Il sangue, quando scorre, si porta l’anima e si incolla nei pensieri densi mentre cammina nelle vene della vita. Non si coagula mai il sangue del ricordo. Resta sempre una macchia nella coscienza di chi ha subito, di chi ha visto, di chi quel sangue lo ha perduto. E resta quasi sempre il ghigno, invece, nelle facce di chi quel sangue lo ha cosparso, ha contribuito a nascondere la verità, ad allontanare i volti tumefatti di gente inerme. Fa male quel sangue. Fa molto più male pensare e sapere che sono stati uomini dello Stato a nasconderlo, a volerlo cancellare con false verità, con costruzioni false e tardive. Fa male sapere di uomini della Polizia di Stato condannati in maniera definitiva - e quindi per la giustizia del popolo italiano colpevoli – per dei fatti atroci, incancellabili nella memoria dei nostri occhi, inalienabili nei nostri cassetti dei ricordi. Perché l’orrore della Diaz, a Genova, nel luglio 2001 è sangue ancora vivido, sangue che ha schizzato come una vergogna nelle coscienze di tutti noi. E’ sangue pasticciato, costruito con depistaggi, falsi racconti, false molotov, falso tutto, in giorni in cui tra veri teppisti, delinquenti, provocatori c’erano boy scout, volontari, caritas e quel sangue versato era tra i più deboli, tra gli ignari tra chi, quella notte, tutto avrebbe pensato, tranne di trovarsi rappresentanti dello Stato a pasticciare il loro sangue. Fa male ricordare tutto questo, fa molto male pensare ci sia stata una regia razionale per cose fuori dai contesti democratici, fa male crederci ci siano uomini dello Stato, uomini della polizia, uomini a cui tutti ci affidiamo e ci fidiamo a tradire la nostra fiducia, tradire un patto ferreo tra noi cittadini e loro garanti della nostra sicurezza. Fa male osservare i volti di Francesco Gratteri, Giovanni Luperi e Spartaco Mortola attendere davanti al presidente del Tribunale di Sorveglianza una risposta alla loro richiesta di affidamento in prova al servizio sociale. Fa male, soprattutto sentire le parole di Franco Gratteri quando afferma di essere stato ingannato e, per questo motivo afferma: “Non mi inginocchio per ottenere dei benefici. Sono dispiaciuto per quanto accaduto nella scuola Diaz, ma quella nei miei confronti la ritendo una sentenza ingiusta. Io quella notta sono stato ingannato”. (Il fatto quotidiano 6 dicembre 2013). Fa male vedere un uomo di Stato irriconoscente verso le leggi e verso le sentenze. Fa male sentire un alto rappresentante dello Stato dire di essere dispiaciuto e non, invece, sconvolto per quello accaduto alla Diaz. Ho sempre creduto nello Stato e nei suoi uomini e continuo a crederci. La giustizia, anche se tardiva ha fatto il suo corso ed è riuscita a ristabilire una verità processuale, condannando uomini che hanno sbagliato. Lo Stato, rappresentato dalla Magistratura e da chi quella verità l’ha cercata, ha ottenuto giustizia. Sono rimasti brandelli di ricordi e quelli fanno ancora male. Francesco Gratteri, non inginocchiandosi per assicurarsi dei benefici ha ottenuto la detenzione domiciliare e gli è stato rigettato l’affidamento. Un uomo di Stato, davanti alle leggi dello Stato, incredibilmente non le ha riconosciute. C’è sempre tempo per sedimentare la rabbia e smussare l’orgoglio. Il sangue però non dimentica e sarebbe stato bello, in ogni caso, chiedere scusa ai ragazzi colpiti a sangue freddo all’interno della Diaz, ai soprusi di Bolzaneto, a tutti i poliziotti che ogni giorno fanno il loro dovere servendo lo Stato e garantendo la nostra sicurezza, a tutti i cittadini di questo strano paese che, di tanto in tanto, ricorda. E si indigna.