Ho dichiarato guerra al carpobrotus acinaciformis.
Carpoche?
Carpobrotus acinaciformis.
E’ una pianta grassa, semirampicante, strisciante. Fa dei bei fiorellini, e per questo i turisti continentali, dal lontano Sudafrica, l’hanno portata in Sardegna, e innestata nei giardini. Poi si è sparpagliata per l’isola. E’ una pianta infestante, una sciagura.
Ma fa bei fiorellini.
Quando parte non la ferma nessuno. Colonizza le garighe costiere, che in Sardegna sono ricchissime di biodiversità e di endemismi floristici. La meravigliosa flora sarda viene così invasa da questa disgrazia, soffocata da questa pianta che striscia nel terreno e ogni tanto fittona e si divide, si ramifica in due, tre tentacoli, a formare una rete che corre al ritmo di decine di metri all’anno, passando sopra tutto, rocce e cespugli, sotto la terra, giungendo fino alle ultime pietre salmastre, fino alla spiaggia. I turisti ne acclamano la fioritura tanto appariscente quanto insulsa, mentre la flora rara ed endemica sotto scompare, soffocata.
Io gli ho dichiarato guerra a questa sciagura, ma mi rendo conto che l’impresa di debellarla è ardua, e la presa di coscienza della gravità della cosa è ancora all’inizio.
Fa bei fiorellini!
Capisco perciò le battaglie di Roberto Bolognesi sulla lingua sarda, che scompare come la preziosa flora sarda, soffocata dall’italiano, dall’inglese, dalla televisione e dalla scuola.
Bolognesi, inascoltato, si è reso conto di una cosa. Un’intuizione suffragata da dati statistici. Comparando i dati sulla dispersione scolastica, si è accorto che essa era maggiore nelle regioni a minoranza linguistica, come la Valle d’Aosta, per cui ha messo in correlazione i due fatti, giungendo a sostenere che vi sia una stretta correlazione.
Bolognesi è un linguista, e io, che ho studiato antropologia, non lo avrei mai detto. Io, che ho studiato antropologia, avrei messo in correlazione la dispersione scolastica della Sardegna con una sottovalutazione della cultura sarda, della storia, della civiltà nuragica, degli scrittori sardi, di Grazia Deledda. Un minore interesse per materie e programmi scolastici strutturati sulla cultura italiana. Una regione come la Sardegna, che ha una cultura stratificata, millenaria, accentuata dall’isolamento geografico, produce un codice che è linguistico e culturale che cozza con un codice linguistico e culturale esterno. Sono strutture mentali che gli antropologi come Levi – Strauss hanno studiato, mutuandole proprio dai linguisti, come De Saussure.
Antonio Pigliaru senior, il grande intellettuale sardo degli anni ’60, che ha studiato il codice di leggi non scritto della barbagia pastorale, mi avrebbe capito. Ci avrebbe capito.
Il figlio di Antonio, Pigliaru Francesco, che è un economista, ha messo al primo punto del suo programma elettorale l’istruzione. E qui è d’accordo con Bolognesi, e con me. Poi ha dichiarato guerra alla dispersione scolastica. E qui è d’accordo con Bolognesi, e con me. Poi ha detto che bisogna investire risorse contro questo fenomeno. Una roba da economisti, insomma. E l’accordo con Bolognesi termina qui.
Sia Cappellacci che la Murgia si sono espressi per un impegno a favore della promozione della lingua sarda. La convinzione è quella di un doveroso omaggio a qualcosa che non nuoce, non solleva diatribe contro. Se non interne.
Niente come la lingua sarda, infatti, pare dividere gli osservatori e gli specialisti.
Eppure, Bolognesi ce lo insegna, la lingua di un popolo è l’elemento base della condivisione sociale, è la struttura elementare e primitiva di una società. La divisione dei linguisti sul tema pare la diretta manifestazione di quell’ansia di redenzione, dello stesso disorientamento creato dal vuoto linguistico, dalla sua assenza e dalla sua sostituzione con una sovrastruttura linguistica a suo tempo imposta.
Recuperare il tessuto linguistico originario significa favorire processi positivi di ricostituzione di una comunità, che poi non è altro che la base per ritrovare obbiettivi determinati, un ruolo nel mondo, una missione comune. La frammentazione politica di oggi, con miriadi di partitini, con una marea di candidati, con le forze dell’area sardista-indipendentista sparpagliate su tutti i numerosi fronti, non è solo il prodotto di una difficoltà di scorgere obbiettivi comuni chiari. E’ qualcosa di più profondo.
Non sappiamo cosa siamo, non sappiamo chi siamo. Ci sono mancate sotto i piedi, nella transizione tra un passato storico ed un futuro incerto, delle certezze strutturate, sociali, culturali, e linguistiche, perse per strada e ritrovabili, sopravvissute, qua e là.
Intanto il carpobrotus acinaciformis, la pianta maledetta, tentacolare, avanza, cancellando dalla faccia della terra la preziosa flora sarda. Ho deciso di assestarmi sulla linea difensiva, nei pochi luoghi superstiti, incontaminati, e di non farla passare, maledetta pianta infestante.
Ma non so, da solo, quanto ancora potrò resistere.