Lucio Petrizzi ha rilasciato un’intervista qualche tempo fa, a distanza di due anni dalla tragedia. Gli ci sono voluti 24 mesi solo per riuscire a parlarne e non gli basterà tutta la vita per potersi perdonare.
Il veterinario quella mattina era uscito da casa con il più classico dei compiti affidati a un genitore: accompagnare la figlia all'asilo nido prima di proseguire per il posto di lavoro. Nulla lasciava presagire ciò che sarebbe accaduto. In macchina la piccola viene sistemata sul seggiolone nel sedile posteriore, dopo qualche minuto sicuramente si addormenta e il padre si scorda di lei.
Quale genitore degenere può dimenticare la propria figlia in auto?
Noi lettori abbiamo scorso inorriditi la notizia, le coscienze hanno avuto un sussulto.
Eccola lì, materializzata davanti agli occhi, la più temibile delle eventualità, la più umana delle possibilità, la più minacciosa delle evenienze. E’ quella che marchia a fuoco, che sbatte addosso le responsabilità, non certo la debolezza di NON essere infallibili. Per placare il guizzo dell’anima è necessario provare orrore, ribrezzo e senso di repulsione per quel padre snaturato.
Ed ecco che, per far pace con la nostra interiorità, prendiamo le distanze: a noi una simile disattenzione non accadrà mai. Siamo troppo accorti, i nostri figli sono il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera.
Le donne che, sprezzanti della sofferenza, hanno rifiutato l’epidurale durante l’espulsione del neonato, memori di chi disse con dolore partorirai figli, sentiranno un’indignazione ancora più acuta.
Eppure io vorrei conoscere quale, fra tutte le mamme perfettine e organizzate che nei loro interminabili giri, pensando a come incastrare nella pianificazione della mattinata la fila all’ufficio postale, in banca e al supermercato, con il bambino nel sedile di dietro che sonnecchia silenzioso, non abbia neanche per un secondo dimenticato che il pargolo è lì.
Facile seppellire sotto cumuli di autoindulgenza le sviste personali e seminare approssimative cognizioni di pedagogia e saggezza in giro per il mondo.
Quel veterinario ovviamente indagato per abbandono di minore, più che fornirle alla magistratura, dovrà fornirle alla sua coscienza le giustificazioni per quella sbadataggine, perché sarà lei a svolgere l’indagine più minuziosa. Quella che lo tormenterà per tutta la vita, la stessa che nemmeno a distanza di anni cesserà di far sentire la sua eco.
Ma se accade che, alla fine di una lunga giornata di lavoro, quando un figlio chiede al papà di giocare con lui e un “No, sono stanco. Vai da tua madre!” riecheggia nella stanza, non viene da pensare che l’abbandono di minore, spesso, si mimetizza perfettamente nella bonarietà di un padre disteso sul divano.