Salvare l’agricoltura dalle voraci fauci delle lobby rinserrate nella casamatta di Bruxelles non significa salvare un comparto produttivo, ma salvare la ragione stessa dell’Europa la cui idea in origine nacque proprio dalla necessità di sfamare 50 milioni di cittadini sopravvissuti alla follia della seconda guerra mondiale. L’agricoltura oggi è il cuore del problema dell’Europa e non può essere risolto se non si affronta con visione nuova, con visione olistica la questione. L’agricoltura è tema non risolto, un pezzo grande della crisi, la genitrice di molti dei problemi attuali.
La Sardegna dovrà scrivere a breve il nuovo PSR (Piano di Sviluppo Rurale) 2014-2020. Bene, qui bisogna concentrare il massimo delle risorse e delle speranze per far ripartire l’economia della nostra regione. Se vogliamo uscire della crisi, bisogna dare il massimo sostegno all'agricoltura per guarire dalla più grave crisi economica e sociale della storia moderna. Il ritorno alla terra come punto di partenza verso un nuovo sviluppo, che restituisca ai contadini la capacità di poter vivere del proprio lavoro. Ai contadini hanno tolto tutto, la dignità prima di ogni altra cosa, sono l’unico soggetto che non fa i prezzi sul mercato, perché il mercato è delle grandi catene che comprano nell’altro capo del mondo, affamando oltre noi l’Africa, l’America latina e tanti ancora. In Gallura l'80% dei prodotti alimentari consumati ogni hanno dagli oltre 3 milioni di turisti durante l'estate sono di provenienza esterna, non locale, non regionale. Quando mai a questa stortura non possa esservi rimedio! Non c'è futuro se non si recupera il rapporto fondante fra uomo e terra, fra campagna e aree urbanizzate. Il contadino non è solo colui che coltiva la terra o alleva animali, ma è colui che cura il territorio, ne previene il dissesto, ne esalta la bellezza. E tutto questo lavoro non lo paga nessuno, non certo quei miseri centesimi di euro per le sue verdure. E' la politica che deve dare risposte: è una questione maledettamente politica. Rimoviamo chi non denuncia questa corruzione e alle prossime imminenti elezioni facciamo gli esami ai candidati al Consiglio regionale. Socrate diceva che chi non sa quanto costano i cereali non può fare politica.
Dalla crisi se ne esce a condizione che si cambino i paradigmi su cui si è costruito il nostro sviluppo economico. E il primo paradigma da cambiare è che bisogna tornare al nostro elemento primo, cioè la terra. L’agricoltura ha bisogno di radicali riforme, la prima e che deve essere facilitato chi la terra la lavora e non le company dell’agro-alimentare; quindi va cambiato il sistema di distribuzione dei prodotti, si deve tornare alla dimensione locale, i territori devono poter consumare le proprie produzioni, cosa che oggi questo viene impedito. Basta timbri inutili e fasulli; basta paletti, basta ai mille pretesti.
Recuperare la dimensione locale, come per la cultura, vuol dire riattivare i processi produttivi sul proprio territorio, ma bisogna ritrovare la conoscenza degli antichi saperi, il patrimonio di buone pratiche e le esperienze accumulate in secoli di storia, perché recuperando questa dimensione si recupera la sovranità alimentare. Tradizione e innovazione, agricoltura e cultura potrebbero essere i nuovi paradigmi sui cui riavviare l’economia della Sardegna. Questa è la nostra nuova frontiera. La riconquista della sovranità alimentare consentirà di uscire dalla disastrosa situazione in cui questa crisi ci ha cacciati. Siamo a Natale, compriamo prodotti locali, per quanto possibile.
Mangiare è un atto politico, manifestazione della propria identità.
La Sardegna dovrà scrivere a breve il nuovo PSR (Piano di Sviluppo Rurale) 2014-2020. Bene, qui bisogna concentrare il massimo delle risorse e delle speranze per far ripartire l’economia della nostra regione. Se vogliamo uscire della crisi, bisogna dare il massimo sostegno all'agricoltura per guarire dalla più grave crisi economica e sociale della storia moderna. Il ritorno alla terra come punto di partenza verso un nuovo sviluppo, che restituisca ai contadini la capacità di poter vivere del proprio lavoro. Ai contadini hanno tolto tutto, la dignità prima di ogni altra cosa, sono l’unico soggetto che non fa i prezzi sul mercato, perché il mercato è delle grandi catene che comprano nell’altro capo del mondo, affamando oltre noi l’Africa, l’America latina e tanti ancora. In Gallura l'80% dei prodotti alimentari consumati ogni hanno dagli oltre 3 milioni di turisti durante l'estate sono di provenienza esterna, non locale, non regionale. Quando mai a questa stortura non possa esservi rimedio! Non c'è futuro se non si recupera il rapporto fondante fra uomo e terra, fra campagna e aree urbanizzate. Il contadino non è solo colui che coltiva la terra o alleva animali, ma è colui che cura il territorio, ne previene il dissesto, ne esalta la bellezza. E tutto questo lavoro non lo paga nessuno, non certo quei miseri centesimi di euro per le sue verdure. E' la politica che deve dare risposte: è una questione maledettamente politica. Rimoviamo chi non denuncia questa corruzione e alle prossime imminenti elezioni facciamo gli esami ai candidati al Consiglio regionale. Socrate diceva che chi non sa quanto costano i cereali non può fare politica.
Dalla crisi se ne esce a condizione che si cambino i paradigmi su cui si è costruito il nostro sviluppo economico. E il primo paradigma da cambiare è che bisogna tornare al nostro elemento primo, cioè la terra. L’agricoltura ha bisogno di radicali riforme, la prima e che deve essere facilitato chi la terra la lavora e non le company dell’agro-alimentare; quindi va cambiato il sistema di distribuzione dei prodotti, si deve tornare alla dimensione locale, i territori devono poter consumare le proprie produzioni, cosa che oggi questo viene impedito. Basta timbri inutili e fasulli; basta paletti, basta ai mille pretesti.
Recuperare la dimensione locale, come per la cultura, vuol dire riattivare i processi produttivi sul proprio territorio, ma bisogna ritrovare la conoscenza degli antichi saperi, il patrimonio di buone pratiche e le esperienze accumulate in secoli di storia, perché recuperando questa dimensione si recupera la sovranità alimentare. Tradizione e innovazione, agricoltura e cultura potrebbero essere i nuovi paradigmi sui cui riavviare l’economia della Sardegna. Questa è la nostra nuova frontiera. La riconquista della sovranità alimentare consentirà di uscire dalla disastrosa situazione in cui questa crisi ci ha cacciati. Siamo a Natale, compriamo prodotti locali, per quanto possibile.
Mangiare è un atto politico, manifestazione della propria identità.