Voglio raccontare una storia. Che non andrebbe raccontata. E neppure vissuta. Potrebbe essere nascosta tra le pieghe della fantasia se non fosse che, invece, parte da una notizia vera. Ve la voglio raccontare per provare a comprendere dove si annida la dignità, dove la giustizia e il futuro. Dentro questa storia non c’è neppure un vincitore. Tutti colpevoli. Dannatamente colpevoli. Anche chi questa storia ve la sta per raccontare. E’ la storia di Deborah, quarant’anni, di Sassari, una ragazza come tante, con qualche difficoltà, come tante, con dei figli da crescere, come tante e da qualche anno viveva in un alloggio popolare nel quartiere di Li Punti, a Sassari. Non trova lavoro Deborah ed è costretta a recarsi in Sicilia, dove qualcuno le ha promesso qualcosa. Starà via due mesi. Lascia la casa, la casa popolare ottenuta grazie alla graduatoria penosa e poco dignitosa, troppo lunga per poter accontentare tutti. Lascia la casa ad una conoscente, anche lei senza un lavoro e senza una casa. In difficoltà, come ce ne sono tanti. Quando ritorna, dopo qualche mese, Deborah non riesce più ad entrare nel proprio appartamento. Hanno cambiato la serratura e quella casa è occupata da altri. Quasi sicuramente la sua conoscente, senza una dignità ben delineata, ha “venduto” per poco, forse per niente, la casa ad altre persone che l’hanno occupata. perché anche loro sono in difficoltà e anche loro sono senza casa. Hanno gettato tutti i mobili, tutti i vestiti, tutti i ricordi di Deborah e le hanno chiuso, letteralmente, la porta in faccia. Deborah, allora, si rivolge alla Questura, ai carabinieri, inscena una protesta e si mette lì, davanti alla porta della sua casa ottenuta legalmente attraverso la graduatoria del comune. Comincerà lo sciopero della fame e decide di continuarlo fino alla morte se qualcuno non le restituisce la propria abitazione. Tutti vanno a sentire le ragioni ma è il Magistrato che deve prendere la decisione, denunciare chi si è impossessato abusivamente della casa e per fare questo ci vuole tempo. Adesso il comune di Sassari ha sistemato Deborah per qualche giorno in un albergo e spera di risolvere velocemente la questione. Probabilmente gli abusivi saranno denunciati, ci sarà la polizia che dovrà occuparsi della cosa e quelle dieci persone resteranno senza casa, in attesa, in sospensione. Sconfitti. E’ una storia terribile, angosciante, una storia da dimenticare, se fosse possibile. Ma non è plausibile girarsi sempre dall’altra parte. Dicevo che abbiamo perso tutti. Ed è vero: noi che facciamo finta di non vedere, noi che non riusciamo a fare un piano abitativo degno di questo nome, noi che non sappiamo più guardare le cose con una visione più normale, più vicino a queste terribili necessità. Perché dico noi? Perché siamo noi, tutti noi ad avere attuato questa politica: chi vota e chi governa. E anche chi non vota e se ne frega. E’ una storia che molti vorrebbero non raccontare, che dentro Facebook non ci fa una bella figura tra i cagnolini e i gattini e i vari “mi piace”. Ma andava raccontata. E ricordata. Chiedete conto, in questi giorni, soprattutto a Sassari a tutti i candidati che vi chiedono il voto: “Ma tu, a la conosci a Deborah?”