia falcata da mezzofondista, e di avvicinarmi. Chicco nel frattempo, sentendo il fiato mio sul collo e il traguardo vicino, aveva dato fondo, digrignando i denti, a tutte le sue risorse.
Niente da fare. Pochi secondi mi dividevano da lui. Ma avevo perso. Lui primo, io secondo.
Presi la bici e la scagliai lontano. Maledetta.
Poi mi ricomposi, andai verso Chicco, lo abbracciai sportivamente e gli feci i miei complimenti sinceri. Si era battuto come un leone e con grande intelligenza tattica.
Lui ricambiò dandomi consigli sulla manutenzione della bicicletta, che ne avevo bisogno.
Anni dopo, anni di battaglie nei campi di gara, di vittorie e di sconfitte, mi ritrovai in fuga con Chicco nella frazione ciclistica del campionato sardo del 2001, a Oristano. Dietro si trovava il favorito della gara, Giuseppe Solla. E noi ci alleammo per batterlo, collaborando per portare a termine quella fuga con un buon margine di vantaggio per l’ultima frazione podistica. In quella occasione mi sorprese il comportamento leale di Chicco. Sapeva che a piedi io ero più forte di lui, ma non mise in atto nessun tatticismo; in quella fuga si sarebbe potuto risparmiare, saltando qualche “cambio”, facendomi impegnare di più, per stancarmi e giocarsi meglio le sue carte, ma non lo fece. Tirò a testa bassa senz’altro. Nella frazione a piedi Giuseppe superò Chicco e mi si avvicinò pericolosamente, e anche quella volta accadde l’imponderabile. Scivolai in una curva stretta, nello sterrato, sbucciandomi ambedue le ginocchia, sanguinanti. Giuseppe era a pochi metri, galvanizzato. Quella volta, però, il rettilineo finale era lungo e pianeggiante, e vinsi quel titolo. Lo vinsi grazie alla sportività di Chicco e alla nostra alleanza “contro” Giuseppe, il più forte. Il quale venne da me, sportivamente, mi abbracciò e mi fece i complimenti.
E’ giunto il momento di raccontarvi, per capire meglio la morale della favola, quest'altro episodio, occorso qualche anno prima.
Era il 1998 e, nel lido di Torregrande, il maestrale aveva sollevato onde anche alte due metri. Dopo infinite titubanze, e con mille precauzioni, gli organizzatori ci fecero partire ugualmente. Ricordo quella frazione natatoria come un incubo, trasformato, nella mia immaginazione, in un personale e mistico aneddoto. Le boe di segnalazione, per quanto enormi, sparivano continuamente nel moto ondoso; si nuotava a vista, con la testa fuori dall’acqua. Presi un buon ritmo e mi ritrovai, non so come, in testa a quella gara, con a fianco l’immancabile Chicco Porcu. Il braccio era buono, quel giorno, mi pareva di volare sull’acqua, e con Chicco, senza parlarci, ci aiutammo a non disperderci, quando sbagliava rotta l’uno l’altro la correggeva. All’uscita dall’acqua le onde ci gettarono sul bagnasciuga. Mi voltai e vidi il resto del gruppo come sperduto nel mare ondoso. Ricordo che presi la bici e sbandai paurosamente per i primi chilometri, a causa del mal di mare. Chicco invece fu molto più svelto di me al cambio e lo ritrovai solo dopo il traguardo.
Al termine della gara ci accalcammo tutti sul foglio dei risultati, appena appeso alla parete.
Con Chicco convenimmo, con un misto tra la soddisfazione e il compiacimento, sulla figuraccia fatta da Giuseppe Solla, già fortissimo ciclista professionista, che si era cimentato per l’occasione nel triathlon. Giuseppe nel nuoto aveva portato a termine la sua frazione con un ritardo enorme e con mille difficoltà, e nella bici non era riuscito a fare la differenza.
Spesso campioni di altri sport si avvicinavano al triathlon con molta supponenza, finendo per prendere severe legnate.
Ci demmo di gomito con Chicco.
Solo tanti anni dopo Giuseppe mi confidò che, mentre io e Chicco lo canzonavamo, lui era dietro di noi che ascoltava.
Con un mezzo sorriso, mi disse: “quel giorno vi giurai vendetta”.
E vendetta fu. Negli anni successivi Giuseppe ci diede tante di quelle batoste, che ancora mi fa male pensarci. E divenne, specie nelle lunghe distanze del triathon, uno dei più forti atleti italiani, con prestigiosi piazzamenti anche a livello internazionale.
“Vi giurai vendetta ma ora vi ringrazio”, mi disse.
Quando vado a trovarlo a Quartu S.E., nel suo negozio sportivo “Due Ruote”, un caffè pagato per me so di trovarlo sempre.
Ora rapportiamo tutto questo alle cose della vita. Ad esempio a queste ultime elezioni regionali, alle analisi fatte, ai commenti dei protagonisti.
E fate le vostre considerazioni, i vostri liberi paragoni.
Traetene voi le vostre liberissime conclusioni.
Io ne traggo una sola.
Che è quella di far fare sport ai nostri figli.
(nella foto: fase ciclistica di una gara di triathlon, nell'ordine: Caterini, Solla, Porcu.)
di Fiorenzo Caterini
Avevo preparato con molta cura e molti sacrifici quel campionato sardo di triathlon del 1996, a Porto Rotondo. Non avevo perso un allenamento ed ero in forma. Ero uno dei favoriti. All’uscita dall’acqua, nella frazione di 1500 metri di nuoto in mare, inforcai al volo la bici poco distante da Chicco Porcu, che da subito si era mostrato come l’avversario più agguerrito. Era molto vicino, lo vedevo ad un centinaio di metri da me. Chicco era un abile ciclista, ma all’epoca ancora un po’ carente nella corsa. Le cose si mettevano molto bene, perché nella frazione podistica, quella a me più congeniale, lo avrei certamente superato. Poteva anche guadagnare qualche secondo nella bici, la cosa non mi preoccupava. Lo tenevo a bada a distanza. I 40 chilometri della frazione ciclistica si avvicinavano al termine, e io pregustavo già la vittoria. Poi accadde l’imponderabile. Improvvisamente il mio sellino iniziò a basculare paurosamente. Si era svitato non so come e, a parte i rischi di fantozziana memoria, ogni curva era un incubo, rischiavo di finire spalmato sull’asfalto. Intanto Chicco si allontanava, e io incominciai a preoccuparmi seriamente. Feci l’ultima discesa “a tomba aperta”, rischiando l’inverosimile, riuscendo a contenere il distacco dentro il limite dei due minuti, il divario tecnico, teorico, tra me e Chicco nella frazione podistica. Mi gettai all’inseguimento. Sentivo di potercela fare, e dopo pochi chilometri dei 10 previsti, in lontananza, incominciai a vedere la sagoma del rivale. “Sei mio”, pensai. Ma a pochi chilometri dal traguardo, dopo due ore di gara serratissima, a causa del percorso nervoso, tutto curve e saliscendi, le gambe incominciarono a non rispondere più. Chicco era a poche decine di metri, ma tutte quelle variazioni di dislivello e di direzione mi impedivano di sviluppare la mia falcata da mezzofondista, e di avvicinarmi. Chicco nel frattempo, sentendo il fiato mio sul collo e il traguardo vicino, aveva dato fondo, digrignando i denti, a tutte le sue risorse.
Niente da fare. Pochi secondi mi dividevano da lui. Ma avevo perso. Lui primo, io secondo.
Presi la bici e la scagliai lontano. Maledetta.
Poi mi ricomposi, andai verso Chicco, lo abbracciai sportivamente e gli feci i miei complimenti sinceri. Si era battuto come un leone e con grande intelligenza tattica.
Lui ricambiò dandomi consigli sulla manutenzione della bicicletta, che ne avevo bisogno.
Anni dopo, anni di battaglie nei campi di gara, di vittorie e di sconfitte, mi ritrovai in fuga con Chicco nella frazione ciclistica del campionato sardo del 2001, a Oristano. Dietro si trovava il favorito della gara, Giuseppe Solla. E noi ci alleammo per batterlo, collaborando per portare a termine quella fuga con un buon margine di vantaggio per l’ultima frazione podistica. In quella occasione mi sorprese il comportamento leale di Chicco. Sapeva che a piedi io ero più forte di lui, ma non mise in atto nessun tatticismo; in quella fuga si sarebbe potuto risparmiare, saltando qualche “cambio”, facendomi impegnare di più, per stancarmi e giocarsi meglio le sue carte, ma non lo fece. Tirò a testa bassa senz’altro. Nella frazione a piedi Giuseppe superò Chicco e mi si avvicinò pericolosamente, e anche quella volta accadde l’imponderabile. Scivolai in una curva stretta, nello sterrato, sbucciandomi ambedue le ginocchia, sanguinanti. Giuseppe era a pochi metri, galvanizzato. Quella volta, però, il rettilineo finale era lungo e pianeggiante, e vinsi quel titolo. Lo vinsi grazie alla sportività di Chicco e alla nostra alleanza “contro” Giuseppe, il più forte. Il quale venne da me, sportivamente, mi abbracciò e mi fece i complimenti.
E’ giunto il momento di raccontarvi, per capire meglio la morale della favola, quest'altro episodio, occorso qualche anno prima.
Era il 1998 e, nel lido di Torregrande, il maestrale aveva sollevato onde anche alte due metri. Dopo infinite titubanze, e con mille precauzioni, gli organizzatori ci fecero partire ugualmente. Ricordo quella frazione natatoria come un incubo, trasformato, nella mia immaginazione, in un personale e mistico aneddoto. Le boe di segnalazione, per quanto enormi, sparivano continuamente nel moto ondoso; si nuotava a vista, con la testa fuori dall’acqua. Presi un buon ritmo e mi ritrovai, non so come, in testa a quella gara, con a fianco l’immancabile Chicco Porcu. Il braccio era buono, quel giorno, mi pareva di volare sull’acqua, e con Chicco, senza parlarci, ci aiutammo a non disperderci, quando sbagliava rotta l’uno l’altro la correggeva. All’uscita dall’acqua le onde ci gettarono sul bagnasciuga. Mi voltai e vidi il resto del gruppo come sperduto nel mare ondoso. Ricordo che presi la bici e sbandai paurosamente per i primi chilometri, a causa del mal di mare. Chicco invece fu molto più svelto di me al cambio e lo ritrovai solo dopo il traguardo.
Al termine della gara ci accalcammo tutti sul foglio dei risultati, appena appeso alla parete.
Con Chicco convenimmo, con un misto tra la soddisfazione e il compiacimento, sulla figuraccia fatta da Giuseppe Solla, già fortissimo ciclista professionista, che si era cimentato per l’occasione nel triathlon. Giuseppe nel nuoto aveva portato a termine la sua frazione con un ritardo enorme e con mille difficoltà, e nella bici non era riuscito a fare la differenza.
Spesso campioni di altri sport si avvicinavano al triathlon con molta supponenza, finendo per prendere severe legnate.
Ci demmo di gomito con Chicco.
Solo tanti anni dopo Giuseppe mi confidò che, mentre io e Chicco lo canzonavamo, lui era dietro di noi che ascoltava.
Con un mezzo sorriso, mi disse: “quel giorno vi giurai vendetta”.
E vendetta fu. Negli anni successivi Giuseppe ci diede tante di quelle batoste, che ancora mi fa male pensarci. E divenne, specie nelle lunghe distanze del triathon, uno dei più forti atleti italiani, con prestigiosi piazzamenti anche a livello internazionale.
“Vi giurai vendetta ma ora vi ringrazio”, mi disse.
Quando vado a trovarlo a Quartu S.E., nel suo negozio sportivo “Due Ruote”, un caffè pagato per me so di trovarlo sempre.
Ora rapportiamo tutto questo alle cose della vita. Ad esempio a queste ultime elezioni regionali, alle analisi fatte, ai commenti dei protagonisti.
E fate le vostre considerazioni, i vostri liberi paragoni.
Traetene voi le vostre liberissime conclusioni.
Io ne traggo una sola.
Che è quella di far fare sport ai nostri figli.
(nella foto: fase ciclistica di una gara di triathlon, nell'ordine: Caterini, Solla, Porcu.)