C’è che io mi sono sempre interrogata sulle mansioni della segreteria di un partito.
Poi è capitato che, qualche anno fa, a ridosso delle elezioni comunali, un tale con discreto peso specifico nella politica locale mi dice:
- Asco’, perché non ti candidi? –
E io, che non avevo mai preso in considerazione ‘sta cosa, gli rispondo:
- Ma sei matto? Perché dovrei? –
E lui fruga in tasca e, lì per lì, tira fuori due complimenti abbastanza generici e poco circostanziati, di quelli come un tubino nero, che si possono sfruttare in ogni occasione e me li butta addosso. Senza nemmeno prendere la mira.
E io gli dico:
- Ma guarda che tu non puoi chiedere ad un tifoso che ha sempre guardato le partite non dico dagli spalti, ma dal divano di casa sua, con una birra in mano e il rutto libero, di partecipare ad un campionato di serie C.
E allora lui decide che mi vuole in segreteria, perché mi reputa portatrice di idee.
Da quel preciso istante, agli interrogativi che rimbalzavano nella mia mente, si è aggiunto anche quello di quali idee portare in segreteria.
E poi ci sono entrata davvero in quella segreteria, ma per parecchio tempo sono rimasta zitta zitta ad osservare, ché io devo capire le cose prima di pronunciarmi.
In quei mesi la segreteria si riuniva spesso, programmava, convocava assemblee, chiudeva buste, scriveva indirizzi, leccava francobolli… anche se poi a quelle assemblee ci veniva poca pochissima gente.
Stessa cosa per le riunioni del Direttivo.
E sempre le stesse persone.
E poi parlavamo fra noi, analizzavamo problemi, delineavamo iniziative che raramente avevano una platea ad ascoltarle.
E poi convocavamo gli eletti e qualcuno veniva, qualcun altro no, ché c’aveva cose più importanti da fare e qualche altro ancora nemmeno rispondeva al telefono. Che secondo me se avessimo chiamato col numero del mittente nascosto avrebbe risposto, ma questa cosa è solo un’impressione che ho sempre tenuto per me.
E il segretario, poverino, si era anche posto il problema di essere poco autorevole.
E gli dicevo:
- Io, semmai, devo essere autorevole coi miei alunni che sono adolescenti. Ma questi già sono adulti, già! –
Poi, noi della segreteria, ci siamo rotti un po’ i coglioni di quest’andazzo e abbiamo dato le dimissioni in massa.
Quindi, in seguito ad un congresso, si è formata una nuova segreteria e un nuovo Direttivo.
E così io sono transitata da un organismo all’altro, ma quando vedevo i membri della nuova segreteria mi dicevo “poverini, troveranno le nostre stesse difficoltà!”.
Ma loro sembravano pieni di ardimento e di buone intenzioni, volevano coinvolgere la base, ascoltare gli iscritti, farsi portavoce delle loro istanze, lavorare insieme a loro. Dicevano.
Poi è capitato che un assessore si è dimesso, per motivi suoi, e andava rimpiazzato. Allora ho pensato che la nuova segreteria, a brevissimo, avrebbe convocato un’assemblea per scegliere l’eventuale designato e poi avrebbe convocato un Direttivo per ratificare la decisione.
E invece una mattina mi chiama una persona e mi dice:
- Sai che Tizia, Caio, Sempronio e Tal Altro dalla segreteria del partito poco fa sono andati a proporre al Sindaco il nome del nuovo assessore? –
Ma guarda che non è possibile – dico io – che in partito non se n’è manco parlato.
E ‘sta persona ribadisce:
- Il nome è stato fatto quale indicazione del partito! –
Però, forse per mettere una pezza alla cosa, dopo qualche giorno viene convocato un Direttivo per ratificare un nome venuto fuori dal nulla durante un’assemblea che non si è fatta.
E io ci sono rimasta male e devo dire che mi sono molto meravigliata, come si stupirebbero i miei alunni se io li interrogassi e dessi loro un voto per una lezione che devo spiegare la settimana successiva. Come si meraviglierebbe un manovale se il capocantiere gli dicesse di iniziare a costruire la casa dal tetto.
Quindi, un po’ come Mina, ho detto “Non gioco più, me ne vado” ed ho preparato una lettera di dimissioni, che sarebbe passata abbastanza inosservata se fosse rimasta privata, fra me e il partito; ma io ho pensato che certe cose è meglio che si sappiano, perché non mi piace mettere la polvere sotto il tappeto. Così ho deciso di dare la lettera ai giornali e, tempo 48 ore, il mio faccione e quello di un’altra dimissionaria campeggiavano sulla cronaca cittadina dei due quotidiani sardi.
La segreteria, solerte, si è affrettata a dichiararsi dispiaciuta e liquidare l’accaduto come “un equivoco”. Che poi a me i dubbi vengono su tante cose, ma la lingua italiana è la mia professione ed in questo campo qualche certezza ce l’ho: “equivoco” significa ciò che può essere inteso in due modi diversi.
L’altro modo, eventualmente corretto, di intendere il tutto la segreteria mica me l’ha mai spiegato.
A quel punto il problema principale è diventato individuare La Talpa. E tutti si davano un gran daffare per scoprire da chi io attingessi informazioni.
E io pensavo tra me e me:
- Ma perché non si rispettano le regole e le procedure? Ché così le talpe cessano di essere una preoccupazione! -
E per questa cosa ci ridevo un po’ sotto i baffi… ma anche no.
Perché a pensarci bene, dietro quella risatina, c’era tanta tristezza per queste dinamiche “creative” che temo si riscontrino a tutti i livelli della politica.
Con sempre più gente che vuole tagliarsi le unghie dei piedi senza nemmeno levarsi le scarpe.
Poi è capitato che, qualche anno fa, a ridosso delle elezioni comunali, un tale con discreto peso specifico nella politica locale mi dice:
- Asco’, perché non ti candidi? –
E io, che non avevo mai preso in considerazione ‘sta cosa, gli rispondo:
- Ma sei matto? Perché dovrei? –
E lui fruga in tasca e, lì per lì, tira fuori due complimenti abbastanza generici e poco circostanziati, di quelli come un tubino nero, che si possono sfruttare in ogni occasione e me li butta addosso. Senza nemmeno prendere la mira.
E io gli dico:
- Ma guarda che tu non puoi chiedere ad un tifoso che ha sempre guardato le partite non dico dagli spalti, ma dal divano di casa sua, con una birra in mano e il rutto libero, di partecipare ad un campionato di serie C.
E allora lui decide che mi vuole in segreteria, perché mi reputa portatrice di idee.
Da quel preciso istante, agli interrogativi che rimbalzavano nella mia mente, si è aggiunto anche quello di quali idee portare in segreteria.
E poi ci sono entrata davvero in quella segreteria, ma per parecchio tempo sono rimasta zitta zitta ad osservare, ché io devo capire le cose prima di pronunciarmi.
In quei mesi la segreteria si riuniva spesso, programmava, convocava assemblee, chiudeva buste, scriveva indirizzi, leccava francobolli… anche se poi a quelle assemblee ci veniva poca pochissima gente.
Stessa cosa per le riunioni del Direttivo.
E sempre le stesse persone.
E poi parlavamo fra noi, analizzavamo problemi, delineavamo iniziative che raramente avevano una platea ad ascoltarle.
E poi convocavamo gli eletti e qualcuno veniva, qualcun altro no, ché c’aveva cose più importanti da fare e qualche altro ancora nemmeno rispondeva al telefono. Che secondo me se avessimo chiamato col numero del mittente nascosto avrebbe risposto, ma questa cosa è solo un’impressione che ho sempre tenuto per me.
E il segretario, poverino, si era anche posto il problema di essere poco autorevole.
E gli dicevo:
- Io, semmai, devo essere autorevole coi miei alunni che sono adolescenti. Ma questi già sono adulti, già! –
Poi, noi della segreteria, ci siamo rotti un po’ i coglioni di quest’andazzo e abbiamo dato le dimissioni in massa.
Quindi, in seguito ad un congresso, si è formata una nuova segreteria e un nuovo Direttivo.
E così io sono transitata da un organismo all’altro, ma quando vedevo i membri della nuova segreteria mi dicevo “poverini, troveranno le nostre stesse difficoltà!”.
Ma loro sembravano pieni di ardimento e di buone intenzioni, volevano coinvolgere la base, ascoltare gli iscritti, farsi portavoce delle loro istanze, lavorare insieme a loro. Dicevano.
Poi è capitato che un assessore si è dimesso, per motivi suoi, e andava rimpiazzato. Allora ho pensato che la nuova segreteria, a brevissimo, avrebbe convocato un’assemblea per scegliere l’eventuale designato e poi avrebbe convocato un Direttivo per ratificare la decisione.
E invece una mattina mi chiama una persona e mi dice:
- Sai che Tizia, Caio, Sempronio e Tal Altro dalla segreteria del partito poco fa sono andati a proporre al Sindaco il nome del nuovo assessore? –
Ma guarda che non è possibile – dico io – che in partito non se n’è manco parlato.
E ‘sta persona ribadisce:
- Il nome è stato fatto quale indicazione del partito! –
Però, forse per mettere una pezza alla cosa, dopo qualche giorno viene convocato un Direttivo per ratificare un nome venuto fuori dal nulla durante un’assemblea che non si è fatta.
E io ci sono rimasta male e devo dire che mi sono molto meravigliata, come si stupirebbero i miei alunni se io li interrogassi e dessi loro un voto per una lezione che devo spiegare la settimana successiva. Come si meraviglierebbe un manovale se il capocantiere gli dicesse di iniziare a costruire la casa dal tetto.
Quindi, un po’ come Mina, ho detto “Non gioco più, me ne vado” ed ho preparato una lettera di dimissioni, che sarebbe passata abbastanza inosservata se fosse rimasta privata, fra me e il partito; ma io ho pensato che certe cose è meglio che si sappiano, perché non mi piace mettere la polvere sotto il tappeto. Così ho deciso di dare la lettera ai giornali e, tempo 48 ore, il mio faccione e quello di un’altra dimissionaria campeggiavano sulla cronaca cittadina dei due quotidiani sardi.
La segreteria, solerte, si è affrettata a dichiararsi dispiaciuta e liquidare l’accaduto come “un equivoco”. Che poi a me i dubbi vengono su tante cose, ma la lingua italiana è la mia professione ed in questo campo qualche certezza ce l’ho: “equivoco” significa ciò che può essere inteso in due modi diversi.
L’altro modo, eventualmente corretto, di intendere il tutto la segreteria mica me l’ha mai spiegato.
A quel punto il problema principale è diventato individuare La Talpa. E tutti si davano un gran daffare per scoprire da chi io attingessi informazioni.
E io pensavo tra me e me:
- Ma perché non si rispettano le regole e le procedure? Ché così le talpe cessano di essere una preoccupazione! -
E per questa cosa ci ridevo un po’ sotto i baffi… ma anche no.
Perché a pensarci bene, dietro quella risatina, c’era tanta tristezza per queste dinamiche “creative” che temo si riscontrino a tutti i livelli della politica.
Con sempre più gente che vuole tagliarsi le unghie dei piedi senza nemmeno levarsi le scarpe.