Sardi, fora di ball, la spiaggia è nostra.
di Fiorenzo Caterini.
Un’altra cocente fregatura incombe sulle spalle della Sardegna.
La crisi avanza, minacciosa, la banche sono affamate, la finanza europea e mondiale preme, il governo non ha molte idee e non vuole toccare interessi e rendite di posizione. Che fare? Vendiamo le spiagge, privatizziamo le concessioni demaniali marittime.
Come ha avuto modo di rilevare Francesco Giorgioni nel suo articolo su Sardegnablogger, gran parte di queste concessioni demaniali marittime sono affidate ad alberghi, anche di lusso, che molte volte sottraggono ai cittadini preziose porzioni di arenile in cambio di pochi spiccioli. A quanti è capitato, anche nella nostra Sardegna, dove la spiagge abbondano, di sgomitare per uno spicchio di spiaggia, e di vedersi a fianco i villeggianti degli alberghi spaparanzati con ampio spazio a disposizione? Ma tutto questo favoritismo agli amici degli amici, pare non essere sufficiente. Ora si parla, addirittura, di vendere un bene che da sempre viene considerato assolutamente inalienabile. Tra le altre cose, infatti, l’attività balneare ha una importante funzione sociale e sanitaria. In particolare sono le famiglie con figli piccoli che sarebbero penalizzate da una restrizione dell’uso pubblico delle spiagge. Insomma, ne va del futuro, del benessere, e della qualità della vita nostra e dei nostri figli.
La Sardegna ha la maggiore lunghezza costiera d’Italia, superiore anche alla Sicilia. Perciò, la domanda su quale sarà la regione italiana più penalizzata dalla vendita delle concessioni demaniali marittime, è puramente retorica. Ma è bene sottolineare la partita di giro che sta dietro questa grande truffa. Alberghi italiani e stranieri, che sfruttano praticamente a gratis le nostre spiagge, pagando un canone risibile di cui in Sardegna non rimane niente, e che grazie alla complicità dei governanti finiranno per invadere con la loro proprietà privata definitivamente preziose parti di costa marina. Una forma subdola di colonialismo, che si aggiunge alle servitù militari, che la Sardegna paga con il 60 per cento del territorio rispetto al resto della nazione, e allo sfruttamento storico del territorio sardo e delle sue materie prime.
Sardegna, di fatto, come una colonia.
Vero è che tra i concessionari delle spiagge vi sono anche dei sardi che ci campano di quel lavoro, con tanti sacrifici e fornendo dei servizi. Ma statene certi che, mentre il grande albergo avrà le disponibilità finanziarie per privatizzarsi la spiaggia, difficilmente invece questi potranno disporre delle somme necessarie all’acquisto del bene.
Ci si mette anche questa giunta regionale, con il suo piano paesaggistico “dei sardi”, a favorire questo furto, agevolando l’edilizia costiera di questi grandi alberghi. Altro che piano paesaggistico dei sardi.
Sardi, fora di ball, fuori dalle palle, la spiaggia è nostra.
Insomma, all’orizzonte si profila un’altra indebita espropriazione di ricchezza dei sardi, un’altra di quelle cose che ci fanno sentire una regione marginale all’interno della storia del nostro italico paese. La storia si ripete, verrebbe da dire.
Come se non bastasse, ci toccherà sentire i “nordisti”, politici compresi, rimproverarci e sbeffeggiarci con il nostro supposto parassitismo sudista.
Anche quei padani che, dopo aver costruito le loro ferrovie con il sardo legname, ora, guarda caso, non hanno un metro di mare da offrire alle casse affamate del demanio.
di Fiorenzo Caterini.
Un’altra cocente fregatura incombe sulle spalle della Sardegna.
La crisi avanza, minacciosa, la banche sono affamate, la finanza europea e mondiale preme, il governo non ha molte idee e non vuole toccare interessi e rendite di posizione. Che fare? Vendiamo le spiagge, privatizziamo le concessioni demaniali marittime.
Come ha avuto modo di rilevare Francesco Giorgioni nel suo articolo su Sardegnablogger, gran parte di queste concessioni demaniali marittime sono affidate ad alberghi, anche di lusso, che molte volte sottraggono ai cittadini preziose porzioni di arenile in cambio di pochi spiccioli. A quanti è capitato, anche nella nostra Sardegna, dove la spiagge abbondano, di sgomitare per uno spicchio di spiaggia, e di vedersi a fianco i villeggianti degli alberghi spaparanzati con ampio spazio a disposizione? Ma tutto questo favoritismo agli amici degli amici, pare non essere sufficiente. Ora si parla, addirittura, di vendere un bene che da sempre viene considerato assolutamente inalienabile. Tra le altre cose, infatti, l’attività balneare ha una importante funzione sociale e sanitaria. In particolare sono le famiglie con figli piccoli che sarebbero penalizzate da una restrizione dell’uso pubblico delle spiagge. Insomma, ne va del futuro, del benessere, e della qualità della vita nostra e dei nostri figli.
La Sardegna ha la maggiore lunghezza costiera d’Italia, superiore anche alla Sicilia. Perciò, la domanda su quale sarà la regione italiana più penalizzata dalla vendita delle concessioni demaniali marittime, è puramente retorica. Ma è bene sottolineare la partita di giro che sta dietro questa grande truffa. Alberghi italiani e stranieri, che sfruttano praticamente a gratis le nostre spiagge, pagando un canone risibile di cui in Sardegna non rimane niente, e che grazie alla complicità dei governanti finiranno per invadere con la loro proprietà privata definitivamente preziose parti di costa marina. Una forma subdola di colonialismo, che si aggiunge alle servitù militari, che la Sardegna paga con il 60 per cento del territorio rispetto al resto della nazione, e allo sfruttamento storico del territorio sardo e delle sue materie prime.
Sardegna, di fatto, come una colonia.
Vero è che tra i concessionari delle spiagge vi sono anche dei sardi che ci campano di quel lavoro, con tanti sacrifici e fornendo dei servizi. Ma statene certi che, mentre il grande albergo avrà le disponibilità finanziarie per privatizzarsi la spiaggia, difficilmente invece questi potranno disporre delle somme necessarie all’acquisto del bene.
Ci si mette anche questa giunta regionale, con il suo piano paesaggistico “dei sardi”, a favorire questo furto, agevolando l’edilizia costiera di questi grandi alberghi. Altro che piano paesaggistico dei sardi.
Sardi, fora di ball, fuori dalle palle, la spiaggia è nostra.
Insomma, all’orizzonte si profila un’altra indebita espropriazione di ricchezza dei sardi, un’altra di quelle cose che ci fanno sentire una regione marginale all’interno della storia del nostro italico paese. La storia si ripete, verrebbe da dire.
Come se non bastasse, ci toccherà sentire i “nordisti”, politici compresi, rimproverarci e sbeffeggiarci con il nostro supposto parassitismo sudista.
Anche quei padani che, dopo aver costruito le loro ferrovie con il sardo legname, ora, guarda caso, non hanno un metro di mare da offrire alle casse affamate del demanio.