Quando ci si incontra tra conoscenti, per strada o altrove, in genere, si saluta: “ciao come stai?”. È la prima frase, d’obbligo. Poi, per rompere l’imbarazzo, specie se la confidenza è poco più che formale, si parla del tempo. Notatelo. Quando si saluta un persona, la prima cosa che si fa, dopo i primissimi convenevoli, è parlare del tempo. Bella giornata vero? Oppure: che tempaccio! Oggi è bello, oggi è brutto, domani chissà, le previsioni hanno detto che. Il tempo, da questo punto di vista, non delude, ci attornia in ugual modo, restando però discreto, lontano, non interferisce con nessuna intimità, è discreto. Persino il “come stai?”, in realtà, non è vero, è automatico, è una frase idiomatica, alla quale si risponde con un non senso, il più delle volte: bene, grazie. Perché altrimenti diventerebbe frase indiscreta, perniciosa, da dire soltanto in determinate, delicate circostanze ben calibrate. Parlando del tempo, dunque, con una persona conosciuta, si va sul sicuro, che interessa a tutti e tutti ne possono dire, ma senza entrare nell’intimo, senza mettere in discussione la salute, l’umore, le cose personali dell’interlocutore. Ecco perché il tempo ci offre il primo gradino della confidenza, ci fornisce la gradualità dell’approccio. Poi arrivano tragedie immense come quella delle Filippine, di cui, di questi tempi, non si vorrebbe parlare. E’ periodo di troppe tragedie, di troppe disgrazie, di troppa puntuale informazione, e l’assuefazione diventa il nemico della sensazione. Così diecimila morti, e una tragedia immensa, finisce come importanza mediatica, oggi, dopo la cronaca locale e l’indefesso teatrino della politica. Che diecimila morti, e centinaia di migliaia di sfollati, detto così, è solo una statistica, per fortuna. Perché se conoscessimo la storia di ognuna di quelle persone, e dei loro cari, il cuore non reggerebbe allo strazio. Giungono tragedie come questa, provocata da un uragano, e ti domandi se davvero, il tempo, oggi, è destino e natura, e non, invece, l’insensato prodotto di processi fisici e chimici provocati da industrie inquinanti, riscaldamento domestico, allevamenti intensivi, scarico delle auto, disboscamento selvaggio, e così via. Nel dubbio, ti domandi se oggi, ancora, il tempo può essere il paradigma della neutralità, dell’approccio sereno e graduale tra uomini, e non invece la sostanza di ogni maledizione, disgrazia e inverecondo peccato commesso dallo strapotere ignorante e ineffabile dell’umanità.