Durante il corso per agenti forestali, ci proiettarono le immagini di una preziosissima e superprotetta farfalla, con una grande valore sul mercato dei collezionisti. Un mio collega, seduto a fianco, trasalì quando si rese conto che avevano usato, fin da ragazzi, la larva di quella specie per andare a pescare nei fiumi.
Ricordo che anni fa, durante un convegno, manco a farlo apposta, il Prof. Francesco Pigliaru, l’attuale candidato Presidente del centrosinistra, spiegò, con diversi esempi, che le risorse sono tali solo se si riconoscono. E’ il caso dei terreni costieri dell’isola che, anticamente, venivano dati in dote alle figlie femmine in quanto meno produttivi. Terreni che iniziavano già, negli anni ’60, ad avere un valore inestimabile.
L’altro giorno parlavo con un imprenditore tedesco, ormai vicino alla pensione, che aveva girato il mondo e aveva deciso di fermarsi nel luogo più bello che aveva incontrato, la Sardegna. Lo rimproveravo, invero, per un po’ di disordine nel suo terreno, macchine abbandonate, rifiuti, piccoli abusi edilizi. Mentre gli redigevo il verbale, si giustificò spiegandomi che quello stato di abbandono era dovuto ad un periodo di depressione, superato poi dalla notizia che la figlia, di 18 anni, aveva deciso di venire a vivere con lui in Sardegna e di attivare l’impresa agricola che avevano sempre sognato.
Ora, pensare di fare agricoltura in Sardegna e nell’aspra Gallura non è facile. Pochi gli aiuti, pochi i terreni adatti, difficoltà logistiche. Gli chiesi, per curiosità, che progetti avesse.
Mi parlò di una specie di aloe, la pianta officinale, che è spontanea dell’isola e che cresce benissimo in quei terreni. Un’ottima idea, pensai, l’aloe è una pianta dai molteplici usi che va per la maggiore.
Poi mi parlò del cisto.
Tu prendere me in giro.
No taffero, io no prendere te in ciro, qvesta è ferità.
Il cisto è la pianta maledetta dei pastori e dei contadini sardi. E’ la pianta che ricresce nei terreni poveri e percorsi dal fuoco, una pianta infestante difficile da debellare. Nella tradizione sarda, il cisto, è "lu mucciu, maccia mala, su bruttu, su mudregu". Il cisto è “lo sporco” in un terreno. Che poi qualche funzione protettiva e rigeneratrice ce lo abbia anche lui, è secondario.
Io folere coltifare cisto, taffero.
Tu spiegare me che fare con cisto.
Allora mi disse che con le foglie e i fiori di una varietà di cisto (cistus incanus) è possibile ricavare una tisana molto apprezzata e pregiata in Germania e nei paesi del nord Europa. Una bevanda ricchissima di proprietà benefiche.
Controllai su internet. Era vero. Un chilo di cisto, foglie e fiori, arrivava a costare anche 50 euro.
Ero sbalordito. E anche un po’ imbarazzato, che fosse un tedesco a insegnarci, a noi sardi, cosa farne del maledetto cisto.
Noi in Sardegna fare tanti tipi di liquore, col mirto, col cardo, col corbezzolo, ma le tisane non ci piacciono molto.