Monti Russu è una delle località più belle e sensibili della nostra meravigliosa Sardegna. E’ un promontorio ricoperto di macchia mediterranea che taglia in due una lunga teoria di spiagge e rocce priva di edificazione alcuna per svariati chilometri, tra Santa Teresa e Portobello di Gallura. Alla base di questo promontorio vi è una lunga spiaggia, con piccolo stagno retrodunale, e ancora dietro vi vegetano ampie distese di macchia mediterranea e di preziose composizioni floristiche.
L’area è sottoposta a vincolo paesaggistico per decreto ministeriale (la tipologia di vincolo più restrittiva), in quanto facente parte dell’agro di Aglientu, caratterizzato da spettacolari terrazzamenti panoramici che dall’entroterra montuoso della Gallura interna degradano verso il mare. In particolare, la zona costiera che si trova tra la strada provinciale e la costa, è protetta come Sito di Interesse Comunitario, per la caratteristiche floristiche e faunistiche. Un paradiso, insomma, riconosciuto da tutti.
Eppure, da molti anni, uno spettro si aggira tra le dune di sabbia fiorite di giglio marino e rosa di mare, volteggia sopra la steppa ricoperta dal profumato elicriso, aleggia tra i macchioni di ginepro, mirto e lentisco, e si insinua lungo gli stretti e ripidi corsi d’acqua, popolati di ninfe acquatiche e piccole tartarughe d’acqua dolce, che discendono da quelle terrazze montuose. E’ lo spettro di una colata di cemento, il progetto di un villaggio turistico di migliaia di metri cubi della società dell’altro villaggio turistico che si trova a monte della strada provinciale. Uno di quei villaggi turistici che si trascina tra mille problemi e che di posti di lavoro per i residenti ne ha creati ben pochi.
Negli anni ’90, quelli dei vecchi Piani Paesaggistici, poi cassati dai giudici perché invece di gestire il vincolo lo derogavano, e che comunque un minimo di tutela lo garantivano, gli speculatori, allora ben sorretti dalla politica delle varie giunte regionali, soprattutto di centrodestra, erano riusciti a trovare una bella maglia larga nella normativa, per potervi riversare mattoni e cemento. Quel piano paesaggistico, infatti, con le sue vecchie “zonizzazioni”, prevedeva per la nostra località solo “limitatissime volumetrie”, con un rinvio ad una circolare esplicativa per tradurre nel concreto quella ed altre definizioni. Circolare che, ovviamente, non fu mai diramata. Morale della favola, la Regione approvò in quell’area un villaggio turistico di ben 26 mila metri cubi, un vecchio progetto mai portato a termine, ovvero il secondo lotto di urbanizzazione del villaggio citato. Per una volta i sardi si ribellarono e formarono un comitato per la salvezza della località, comitato sostenuto da personaggi della cultura sarda e anche nazionale. Alcuni funzionari del Corpo Forestale si opposero nelle varie riunioni di servizio convocate presso gli uffici regionali, e la Procura della Repubblica di Tempio Pausania finì per aprire una inchiesta su quella interpretazione così leggera che gli uffici urbanistici regionali davano dei vecchi piani paesaggistici.
Ma un momento di vero panico si visse nel 2004, quando i giudici cassarono i piani paesaggistici. Si disse che gli speculatori e i loro amici alla notizia brindarono. Cioè i giudici annullarono i piani paesaggistici perché poco severi, ma facendo ciò crearono un vuoto normativo, proprio perché la Giunta Regionale di centro destra nulla fece per tamponare quella falla. Figurati.
Per fortuna (del nostro bel promontorio) la nuova Giunta Regionale di centrosinistra, guidata da Renato Soru, emanò subito la norma di salvaguardia, la famosa legge “salvacoste”, con l’attivazione della procedura per l’emanazione del Piano Paesaggistico, diretta emanazione del Codice dei Beni Culturali. La Sardegna fu la prima regione italiana a dotarsi del Piano Paesaggistico, un primato di cui essere fieri. A prescindere poi dalle polemiche e dal gradimento suscitato da quel piano, comunque perfettibile ma indiscutibilmente all’avanguardia in Europa, esso fermò quella vergognosa speculazione grazie ad un codicillo, soprannominato proprio “salvamontirussu”, che vietava la costruzione di quei progetti che non avevano avviato le opere di urbanizzazione.
Ora, naturalmente, con l’annuncio del nuovo PPS, lo spettro del cemento ritorna sul nostro paradiso.
Per quanto esso possa essere considerato come una delle tante trovate propagandistiche della giunta Cappellacci, rimane quella paura legata alle fasi di transizione ed a quei vuoti normativi che spesso consentono agli scaltri di approfittarne. Infatti l’emanazione di un nuovo Piano Paesaggistico, per quanto del tutto illegittimo, potrebbe gettare nella totale confusione gli uffici urbanistici centrali e periferici, ed a quel punto il rischio sarebbe di vedersi travolti da interpretazioni normative tanto estemporanee quanto discrezionali, prima che tutto venga riportato alla normalità. Tale timore è alimentato anche da una notizia degna di fede la quale, se confermata, aprirebbe scabrosi scenari su quell’intreccio tra speculatori sempre ben informati e politica del “fare” (danni). La notizia riguarda il passaggio di proprietà, da una banca della “Padania”, ad un gruppo immobiliare sardo molto ben addentro ai meccanismi del potere, del villaggio turistico proprietario dei terreni in questione.
In questo caldo autunno, il nostro promontorio sembra dormire placido il sonno dei giusti. Speriamo che i nostri incubi non lo sveglino.
L’area è sottoposta a vincolo paesaggistico per decreto ministeriale (la tipologia di vincolo più restrittiva), in quanto facente parte dell’agro di Aglientu, caratterizzato da spettacolari terrazzamenti panoramici che dall’entroterra montuoso della Gallura interna degradano verso il mare. In particolare, la zona costiera che si trova tra la strada provinciale e la costa, è protetta come Sito di Interesse Comunitario, per la caratteristiche floristiche e faunistiche. Un paradiso, insomma, riconosciuto da tutti.
Eppure, da molti anni, uno spettro si aggira tra le dune di sabbia fiorite di giglio marino e rosa di mare, volteggia sopra la steppa ricoperta dal profumato elicriso, aleggia tra i macchioni di ginepro, mirto e lentisco, e si insinua lungo gli stretti e ripidi corsi d’acqua, popolati di ninfe acquatiche e piccole tartarughe d’acqua dolce, che discendono da quelle terrazze montuose. E’ lo spettro di una colata di cemento, il progetto di un villaggio turistico di migliaia di metri cubi della società dell’altro villaggio turistico che si trova a monte della strada provinciale. Uno di quei villaggi turistici che si trascina tra mille problemi e che di posti di lavoro per i residenti ne ha creati ben pochi.
Negli anni ’90, quelli dei vecchi Piani Paesaggistici, poi cassati dai giudici perché invece di gestire il vincolo lo derogavano, e che comunque un minimo di tutela lo garantivano, gli speculatori, allora ben sorretti dalla politica delle varie giunte regionali, soprattutto di centrodestra, erano riusciti a trovare una bella maglia larga nella normativa, per potervi riversare mattoni e cemento. Quel piano paesaggistico, infatti, con le sue vecchie “zonizzazioni”, prevedeva per la nostra località solo “limitatissime volumetrie”, con un rinvio ad una circolare esplicativa per tradurre nel concreto quella ed altre definizioni. Circolare che, ovviamente, non fu mai diramata. Morale della favola, la Regione approvò in quell’area un villaggio turistico di ben 26 mila metri cubi, un vecchio progetto mai portato a termine, ovvero il secondo lotto di urbanizzazione del villaggio citato. Per una volta i sardi si ribellarono e formarono un comitato per la salvezza della località, comitato sostenuto da personaggi della cultura sarda e anche nazionale. Alcuni funzionari del Corpo Forestale si opposero nelle varie riunioni di servizio convocate presso gli uffici regionali, e la Procura della Repubblica di Tempio Pausania finì per aprire una inchiesta su quella interpretazione così leggera che gli uffici urbanistici regionali davano dei vecchi piani paesaggistici.
Ma un momento di vero panico si visse nel 2004, quando i giudici cassarono i piani paesaggistici. Si disse che gli speculatori e i loro amici alla notizia brindarono. Cioè i giudici annullarono i piani paesaggistici perché poco severi, ma facendo ciò crearono un vuoto normativo, proprio perché la Giunta Regionale di centro destra nulla fece per tamponare quella falla. Figurati.
Per fortuna (del nostro bel promontorio) la nuova Giunta Regionale di centrosinistra, guidata da Renato Soru, emanò subito la norma di salvaguardia, la famosa legge “salvacoste”, con l’attivazione della procedura per l’emanazione del Piano Paesaggistico, diretta emanazione del Codice dei Beni Culturali. La Sardegna fu la prima regione italiana a dotarsi del Piano Paesaggistico, un primato di cui essere fieri. A prescindere poi dalle polemiche e dal gradimento suscitato da quel piano, comunque perfettibile ma indiscutibilmente all’avanguardia in Europa, esso fermò quella vergognosa speculazione grazie ad un codicillo, soprannominato proprio “salvamontirussu”, che vietava la costruzione di quei progetti che non avevano avviato le opere di urbanizzazione.
Ora, naturalmente, con l’annuncio del nuovo PPS, lo spettro del cemento ritorna sul nostro paradiso.
Per quanto esso possa essere considerato come una delle tante trovate propagandistiche della giunta Cappellacci, rimane quella paura legata alle fasi di transizione ed a quei vuoti normativi che spesso consentono agli scaltri di approfittarne. Infatti l’emanazione di un nuovo Piano Paesaggistico, per quanto del tutto illegittimo, potrebbe gettare nella totale confusione gli uffici urbanistici centrali e periferici, ed a quel punto il rischio sarebbe di vedersi travolti da interpretazioni normative tanto estemporanee quanto discrezionali, prima che tutto venga riportato alla normalità. Tale timore è alimentato anche da una notizia degna di fede la quale, se confermata, aprirebbe scabrosi scenari su quell’intreccio tra speculatori sempre ben informati e politica del “fare” (danni). La notizia riguarda il passaggio di proprietà, da una banca della “Padania”, ad un gruppo immobiliare sardo molto ben addentro ai meccanismi del potere, del villaggio turistico proprietario dei terreni in questione.
In questo caldo autunno, il nostro promontorio sembra dormire placido il sonno dei giusti. Speriamo che i nostri incubi non lo sveglino.