I ricci nel golfo di Cagliari sono praticamente estinti, e i pescatori cagliaritani stanno invadendo la zona di pesca dei colleghi oristanesi, i quali, ovviamente, reagiscono. Ci sono stati già scontri, feriti, minacce gravi. Le Forze dell’Ordine sono nella massima allerta e presidiano i luoghi di contatto.
La tensione è alle stelle, si teme il peggio.
Come si è giunti a questa situazione, che è nello stesso tempo una catastrofe ecologica e sociale?
I ricci di mare non sono solo quella cosa spinosa che ci punge i piedi al mare o la prelibatezza che degustiamo in ristorante. Essi sono un fondamentale elemento dell’ecologia marina. Diverse specie di pesci della famiglia degli sparidi, come saraghi ed orate, se ne nutrono, e quindi tutta la catena alimentare marina soffre della contrazione dell’echinoderma.
Da alcuni anni la Regione sarda, a causa del dilagare dell’abusivismo nella pesca del prelibato animale, l’ha regolamentata con delle norme e un calendario, che fissa misure, modi e tempi. Si può pescare da novembre a maggio purché in regola con tutte le autorizzazioni, non più di 3000 ricci a coppia (pescatore più assistente). Mentre ai dilettanti vige il limite di 50 ricci, il tanto per una spaghettata. Inoltre non si possono pescare ricci sottomisura, immaturi, meno di 5 centimetri.
Queste regole si sono rivelate del tutto inadeguate a tutelare la risorsa, come un conto molto semplice, matematico, è stato fatto. Oltre ai pescatori specializzati nei ricci vi sono anche i pescatori subacquei professionisti. A questi si aggiungono gli abusivi, quelli che non pagano le tasse, che in una certa percentuale sfuggono al controllo, che il mare è grande. Infine si aggiungono i tanti dilettanti. Un numero spropositato di pescatori ogni giorno razziano l’echinoderma che, come noto, è piuttosto lento alla fuga.
Nel frattempo è esplosa la ricciomania a Cagliari e altri posti. Una tradizione sempre esistita, quella della degustazione col vinello, il pane e il limone, ma che, nell’ultimo periodo, si è trasformata in una sorta di moda rustico-chic. I chioschi del Poetto, specie nelle belle giornate, sono presi d’assalto. E ciò ha ingenerato l’aumento della domanda del prodotto, anche nei ristoranti e nei negozi di specialità.
Ci sono stati degli studi per verificare il carico della risorsa? Evidentemente no. E se ci sono stati erano sbagliati. Evidentemente. Oppure non sono stati rispettati, evidentemente. Spesso la politica non sa dire di no. Dire di no significa impopolarità, contestazioni, ripercussioni negative nei media e di conseguenza alle elezioni. Ma ogni tanto, dato che è il suo mestiere, anche al politico è dato di dire di no. In questo caso, le autorizzazioni concesse, e le quantità consentite, sono sovradimensionate, praticamente follia pura.
Nel dire sempre di si, il politico si rende simpatico, appare buonista, ma poi crea danni devastanti. Uno degli ambiti in cui il politico accontenta l’elettore è la caccia, ad esempio. Regolarmente, tutti gli anni, il calendario venatorio viene cassato dai giudici per delle norme illegittime, fatte per accontentare i cacciatori. E chi ci rimette è l'ambiente, come sempre. Poi viene il dramma della peste suina. Altro ambito dove non si riesce, a quanto pare, a dire di no. Finché ci saranno i rimborsi per i suini morti di peste, il problema non si risolverà, con gravi danni per una delle più produttive filiere dell’agro-alimentare sardo. Ma questo lo sanno tutti, è chiaro a tutti, ormai. Infine, lasciamo costruire dappertutto, anche lungo il corso dei torrenti. Ma di questo ne abbiamo già parlato, ultimamente, anche troppo.
Purtroppo.
Ma nessuno ha il coraggio di dire di no.
Oggi va di moda la politica del sorriso, del dialogo, della pacca sulla spalla. La Sardegna che sorride. Nel frattempo, i pescatori, alla quale non si è saputo dire di no, si ammazzano tra di loro.
La tensione è alle stelle, si teme il peggio.
Come si è giunti a questa situazione, che è nello stesso tempo una catastrofe ecologica e sociale?
I ricci di mare non sono solo quella cosa spinosa che ci punge i piedi al mare o la prelibatezza che degustiamo in ristorante. Essi sono un fondamentale elemento dell’ecologia marina. Diverse specie di pesci della famiglia degli sparidi, come saraghi ed orate, se ne nutrono, e quindi tutta la catena alimentare marina soffre della contrazione dell’echinoderma.
Da alcuni anni la Regione sarda, a causa del dilagare dell’abusivismo nella pesca del prelibato animale, l’ha regolamentata con delle norme e un calendario, che fissa misure, modi e tempi. Si può pescare da novembre a maggio purché in regola con tutte le autorizzazioni, non più di 3000 ricci a coppia (pescatore più assistente). Mentre ai dilettanti vige il limite di 50 ricci, il tanto per una spaghettata. Inoltre non si possono pescare ricci sottomisura, immaturi, meno di 5 centimetri.
Queste regole si sono rivelate del tutto inadeguate a tutelare la risorsa, come un conto molto semplice, matematico, è stato fatto. Oltre ai pescatori specializzati nei ricci vi sono anche i pescatori subacquei professionisti. A questi si aggiungono gli abusivi, quelli che non pagano le tasse, che in una certa percentuale sfuggono al controllo, che il mare è grande. Infine si aggiungono i tanti dilettanti. Un numero spropositato di pescatori ogni giorno razziano l’echinoderma che, come noto, è piuttosto lento alla fuga.
Nel frattempo è esplosa la ricciomania a Cagliari e altri posti. Una tradizione sempre esistita, quella della degustazione col vinello, il pane e il limone, ma che, nell’ultimo periodo, si è trasformata in una sorta di moda rustico-chic. I chioschi del Poetto, specie nelle belle giornate, sono presi d’assalto. E ciò ha ingenerato l’aumento della domanda del prodotto, anche nei ristoranti e nei negozi di specialità.
Ci sono stati degli studi per verificare il carico della risorsa? Evidentemente no. E se ci sono stati erano sbagliati. Evidentemente. Oppure non sono stati rispettati, evidentemente. Spesso la politica non sa dire di no. Dire di no significa impopolarità, contestazioni, ripercussioni negative nei media e di conseguenza alle elezioni. Ma ogni tanto, dato che è il suo mestiere, anche al politico è dato di dire di no. In questo caso, le autorizzazioni concesse, e le quantità consentite, sono sovradimensionate, praticamente follia pura.
Nel dire sempre di si, il politico si rende simpatico, appare buonista, ma poi crea danni devastanti. Uno degli ambiti in cui il politico accontenta l’elettore è la caccia, ad esempio. Regolarmente, tutti gli anni, il calendario venatorio viene cassato dai giudici per delle norme illegittime, fatte per accontentare i cacciatori. E chi ci rimette è l'ambiente, come sempre. Poi viene il dramma della peste suina. Altro ambito dove non si riesce, a quanto pare, a dire di no. Finché ci saranno i rimborsi per i suini morti di peste, il problema non si risolverà, con gravi danni per una delle più produttive filiere dell’agro-alimentare sardo. Ma questo lo sanno tutti, è chiaro a tutti, ormai. Infine, lasciamo costruire dappertutto, anche lungo il corso dei torrenti. Ma di questo ne abbiamo già parlato, ultimamente, anche troppo.
Purtroppo.
Ma nessuno ha il coraggio di dire di no.
Oggi va di moda la politica del sorriso, del dialogo, della pacca sulla spalla. La Sardegna che sorride. Nel frattempo, i pescatori, alla quale non si è saputo dire di no, si ammazzano tra di loro.