Uno dei fenomeni più globali: uomini che fanno violenza verso donne che spesso, troppo spesso, subiscono in silenzio e solitudine; spesso, troeppo spesso, muoiono della stessa violenza. Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ed è giusto cercare di vedere questo dramma dal punto di vista mondiale, e non solo con occhio italico.
Tra le diverse Istituzioni e organizzazioni che nel mondo si occupano di questa disgraziata condizione dell’umano genere, sia in termini di analisi statistica-sociale-psicologica, sia in termini di prevenzione, richiesta e attivazione fattiva dei diritti laddove questi latitano, assistenza psicologica, sociale e legale per le vittime e tanto altro lavoro di fondamentale importanza, c’è l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che produce uno dei pochi lavori capaci di analisi comparativa del fenomeno a livello globale, il Global and regional estimates of violence against women:prevalence and health effects of intimate partner violence and non-partner sexual violence (http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/85239/1/9789241564625_eng.pdf).
Lo studio, pubblicato a giugno 2013, attinge a 26 diversi database e combina 185 studi relativi a 86 Paesi, talvolta difficilmente confrontabili tra loro. Si tratta del primo Rapporto che sintetizza tutte le indagini sugli abusi sulle donne realizzate nel mondo, mettendo insieme le informazioni relative ai maltrattamenti da parte del partner con i casi di violenza sessuale.
Cosa dice il Rapporto? Che a livello globale, il 30% delle donne ha subito violenza domestica nel corso della vita, con valori regionali più elevati per Africa, Mediterraneo orientale e Asia dell’Est. In particolare (vedere la cartina), il tasso di donne che hanno subìto violenza dal partner nelle diverse aree del mondo riguarda rispettivamente, le Americhe per il 29,8%; l’Africa occidentale per il 36,6%; le Regioni del Mediterraneo orientale per il 37%; l’Europa occidentale per il 25,4%; il Sud Est asiatico per il 37,7%; le Regioni del Pacifico occidentale per il 24,6%. Complessivamente il 35% delle donne ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita e il 38% degli omicidi di donne sono stati commessi dai partner.
Dunque, se il picco massimo si registra nei Paesi del Sud Est asiatico, anche nei Paesi ad alto reddito (Israele, Stati Uniti, Australia, Corea del Sud e la maggior parte degli Stati dell'Europa occidentale, come Germania, Svizzera, Svezia, Norvegia, Francia e l’Italia) una quota rilevantissima delle donne intervistate ha sperimentato la violenza sulla propria persona: il 27,9% delle tedesche ha subìto violenza fisica, contro il 12,2% dell'Italia, l'11% della Svezia e il 9,95% della Svizzera. Insomma, ci sono pochi dubbi sul fatto che quando si parla di femminicidio e di violenze le differenze di sviluppo socio-economico sembrano non avere peso: il tasso di violenza non dipende dal reddito ma la variabile da cui dipende maggiormente è l'educazione.
Dalla ricerca emerge che negli ultimi 10 anni la violenza all'interno della coppia è aumentata in modo incredibilmente acuto: a livello globale il 38% dei femminicidi è commesso dal partner. Il dato è elevatissimo nel Sud Est asiatico (55%), benché anche in questa area del mondo povertà e ricchezza non servano a spiegare il fenomeno: anche tra le nazioni più ricche dell'area, il 41% delle vittime muore per mano del proprio compagno.Su 86 Paesi analizzati, lo Stato con il maggiore tasso di violenza è il Congo: qui il 56,9% delle donne ha subìto una qualche offesa fisica. Seguono il Bangladesh con il 48,7%, lo Zambia con il 39,6%, l'India con il 35,1% e la Colombia con il 33,4%.
Se poi si guarda al dato Italiano (dati Istat) sembra non esserci una stretta correlazione tra una supposta cultura mediterranea del machismo e la violenza di genere: infatti, nel nostro Paese le quote più elevate di donne che hanno subito violenza fisica o sessuale da un uomo qualsiasi si rilevano nelle regioni del Nord, in alcune del Centro e, in particolare, nei centri metropolitani (42 per cento): in Emilia-Romagna e nel Lazio le vittime sono oltre il 38 per cento della popolazione femminile, in Liguria il 35,4 per cento (a fronte di un valore medio nazionale pari a 31,9 per cento). Complessivamente sono quasi 4 milioni le donne in Italia che hanno subito violenze fisiche, mentre 5 milioni sono state vittime di violenze sessuali e, tra queste, circa 1 milione ha subito stupri o tentati stupri.
I partner (o ex) risultano responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica, e anche di alcune forme di violenza sessuale (in particolare gli stupri e i rapporti sessuali non desiderati ma subiti per timore di conseguenze). Il dato sconfortante è che solo il 7,3 per cento di coloro che subiscono violenze fisiche o sessuali dal partner le denuncia: per paura, senza dubbio, ma anche perché solamente una donna su tre le considera reati. Le quote di donne che sporgono denuncia sono inferiori alla media nazionale; non solo in tutte le regioni del Sud (a eccezione della Puglia), ma anche in alcune regioni del Nord (Piemonte 5,8 per cento e Emilia-Romagna 5,1 per cento). Se ci si riferisce solo a “stupri o tentativi di stupro”, la percentuale delle donne che si considerano vittime di un reato sale al 26,5 per cento, ma le denunce restano limitate al 4,1 per cento dei casi di violenza.
Dietro i numeri (tanti, troppi) il segno del dolore, fisico e psichico di chi ha subito; quello degli affetti più cari che piangono la donna uccisa. Dietro i numeri l’urgenza di un universo di relazioni tra generi che necessita ancora di tanto lavoro educativo delle Istituzioni verso un mondo regolato dal rispetto di genere. Dietro i numeri la necessità di continuare nel solco del Decreto legge contro il femminicidio e la violenza sulle donne approvato recentemente dalle nostre Istituzioni.
Non è poco ciò che si è riusciti ad ottenere con questo Decreto: l'aumento di un terzo della pena se alla violenza assiste un minore e/o se la vittima è in gravidanza e/o se la violenza è commessa dal coniuge (anche se separato) e dal compagno (anche se non convivente); l'arresto obbligatorio in caso di flagranza per reati di maltrattamento familiare e stalking; l’allontanamento del coniuge violento da casa; la querela irrevocabile la corsia giudiziaria preferenziale (i tribunali potranno adottare delle corsie preferenziali per i processi per femminicidio e per maltrattamenti); il patrocinio gratuito per chi è vittima di stalking o maltrattamenti e non si può permettere un avvocato; il permesso di soggiorno alle vittime straniere; l’informazione continua alle vittime sull'iter giudiziario del colpevole.
Non è poco, ma resta il resto. Restiamo noi nel nostro quotidiano domestico e il necessario sforzo della costruzione e tutela di una cultura fattiva del rispetto reciproco.