Dovrei avere del risentimento per questo sindaco. Non ha fatto praticamente niente delle cose per cui mi ha convinto a votarlo. Eppure devo dire che a me sta sempre molto simpatico. Le ragazzine sono tutte innamorate di lui, persino le donne della mia età lo trovano interessante! Quando l’altro giorno ha fatto l'omelia al Papa e gli ha inflitto senza pietà anche la meravigliosa guasconata della nonna, mi è venuta voglia di abbracciarlo! Ho pensato subito, è un grande! Probabilmente il più grande sindaco che Cagliari abbia mai avuto dopo Don Paolo! Eh si! Don Paolo, compagno di passeggiate e conversazioni insonni alle cinque del mattino per le vie di Castello. Ero piuttosto giovane, quando abitavo a Castello, ma già terribilmente insonne nonostante fossi sempre gonfio di marijuana. Passeggiavo spesso durante le ultime ore della notte tra via La Marmora, Via Corte D'Appello, via dei Genovesi, i bastioni di Santa Croce. Intorno alle cinque del mattino spesso incontravo Don Paolo, per tutti era il Sindaco, anche se sindaco non lo era da anni dopo quelle misteriose dimissioni del '90, ormai vecchio, col suo bastone da passeggio e il suo cappello d'altri tempi. Dopo esserci incrociati tante volte silenziosamente, scambiandoci un semplice saluto, una volta, di fronte al palazzo vescovile, mi si fermò di fronte: “Tu, così giovane che soffri dell’insonnia mattutina dei vecchi!” Gli strinsi la mano e presentandomi gli dissi scherzosamente di fare attenzione che ero un pericoloso comunista insonne. Lui rise di cuore e da quel giorno cominciarono le nostre piacevoli, leggere, conversazioni notturne. Come tutti i "castellani", anch'io lo chiamavo Don Paolo e mentre passeggiavamo gli davo la destra, con rispetto, porgendogli il braccio nelle salite e negli scalini. Alle sette meno un quarto puntualmente ci salutavamo, lui entrava in cattedrale per la messa e io andavo a colazione giù al bar di signor Mario mentre Castello cominciava ad animarsi. Le nostre conversazioni notturne rotolavano dai lirici greci all’America’s Cup (erano di quei giorni le prime imprese di Luna Rossa). Si divertiva tantissimo per il fatto che ricordassi a memoria Archiloco e Saffo. Mi diceva che ero un giovane dell'800. Una piacevole compagnia, certo, ma a volte lo guardavo con la coda dell’occhio, senza che lui se ne accorgesse, e pensavo che quell’uomo così gentile e raffinato era nell’immaginario della sinistra il grande Avversario, l’emblema della Cagliari dei mattoni, delle cliniche, dei privilegi di casta e di quell’odioso familismo borghese che caratterizza ancora oggi la nostra città. Paolo De Magistris era certamente anche questo ma principalmente era un vero nobile di Castello, colto, austero ed elegante ma nello stesso tempo dotato di una sobrietà piuttosto inusuale. Tutti lo ricorderanno in giro con la sua sgangherata fiat 126 blu. La sua nobiltà non era certo fatta di macchinoni, case al mare e motoscafi. Si diceva che fosse estremamente religioso e una notte gli chiesi di raccontare di quando accolse Paolo VI nel '70 durante il suo primo mandato da sindaco e più tardi Giovanni Paolo II nel '85 durante il secondo mandato. Mi aspettavo l’enfasi del bigotto e il racconto epico dei “migliori momenti della mia vita” e invece lui sgranò gli occhi ed eccitato come un ragazzino, cominciò a raccontarmi dell'incubo del protocollo da seguire, dei gravi errori di etichetta e dello stress di cui fu vittima in entrambi gli eventi, stress che definì il peggiore della sua vita. Il racconto fu divertentissimo ed estremamente autoironico. Un caro nemico che ricordo con molto affetto. Dopo di lui solo la volgarità misera di Delogu e Floris e, ahimè, quella arrogante degli improbabili candidati di una sinistra farlocca. Ecco, vedere il sindaco Zedda, comunista, con quella faccia da giovane impunito, ricevere Papa Francesco in quel modo simpatico, ai confini dell’etichetta ma per niente irriverente, mi è piaciuto davvero e credo, senza voler essere a mia volta irriverente, che sarebbe piaciuto molto anche a Don Paolo.