No, non è un film, in questo paese sta succedendo una rivoluzione (anzi, forse è già successa).
Una rivoluzione che ha coinvolto e continua a coinvolgere e logorare le fondamenta di una democrazia. Una rivoluzione che davvero nulla ha a che vedere con le differenze di classe o con le lotte operaie, con il popolo o con un ideale politico, con i grilli o coi forconi.
La trasformazione subita, stillata goccia a goccia per decenni, è forse peggio della peggior dittatura, dove almeno un responsabile lo trovi.
Hanno sventrato la spina dorsale di questo paese, dalla mobilità al welfare, hanno privatizzato le industrie ed aziende più redditizie e caricato sui cittadini le spese per quelle in perdita (facendo acquisire anch'esse ad amici e parenti a prezzi di realizzo) per colpa dei loro fallimenti politici e sociali. Hanno svuotato lo Stato della sua autorevolezza, delle nostre riserve e della sua sovranità. Hanno svuotato la politica dall'etica e dal buon senso e l'hanno vestita di immagini e slogan, fuori tutto liscio, ma sotto cacca e piscio, a valanghe.
E sono ancora tutti lì, irredimibili, a rovesciarci addosso parole urticanti, per quanto false e impertinenti, a decidere ancora loro cosa spartirsi stavolta, cosa regalarsi questo giro, quanto debbano ingrassare le banche e dimagrire gli italiani.
Ci avevamo creduto, che litigassero davvero, sino a che non li abbiamo visti sedere alla stessa mensa, insieme pasteggiare, gozzovigliare, sulle spalle di chi chiudeva bottega strozzato dai debiti e dalle tasse, di chi si suicidava e continua a suicidarsi perché quella luce in fondo al tunnel non la si vede ancora, di chi soffre malattie che non è in condizione di poterle curare, di chi ha creduto in uno stato, nella politica e nelle istituzioni che oggi ci lasciano questa eredità, una rivoluzione della quale in troppi si accorgono sempre troppo tardi.