La Confindustria sarda, seguendo il falsetto di Cappellacci, denuncia: «LE IMPRESE SARDE NON HANNO MAI VINTO UN BANDO DELL’ANAS».
Vado a braccio:
Intanto Confindustria dove stava? Non dovrebbe rappresentare gli interessi degli associati (sardi); per questo si pagano le quote.
E nel settore edilizio delle opere pubbliche, che non sono l'Anas cosa succede di diverso? Penso esattamente la stessa cosa.
Quante aziende sarde si aggiudicano poi appalti nelle mense, che so, ferroviarie, universitarie, scuole, ospedali, ecc.? Credo zero, al massimo qualche briciola: Tutto è catering in salsa emiliana o giù di lì.
Fuori dal circuito degli amici, quanti professionisti si aggiudicano progettazioni, studi di fattibilità, ricerche di opere pubbliche di rilevanza significativa? Pochini.
Le forniture in regione, province, enti e paraenti statali, regionali e carrozzoni vari, chi se li aggiudica? Fuori dal giro degli amici e qualche amico dell'amico, imprese non sarde.
Le sostanziose risorse dell’assessorato all’industria finiscono per il 70% ad aziende forestiere. Vabbè che “non sappiamo fare impresa” e non tutto riusciamo a capire, ma perché non sostenere le attività locali? Quelle poi non scappano, non saprebbero manco dove rifugiarsi. E Confindustria che fa? Silenzio assordante.
Oggi appare di moda il neologismo sovranista. Non so se sbaglio, ma assaporo meglio il sostantivo sovranità, che vorrebbe significare:
- Alimenti (quando possibile) a chilometro zero;
- Scaffali che espongono prodotti locali distinti dal resto dei prodotti;
- Forniture in tutte le mense pubbliche a km zero;
- Forniture negli enti pubblici a km zero;
- Imprese di manutenzione e lavori pubblici a km zero;
- Professionisti (quando possibile) a km zero;
- Insegnati (penso sempre possibile) a km zero;
- Giornalisti (credo sia sempre possibile) a km zero;
Tutto quello che può essere fatto nel territorio, va lasciato nel territorio.
Potrebbe perfino tornare utile agli amici sindaci "spopolati" per trattenere la catastrofe demografica.
Pratichiamoli questi concetti partendo, a km zero, dai municipi. Pratichiamo il principio della trasparenza, applicando il concetto della rotazione degli incarichi e degli appalti. Tutto il resto è, più o meno, “cosa loro”, a prescindere dal certificato antimafia rilasciato dalle prefetture.
Che bellezza se la sinistra (anche quella ci piacerebbe a km zero), con parallele associazioni e organismi variegati del suo mondo, imponesse nelle campagne elettorali primarie di dibattere anche questi temi, lasciando le guepiere la dove devono stare.
Stamane mi sono sveglaito ottimista.
Vado a braccio:
Intanto Confindustria dove stava? Non dovrebbe rappresentare gli interessi degli associati (sardi); per questo si pagano le quote.
E nel settore edilizio delle opere pubbliche, che non sono l'Anas cosa succede di diverso? Penso esattamente la stessa cosa.
Quante aziende sarde si aggiudicano poi appalti nelle mense, che so, ferroviarie, universitarie, scuole, ospedali, ecc.? Credo zero, al massimo qualche briciola: Tutto è catering in salsa emiliana o giù di lì.
Fuori dal circuito degli amici, quanti professionisti si aggiudicano progettazioni, studi di fattibilità, ricerche di opere pubbliche di rilevanza significativa? Pochini.
Le forniture in regione, province, enti e paraenti statali, regionali e carrozzoni vari, chi se li aggiudica? Fuori dal giro degli amici e qualche amico dell'amico, imprese non sarde.
Le sostanziose risorse dell’assessorato all’industria finiscono per il 70% ad aziende forestiere. Vabbè che “non sappiamo fare impresa” e non tutto riusciamo a capire, ma perché non sostenere le attività locali? Quelle poi non scappano, non saprebbero manco dove rifugiarsi. E Confindustria che fa? Silenzio assordante.
Oggi appare di moda il neologismo sovranista. Non so se sbaglio, ma assaporo meglio il sostantivo sovranità, che vorrebbe significare:
- Alimenti (quando possibile) a chilometro zero;
- Scaffali che espongono prodotti locali distinti dal resto dei prodotti;
- Forniture in tutte le mense pubbliche a km zero;
- Forniture negli enti pubblici a km zero;
- Imprese di manutenzione e lavori pubblici a km zero;
- Professionisti (quando possibile) a km zero;
- Insegnati (penso sempre possibile) a km zero;
- Giornalisti (credo sia sempre possibile) a km zero;
Tutto quello che può essere fatto nel territorio, va lasciato nel territorio.
Potrebbe perfino tornare utile agli amici sindaci "spopolati" per trattenere la catastrofe demografica.
Pratichiamoli questi concetti partendo, a km zero, dai municipi. Pratichiamo il principio della trasparenza, applicando il concetto della rotazione degli incarichi e degli appalti. Tutto il resto è, più o meno, “cosa loro”, a prescindere dal certificato antimafia rilasciato dalle prefetture.
Che bellezza se la sinistra (anche quella ci piacerebbe a km zero), con parallele associazioni e organismi variegati del suo mondo, imponesse nelle campagne elettorali primarie di dibattere anche questi temi, lasciando le guepiere la dove devono stare.
Stamane mi sono sveglaito ottimista.