AVVERTENZE:
è un racconto di pura fantasia, i personaggi e i nomi presenti non hanno responsabilità alcuna per essere finiti negli incubi di Nemo, il quale ha annunciato di non avvalersi ne ora ne' mai di guardie del corpo o affini.
Sapevo benissimo che non sarebbe stata una notte tranquilla, quella dopo una costretta scorpacciata di indigeribili e infiammabili (quanto impersonali) tessere del PD.
Sapevo già che non sarebbe bastata una tisana alla camomilla per garantirmi sonni tranquilli, ma l'ora era tarda e sia il letto che i suoi mostri a fargli da baldacchino erano tutti lì, da affrontare con coraggio.
Mi feci forza, e poggiai la testa sul cuscino sperando che, almeno, sarebbe stata breve la nottata. In effetti, non ci misi molto a prendere sonno, ma non ci misero molto nemmeno gli incubi ad arrivare.
La prima scena dell'incubo, mi proietta in una angusta cucina, al lavello Francesca Barracciu che lava i piatti e un sardista dell'ultim'ora come il Che del Marghine, il mai troppo indifferenziato Maninchedda da Tossilo li sciacqua mentre un altro tale, vestito da Cardinale ma del quale non distinguo nettamente i lineamenti per riconoscerlo, li asciuga non prima di averli annusati, e continua a ripetere: «sanno di super senza piombo, sanno di super senza piombo!» Ad ogni piatto liscio o fondo che sia, ad ogni stoviglia e ogni posata.
Il tutto si svolge in una penombra caravaggesca, poggiata sul tavolo della cacciagione, due allodole e tre allocchi, uno statuto e un codice con tutte le pagine bianche, una bugia con candela accesa, un fiasco di vino vuoto ed una tanica.
Stanca di sentire il cardinale lamentarsi dell'olezzo, Francesca ha un gesto inconsulto, dalle mani insaponate le sfugge il coperchio che stava detergendo che va rovesciare la tanica che a sua volta riversa il suo contenuto sul tavolo e quindi sulla candela. É un attimo, un boato risuona per tutta l'isola e persino sui social net, ora dalla scena sono spariti il Che e il cardinale, Francesca è da sola, col viso annerito ed i capelli bruciacchiati, letteralmente “sparati”.
Cerco di urlarle qualcosa, ma dalla mia bocca non fuoriesce suono, tutto si fa buio, in quel buio cominciano ad apparire degli occhi, un paio, li riconosco quei due, sono quelli di Paolo Fadda, venati di sangue da scoppiare, carichi di astio e di odio per il nemico.
Poi ne appaiono un altro paio, scuri e grandi, curiosi e ingenui, sono quelli di Renato Soru, che prova a dire qualcosa ma la voce non è la sua, è quella di Renzi.
Fadda – o perlomeno i suoi occhi- parlano invece con la voce di Roberto Deriu. Ma entrambi non dicono nulla di comprensibile. Appaiono anche gli occhi di Francesca, sperduti ed impauriti prima, minacciosi e furiosi poi, quasi nevrastenici. Gli occhi di Paolo a destra, quelli di Renato a sinistra ed i suoi in mezzo, più in basso, silenzio. Si guardano tutti in cagnesco, ringhiosi, quando un rumore simile ad un flash al carburo accompagna l'apparizione di un grande occhio, uno solo, all'interno di un triangolo luminoso. Ma è l'occhio di Cabras, ecco chi era il cardinale!
Il grande occhio compie una rapida carrellata generale su quelli sotto, con sguardo severo e salomonico, tanto da farli strabuzzare e sbattere le ciglia più volte. Poi si decide, parla. La voce però, è quella di Thomas Castangia, che esorta tutti ad una riflessione sulla solitudine del maschio di stercoraro dopo l'accoppiamento, gli altri occhi passano dallo spavento allo smarrimento. Di nuovo tutto buio. A tratti appare l'insegna del partito, illuminata come quelle della birra, poi ad un certo punto si fulmina del tutto. Nel buio è un inseguirsi di voci, molte più di quanti non fossero gli occhi apparsi, riconosco nitidamente, anche se con non poca fatica, quella di Gavino Manca, qualcuno chiama a voce alta un tale: "Arturoooooooooo", un'altra ripete ossessivamente quelli di Murgia e di Ganau, mentre altre cinque o sei seguono l'intonazione della riconoscibilissima voce di Silvio Lai che invoca Renzi a suppliche. Di nuovo silenzio. Buio.
Si riaccende come per magia una candela sul tavolo che non è più lo stesso, questo è un tavolo di trattativa, ad uno ad uno, anzi, a due a due si illuminano gli occhi intorno a quel tavolo, è ovale, ora sono tanti, non riconosco tutti e so che è perfettamente inutile attendere che si esprimano, perché tanto, le loro voci, mai corrisponderanno agli occhi.
Poi tutte le voci diventano una, l'occhio del cardinale nel triangolo si accende, ora parla con la voce di un famoso speacker radiofonico, emana la sentenza, gli occhi di Francesca rotolano per terra con urlo lunghissimo: «nooooooooooooooooooooooohhhhhhhh», la voce è quella di Gavino Sale. Tutti gli occhi si scrutano, al posto della candela sul tavolo ora c'è una pistola fumante, fanno tutti finta di non guardarla, il primo che si muove è fottuto.
Proprio in quell'istante appare una figura, longilinea, uno con un grosso codino di riccioli in testa cerca di offrire a tutti un cannone da fumare come calumet della pace, ca@@o!!! Ma quello sono io! Rifiutano tutti (meno male penso), qualcuno mi chiede “E Tore Cherchi?” - Mi guardo intorno smarrito, poi capisco che era uno scherzo, è Ugo Cappellacci alla fine, il vero nome scelto dalla maggioranza dei presenti. Subito esco di scena, scappo, me lo fumerò in un altro sogno...
è un racconto di pura fantasia, i personaggi e i nomi presenti non hanno responsabilità alcuna per essere finiti negli incubi di Nemo, il quale ha annunciato di non avvalersi ne ora ne' mai di guardie del corpo o affini.
Sapevo benissimo che non sarebbe stata una notte tranquilla, quella dopo una costretta scorpacciata di indigeribili e infiammabili (quanto impersonali) tessere del PD.
Sapevo già che non sarebbe bastata una tisana alla camomilla per garantirmi sonni tranquilli, ma l'ora era tarda e sia il letto che i suoi mostri a fargli da baldacchino erano tutti lì, da affrontare con coraggio.
Mi feci forza, e poggiai la testa sul cuscino sperando che, almeno, sarebbe stata breve la nottata. In effetti, non ci misi molto a prendere sonno, ma non ci misero molto nemmeno gli incubi ad arrivare.
La prima scena dell'incubo, mi proietta in una angusta cucina, al lavello Francesca Barracciu che lava i piatti e un sardista dell'ultim'ora come il Che del Marghine, il mai troppo indifferenziato Maninchedda da Tossilo li sciacqua mentre un altro tale, vestito da Cardinale ma del quale non distinguo nettamente i lineamenti per riconoscerlo, li asciuga non prima di averli annusati, e continua a ripetere: «sanno di super senza piombo, sanno di super senza piombo!» Ad ogni piatto liscio o fondo che sia, ad ogni stoviglia e ogni posata.
Il tutto si svolge in una penombra caravaggesca, poggiata sul tavolo della cacciagione, due allodole e tre allocchi, uno statuto e un codice con tutte le pagine bianche, una bugia con candela accesa, un fiasco di vino vuoto ed una tanica.
Stanca di sentire il cardinale lamentarsi dell'olezzo, Francesca ha un gesto inconsulto, dalle mani insaponate le sfugge il coperchio che stava detergendo che va rovesciare la tanica che a sua volta riversa il suo contenuto sul tavolo e quindi sulla candela. É un attimo, un boato risuona per tutta l'isola e persino sui social net, ora dalla scena sono spariti il Che e il cardinale, Francesca è da sola, col viso annerito ed i capelli bruciacchiati, letteralmente “sparati”.
Cerco di urlarle qualcosa, ma dalla mia bocca non fuoriesce suono, tutto si fa buio, in quel buio cominciano ad apparire degli occhi, un paio, li riconosco quei due, sono quelli di Paolo Fadda, venati di sangue da scoppiare, carichi di astio e di odio per il nemico.
Poi ne appaiono un altro paio, scuri e grandi, curiosi e ingenui, sono quelli di Renato Soru, che prova a dire qualcosa ma la voce non è la sua, è quella di Renzi.
Fadda – o perlomeno i suoi occhi- parlano invece con la voce di Roberto Deriu. Ma entrambi non dicono nulla di comprensibile. Appaiono anche gli occhi di Francesca, sperduti ed impauriti prima, minacciosi e furiosi poi, quasi nevrastenici. Gli occhi di Paolo a destra, quelli di Renato a sinistra ed i suoi in mezzo, più in basso, silenzio. Si guardano tutti in cagnesco, ringhiosi, quando un rumore simile ad un flash al carburo accompagna l'apparizione di un grande occhio, uno solo, all'interno di un triangolo luminoso. Ma è l'occhio di Cabras, ecco chi era il cardinale!
Il grande occhio compie una rapida carrellata generale su quelli sotto, con sguardo severo e salomonico, tanto da farli strabuzzare e sbattere le ciglia più volte. Poi si decide, parla. La voce però, è quella di Thomas Castangia, che esorta tutti ad una riflessione sulla solitudine del maschio di stercoraro dopo l'accoppiamento, gli altri occhi passano dallo spavento allo smarrimento. Di nuovo tutto buio. A tratti appare l'insegna del partito, illuminata come quelle della birra, poi ad un certo punto si fulmina del tutto. Nel buio è un inseguirsi di voci, molte più di quanti non fossero gli occhi apparsi, riconosco nitidamente, anche se con non poca fatica, quella di Gavino Manca, qualcuno chiama a voce alta un tale: "Arturoooooooooo", un'altra ripete ossessivamente quelli di Murgia e di Ganau, mentre altre cinque o sei seguono l'intonazione della riconoscibilissima voce di Silvio Lai che invoca Renzi a suppliche. Di nuovo silenzio. Buio.
Si riaccende come per magia una candela sul tavolo che non è più lo stesso, questo è un tavolo di trattativa, ad uno ad uno, anzi, a due a due si illuminano gli occhi intorno a quel tavolo, è ovale, ora sono tanti, non riconosco tutti e so che è perfettamente inutile attendere che si esprimano, perché tanto, le loro voci, mai corrisponderanno agli occhi.
Poi tutte le voci diventano una, l'occhio del cardinale nel triangolo si accende, ora parla con la voce di un famoso speacker radiofonico, emana la sentenza, gli occhi di Francesca rotolano per terra con urlo lunghissimo: «nooooooooooooooooooooooohhhhhhhh», la voce è quella di Gavino Sale. Tutti gli occhi si scrutano, al posto della candela sul tavolo ora c'è una pistola fumante, fanno tutti finta di non guardarla, il primo che si muove è fottuto.
Proprio in quell'istante appare una figura, longilinea, uno con un grosso codino di riccioli in testa cerca di offrire a tutti un cannone da fumare come calumet della pace, ca@@o!!! Ma quello sono io! Rifiutano tutti (meno male penso), qualcuno mi chiede “E Tore Cherchi?” - Mi guardo intorno smarrito, poi capisco che era uno scherzo, è Ugo Cappellacci alla fine, il vero nome scelto dalla maggioranza dei presenti. Subito esco di scena, scappo, me lo fumerò in un altro sogno...