Le manifestazioni con pochi aderenti hanno il loro vantaggio. Con poca gente si riesce a cogliere meglio le voci. Mentre mi aggiro discreta tra le persone, la prima frase interessante che sento è quella di un poliziotto che, guardandosi attorno, mormora tra i denti: “ Ma che cazz’é…?”. I suoi colleghi schierati in fila a pochi metri, senza che ce ne sia troppo bisogno, ci scrutano. Alcuni ridono. Altri, faccia dura e impassibile d’ordinanza. Che cosa sia questa manifestazione, il suo perché, al loro riflessivo collega, potrebbe spiegarlo una signora ucraina che mi sta a fianco e parla con un manifestante: “ Io sono della Crimea … lì per ordine di Kiev ci hanno tolto l’acqua. Un’ amica mi ha detto che la gente si affacciava alla finestra e sparavano contro. Perché la gente non vuole parlare di questo? Se Kiev vuole andare in Europa, che ci vada, ma noi no, non lo vogliamo.”
Altro gruppetto, altra conversazione:
“Ma c’è qualche giornalista italiano?”
Risata e una parola: “Nessuno”.
Tra le categorie non pervenute, quella dei politici di spicco, impegnati molto probabilmente nella propaganda per un’ Europa a cui la gente che è qui non crede più.
Il corteo con in testa donne ucraine e russe che tengono in mano garofani rossi per le vittime di Odessa si avvicina ai poliziotti e chiede di poter avanzare di qualche metro, dopo che un funzionario sgattaiolato fuori dall’edificio dell’ambasciata ci urla: “ Viva l’Ucraina libera!”. Libera e nazista. Una serie di imprecazioni non gliele leva nessuno. Polizia irremovibile, fate il vostro minuto di silenzio e levate il disturbo, grazie.
Inizia lo sgombero e un vecchierello attacca bottone col suo dialetto strettissimo. Mi invento che sia bergamasco perché mi ricorda la parlata degli attori de L’albero degli zoccoli di Olmi:
“ Signorina, non siamo molti ma questo può essere un inizio ”. Gli sorrido: “Speriamo”.
Due ragazzi passano in Smart e ci guardano con aria interrogativa. Vedono la bandiera rossa e il guidatore si lascia allora andare, con aria soddisfatta: “Viva Hitler”. Del resto siamo pur sempre ai Parioli.