Io, quel giorno non me lo ricordo. Non ne ho grandissima memoria. Avevo tredici anni e pensavo a Mazzola, Gigi Riva e ad una ragazzina di nome Antonella. Con le lunghe trecce nere. Pur non capendo a fondo cosa significasse respirare piano nella cantina buia, quella scena mi piaceva, mi immaginavo io e Antonella, le trecce, la cantina. L’unica cosa che non mi piaceva era il ritornello: io, il mare lo vivevo sempre a colori. Anche nei pensieri. Anche d’inverno. Per me non c’è mai stato il mare nero. Insomma, quel giorno, il 17 maggio 1972 era, per me, un giorno di scuola. Mi preparavo agli esami per la terza media e avevo scelto, come libro a piacere, da presentare come riassunto, “storie dei nostri giorni” di Enzo Biagi. Ero rimasto colpito da come quel giornalista scrivesse. Mi piaceva l’idea di diventare giornalista, un giorno. Mi piaceva intervistare le persone, soprattutto per sentire le risposte.
Io, quella notizia non me la ricordo. Ricordo – e avevo solo dieci anni – la strage di Piazza Fontana, quelle immagini in bianco e nero. Ricordo i capelli vaporosi di Valpreda e il suo strano cognome. Ricordo di Pinelli caduto dalla finestra come dicevano in televisione. Ma sono ricordi rarefatti, lontani. Quel 12 maggio 1972 rientravo a casa con Gianni, il mio inseparabile amico di banco. Ci eravamo lasciati a metà strada, vicino al forno di Serra, in via Manzoni dove i panini costavano cinquanta lire. Ed erano buonissimi. Ricordo solo mia madre che mi disse dell’uccisione di un commissario. Lei era sconvolta perché la moglie del commissario aspettava un bambino. Non avrebbe mai conosciuto il padre. Un po’ come me. Questo mi ricordo. Luigi Calabresi è stato, per me, soprattutto questo. Un padre che non avrebbe mai conosciuto il proprio figlio. Da quel giorno cominciai a chiedermi molte cose e ad ascoltare molte persone. Di Luigi Calabresi ho sentito molte verità. Ho imparato che non si coltiva l’odio senza conoscerne i fatti. Potrebbe fare molto male. Quell’anno, però riuscii a baciare la mia Antonella. Senza respirare piano, però. Stasera guarderò il film su Rai uno. Perché i ricordi servono ad abbracciare la vita. Quella passata e quella futura. In fondo siamo storie che si intersecano e Luigi Calabresi raccoglie la mia vecchia e dolcissima adolescenza. Battisti, Antonella, Baglioni e la graziella a correre nel vento. Questo mi ricordo, ma avevo capito che davanti si profilava un futuro complicato e difficile. Quello me lo sarei ricordato benissimo. Anche troppo.