La parola di questi giorni è, indubbiamente, “trattativa”. Si è trattato con Genny ‘a carogna? E chi lo ha fatto? Con quale mandato politico? Tutto questo discutere e discettare mi ha portato indietro nel tempo: esattamente a trentasei anni fa. Proprio il 5 maggio del 1978 le trattative con le Brigate Rosse erano praticamente chiuse. Non ci credeva più nessuno. Probabilmente Craxi tentava di dialogare con frange estremiste di Potere Operaio e con Franco Piperno. Nulla più. Il comunicato numero nove, consegnato il cinque maggio 1978, parlava di “esecuzione della sentenza”. Eppure in quei cinquantacinque giorni si misurarono due grandissime scuole di pensiero: quelle favorevoli a trattare e quelle “conservatrici e irremovibili.” Non si tratta con il nemico e con gli assassini. Non si tratta con le brigate rosse. Questa visione ortodossa racchiudeva la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista italiano. Non tutti gli uomini di quei partiti a dire il vero. Per la trattativa, invece, c’erano quelli del “Manifesto” e molti socialisti. Eugenio Scalfari e la sua “Repubblica” erano assolutamente contro ogni possibilità di mediare e discutere con gli uomini delle brigate rosse. Io, nel 1978 avevo diciannove anni e, diciamolo, ero per la trattativa. Si parlava di salvare la vita di una persona e istintivamente avrei lottato per qualsiasi vita. Così come oggi. Facevo anche un ragionamento politico e, per quei tempi, squisitamente ideologico: avrei preferito Aldo Moro vivo. Sicuramente il corso degli eventi e della storia avrebbe intrapreso strade molto diverse. Oggi, però, la situazione è fondamentalmente diversa. Si doveva giocare una partita di calcio. Non c’erano vite da barattare, solo un pallone per provare a trascorrere un attimo di tranquillità. E poi, diciamocelo: Genny ‘a carogna non ha lo stesso peso politico delle brigate rosse. Nel senso di credibilità. le BR sono state sicuramente più feroci e, purtroppo, più coerenti. Questo ragazzo tatuato, gonfiato, abbronzato, con una maglietta oltraggiosa non era assolutamente credibile. Non si poteva trattare e non si doveva venire a patti per una partita di calcio. Invece, incredibilmente, “uomini degli apparati” (ma chi erano?) si sono avvicinati, hanno discusso, mediato, hanno trattato. Lui, dall’alto della sua posizione, fisicamente ma non intellettualmente apicale, ha speso poche parole e ha deciso che si, si poteva fare. Ha alzato il pollice in alto. “I like” e lo spettacolo è cominciato. E’ il segno dei tempi. Una volta si discuteva di trattare con uomini “assassini” e crudeli, uomini che avevano ingaggiato in nome di un popolo inesistente una battaglia contro lo Stato. Oggi si tratta con uomini “arroganti”, uomini che hanno come valore una battaglia contro se stessi e contro la loro terribile solitudine. Nel 1978, a diciannove anni ero per la trattativa, per salvare una vita umana. Oggi, davanti a Genny ‘a carogna, non riesco a trovare le giuste note su un pentagramma terribilmente stonato. Vorrei trattare per uno sport colorato, dove tutti siano avversari durante la competizione e incredibilmente uniti quando si sente il fischio finale. Vorrei poter dire che anche Genny, in fondo, ha le sue motivazioni. Che però non trovo. E che, sinceramente, non riesco a comprendere.