Nel 1977, 36 anni fa, il vecchio e austero Don Efisio, insegnante di religione alle scuole medie si rifiutò di celebrare il precetto pasquale a scuola. Argomentò la sua decisione affermando che non sarebbe stato corretto nei confronti di un gruppo di giovani che si professavano comunisti e non credenti. La preside, democristiana come tutti i presidi e bigotta come la maggior parte degli italiani, fu molto stizzita per quella decisione ma l’autorevolezza di Don Efisio le impose di restare tra i ranghi. L’unica obiezione che riuscì a mugugnare, guardando noi con occhi di fuoco, fu: “Bisogna vedere cosa ne pensano i loro genitori”. Don Efisio intervenne prontamente ammonendola che un giovane di dodici anni, per scelte così importanti, è in grado di pensare senza bisogno di genitori, preti e tantomeno presidi. Sorridendo poi fece notare alla preside che Cagliari era piena di chiese per celebrare il precetto pasquale e che volentieri li avrebbe ospitati in Seminario, dove tradizionalmente veniva celebrato il rito per tutte le scuole cagliaritane.
Don Efisio era un prete antico, severo, che vestiva sempre la talare e il cappello nero. A prima vista sembrava uscito dalle buie stanze del Tribunale della Santa Inquisizione ma in realtà era fatto di tutt’altra pasta. Dotato di estrema sensibilità e tolleranza per le diversità delle coscienze e le infinite molteplicità dell’esistenza, improntò il suo insegnamento di religione evitando ogni forma di catechesi. Nei primi due anni le sue lezioni furono un meraviglioso e approfondito viaggio all’interno delle religioni orientali e dei grandi monoteismi; un percorso non meramente storico ma supportato da profonda analisi culturale e teologica. Fu un viaggio affascinante e noi tutti, per un attimo, diventammo prima induisti, poi buddisti, scintoisti, mussulmani, ebrei, atei, agnostici e così via. Ci fece amare tutto! Nel corso della mia vita credo di non aver mai sentito descrizione e analisi più nobile e profonda di quella che fece Don Efisio su ateismo e agnosticismo.
Ecco, penso spesso a lui ogni volta che mi imbatto in storie di integralismi e intolleranze religiose all’interno delle nostre scuole pubbliche ormai a tutti gli effetti multietniche. Di certo nelle sue classi qualsiasi bambino, cinese, musulmano, ebreo, pakistano, africano o maori che fosse, si sarebbe trovato assolutamente a casa sua.
Tornando alle vicende di quei tempi, fummo così lusingati dal suo rifiuto e dalle argomentazioni portate alla preside, che anche noi, bambini sedicenti “comunisti e non credenti”, ci sentimmo in dovere di andare in Seminario insieme a tutti gli altri nel giorno del precetto pasquale. Quando Don Efisio ci vide:
“E voi che ci fate qui?”
“Siamo venuti a festeggiare anche noi l’inizio della primavera, ma a modo nostro” gli dicemmo, mostrandogli un pallone.
Scoppiò a ridere: “Via, via! Non fatevi vedere! Correte giù al campo che voi non lo sapete, ma anche la vostra è una bella preghiera”.
Don Efisio era un prete antico, severo, che vestiva sempre la talare e il cappello nero. A prima vista sembrava uscito dalle buie stanze del Tribunale della Santa Inquisizione ma in realtà era fatto di tutt’altra pasta. Dotato di estrema sensibilità e tolleranza per le diversità delle coscienze e le infinite molteplicità dell’esistenza, improntò il suo insegnamento di religione evitando ogni forma di catechesi. Nei primi due anni le sue lezioni furono un meraviglioso e approfondito viaggio all’interno delle religioni orientali e dei grandi monoteismi; un percorso non meramente storico ma supportato da profonda analisi culturale e teologica. Fu un viaggio affascinante e noi tutti, per un attimo, diventammo prima induisti, poi buddisti, scintoisti, mussulmani, ebrei, atei, agnostici e così via. Ci fece amare tutto! Nel corso della mia vita credo di non aver mai sentito descrizione e analisi più nobile e profonda di quella che fece Don Efisio su ateismo e agnosticismo.
Ecco, penso spesso a lui ogni volta che mi imbatto in storie di integralismi e intolleranze religiose all’interno delle nostre scuole pubbliche ormai a tutti gli effetti multietniche. Di certo nelle sue classi qualsiasi bambino, cinese, musulmano, ebreo, pakistano, africano o maori che fosse, si sarebbe trovato assolutamente a casa sua.
Tornando alle vicende di quei tempi, fummo così lusingati dal suo rifiuto e dalle argomentazioni portate alla preside, che anche noi, bambini sedicenti “comunisti e non credenti”, ci sentimmo in dovere di andare in Seminario insieme a tutti gli altri nel giorno del precetto pasquale. Quando Don Efisio ci vide:
“E voi che ci fate qui?”
“Siamo venuti a festeggiare anche noi l’inizio della primavera, ma a modo nostro” gli dicemmo, mostrandogli un pallone.
Scoppiò a ridere: “Via, via! Non fatevi vedere! Correte giù al campo che voi non lo sapete, ma anche la vostra è una bella preghiera”.