24 Dicembre, 2013 - Gaza (Palestina) Hala Ahmed Abu Sbeikha, 3 anni, uccisa in un bombardamento israeliano ad est di Maghazi, nell'area centrale della Striscia di Gaza.
Sono già diversi anni che, durante le festività “santificate”, provo più fastidio che piacere nel vedere e sentire nell’aria una grande e malcelata falsità. Covata in mezzo a moltisime espressioni sincere e genuine, come quelle di chi il cuore lo tiene aperto tutto l’anno, non solo alle feste comandate, ed un po’ di riposo, anche solo per questo, lo merita.
Il bambino ci crede, che da domani saremo tutti più buoni. Ci crede, che l’umanità sia una cosa bella, vitale e positiva. Ci crede, che un omino baffuto e vestito di rosso giri per i cieli con le sue renne a distribuire regali. Ed anche molti adulti, ci credono, che tutta la bontà profusa in questi giorni basti a cambiare il mondo, ci credono ogni volta ed ogni volta si ripetono gli stessi identici auguri.
Ogni Natale ed ogni Pasqua le stesse scorpacciate di cibo e di parole, di bevande e buoni intenti.
Ci credono, o meglio, ci vogliono credere.
Quest’impegno a mostrarsi più buoni, più comprensivi, più socievoli ma solo con alcuni e solo all’occorrenza richiede concentrazione, quindi ci si isola da ciò che accade intorno, nel mondo, si ricercano le storie e le notizie più belle. Si mette da parte tutto il resto.
Io non ci riesco. Non mi riesce proprio, di festeggiare un bel nulla mentre continuo a leggere notizie come questa di oggi, da Gaza, Palestina occupata militarmente, un popolo tenuto, innocente, segregato e prigioniero.
Una bimba di tre anni, Hala, falciata dall’arroganza armata di militari senza pietà, di assassini autorizzati dai nostri silenzi, dalle nostre distrazioni natalizie e dalle nostre de-informazioni acquisite che ci fanno inveire contro chi, in Syria, cerca di difendere tutto un popolo e plaudire invece a chi, dall’esterno, cerca di deciderne le sorti per mero interesse economico.
Non è la prima volta e temo proprio non sarà l’ultima, che proprio a Natale, Israele sferri attacchi devastanti e feroci, sproporzionati ed iniqui, persino “non convenzionali”, contro civili palestinesi inermi, ma il peso del giudizio internazionale, stranamente, è sempre ben diverso da quello riservato ad altri stati che magari si difendono, non colonializzano ne’ invadono nessuno.
Paradosso nel paradosso poi, quella è la terra dove il Natale che noi festeggiamo ebbe luogo, secondo i credenti, 2013 anni fa. A quel racconto remoto è facile credere, oggigiorno, alla realtà che ci circonda molto meno, se ancora, nonostante lei, riusciamo a festeggiare…
Sono già diversi anni che, durante le festività “santificate”, provo più fastidio che piacere nel vedere e sentire nell’aria una grande e malcelata falsità. Covata in mezzo a moltisime espressioni sincere e genuine, come quelle di chi il cuore lo tiene aperto tutto l’anno, non solo alle feste comandate, ed un po’ di riposo, anche solo per questo, lo merita.
Il bambino ci crede, che da domani saremo tutti più buoni. Ci crede, che l’umanità sia una cosa bella, vitale e positiva. Ci crede, che un omino baffuto e vestito di rosso giri per i cieli con le sue renne a distribuire regali. Ed anche molti adulti, ci credono, che tutta la bontà profusa in questi giorni basti a cambiare il mondo, ci credono ogni volta ed ogni volta si ripetono gli stessi identici auguri.
Ogni Natale ed ogni Pasqua le stesse scorpacciate di cibo e di parole, di bevande e buoni intenti.
Ci credono, o meglio, ci vogliono credere.
Quest’impegno a mostrarsi più buoni, più comprensivi, più socievoli ma solo con alcuni e solo all’occorrenza richiede concentrazione, quindi ci si isola da ciò che accade intorno, nel mondo, si ricercano le storie e le notizie più belle. Si mette da parte tutto il resto.
Io non ci riesco. Non mi riesce proprio, di festeggiare un bel nulla mentre continuo a leggere notizie come questa di oggi, da Gaza, Palestina occupata militarmente, un popolo tenuto, innocente, segregato e prigioniero.
Una bimba di tre anni, Hala, falciata dall’arroganza armata di militari senza pietà, di assassini autorizzati dai nostri silenzi, dalle nostre distrazioni natalizie e dalle nostre de-informazioni acquisite che ci fanno inveire contro chi, in Syria, cerca di difendere tutto un popolo e plaudire invece a chi, dall’esterno, cerca di deciderne le sorti per mero interesse economico.
Non è la prima volta e temo proprio non sarà l’ultima, che proprio a Natale, Israele sferri attacchi devastanti e feroci, sproporzionati ed iniqui, persino “non convenzionali”, contro civili palestinesi inermi, ma il peso del giudizio internazionale, stranamente, è sempre ben diverso da quello riservato ad altri stati che magari si difendono, non colonializzano ne’ invadono nessuno.
Paradosso nel paradosso poi, quella è la terra dove il Natale che noi festeggiamo ebbe luogo, secondo i credenti, 2013 anni fa. A quel racconto remoto è facile credere, oggigiorno, alla realtà che ci circonda molto meno, se ancora, nonostante lei, riusciamo a festeggiare…