A leggere delle cose greche di questi ultimi anni, di queste ultime ore e, soprattutto, dell'ispessirsi e allargarsi dei quel sentimento nazionalista molto "sinistro" a lato destro, di estrema destra filo-nazista, dell'arena politica che prende il nome di Alba Dorata, viene da dire che la Storia non insegna niente. Magari la insegna a piccoli segmenti delle giovani generazioni, a chi frequenta i corsi degli istituti superiori, forse. Forse a qualche liceale, forse. Ma non alla classe dirigente degli Stati Europei e a chi poggia il suo dorato culo in sedie d'oro come quelle della BCE, del FMI, della World Bank, e del Consiglio economico della Cancelleria tedesca. A loro no. A loro no.
Loro, spesso economisti formatisi presso le "migliori" Università americane o presso quelle europee che scimmiottano i lontani e luminosi fari del sapere Made in Usa, come la Bocconi, forse non conoscono i testi di Keynes o, forse, non li vogliono conoscere .. E questo è un altro problema, ovviamente più serio. Keynes scrisse davvero tanto, e bene. Tra le mille cose geniali che si possono leggere una è adatta a comprendere il caso greco, la sua disgraziata deriva economica, politica e sociale: "Le conseguenze economiche della pace".
Il 7 giugno 1919 Keynes comunicava al Premier Lloyd George le proprie dimissioni dall'incarico di rappresentante del Tesoro inglese alla Conferenza di pace di Versailles, in pieno disaccordo sulle durissime riparazioni imposte alla Germania. Scriveva: "(...) Credo che la campagna per ottenere dalla Germania il pagamento dei costi generali della guerra sia una delle peggiori stoltezze politiche di cui i nostri statisti si siano mai resi responsabili (...) Così un esame scientifico della capacità della Germania di pagare fu escluso fin dall'inizio dei lavoro. Le aspettative che le esigenze della politica avevano imposto di suscitare erano talmente lontane dalla realtà che una leggera modifica delle cifre non sarebbe servita a nulla; bisognava ignorare completamente i fatti. La non veridicità risultante era fondamentale".
Keynes era certo che nel giro di poco tempo (passarono in effetti due decenni) quel prezzo impagabile che schiacciava la Germania avrebbe inasprito le tensioni nazionalistiche di quel paese e portato l'intero pianeta "alla scomparsa dell'ordine sociale come lo abbiamo fin qui conosciuto".
E' un libro eccezionale per molti aspetti, primo tra tutti la lucidità dei passaggi tra la sfera dell'economia e quella della politica; scritto (e tradotto in italiano da Franco Salvatorelli) da Dio..
Ma nessuno legge più Keynes, purtroppo. O meglio non lo si legge dove ce ne sarebbe bisogno.. E ora sono troppi i colleghi che reputano la sua lezione ormai vetusta, inutilizzabile, contraria alla gerarchia degli interessi contingenti. Quegli interessi che fanno di un accademico un pendolare tra la "stanza dei bottoni" e l'aula di Facoltà, tra un Consiglio di amministrazione di una Banca, di una Big Corporation e l'aula di Facoltà. E qui il problema dei problemi non è più quello di Keynes, la piena occupazione, ma l'equilibrio dei conti pubblici. A prescindere. A prescindere da tutto. A prescindere dalla banale considerazione che è la "carne umana" insieme alla tecnologia a fare l'economia; e se la carne umana, quella che tecnicamente viene chiamata "forza lavoro" viene espulsa dal mercato del lavoro o non ne vengono garantite le possibilità di ingresso e partecipazione continuativa, i conti pubblici possono anche tornare a posto, ma a costi altissimi. E tra questi costi c'è il risorgere delle destre naziste, quei bassofondi della civiltà che anelano allargare le diseguaglianze sociali, ingrassare il meccanismo delle distanze sociali ed economiche, etichettare i deboli, i marginali, gli esclusi e punirli in quanto tali. Perché sono riusciti a diventare ciò che era nel progetto: niente. E per questo vanno puniti.
Aveva ragione Keynes quando scriveva degli inglesi le stesse cose che si potrebbero ora rivolgere ai tedeschi, all'élite del FMI, al Tesoro Usa, all'élite della BCE: "Se ci fosse stata una visione di prudente generosità invece che di avidità imbecille, quanto migliori potrebbero essere adesso le prospettive finanziarie dell'Europa".
Possiamo avere anche i conti a posto, ma senza lavoro nel mercato del lavoro, senza rapporti pacifici nell'arena politica, è come gioire di una bara di legno lucente dimenticandosi che dentro c'è il freddo cadavere del proprio parente.