Mi rivolgo a te, brutto farabutto.
Non fare finta di nulla. E’ vero, la gente da quest’alluvione è stata piegata, messa in ginocchio, ma non accecata. Brancola nel fango, non nel buio.
Dico a te, spregevole e avido commerciante che, spinto dall’idea di guadagnare quattro spiccioli in più, hai triplicato il prezzo delle pompe, degli scaccia acqua, degli stivali corti, lunghi e stivaloni, degli stracci e degli ombrelli.
Non ti azzardare a insozzare, con la tua misera cupidigia, l’esempio di solidarietà e unione che stiamo dando all’Italia perché non ci riuscirai. A noi, nella nostra situazione di disagio, mancano molte cose, a te, nel tuo egoismo, mancano tutte.
Lo sappiamo bene che quando una comunità si ritrova in una situazione di emergenza, come quella che stiamo attraversando, possono accadere due cose: scopre e manifesta il valore della solidarietà oppure esalta il carattere sfavorevole e l’egoismo.
Noi siamo tutti quanti, uniti e stretti, nella prima alternativa e tu non hai né la forza né l’importanza per farci transitare nella seconda.
Sei solo e minuscolo, non riuscirai col tuo squallido esempio a far pendere l’ago della bilancia, non arriverai a trasformare mani protese in mani che arraffano.
Noi domani laveremo i piedi sporchi di fango, spazzeremo il sudiciume dalle cantine e la sporcizia dagli scarponi.
Ma a te, per ripulire la tua coscienza, non basterà una vita intera.