Il tabù è un divieto assoluto, un atto proibito, un oggetto intoccabile, un’idea che non può né deve trovare accoglienza nelle stanze del pensiero e della memoria. Tutte le società, nel tempo e nello spazio, hanno costruito questi divieti sacrali in ragione della possibilità di avere contatto con determinate persone, di frequentare certi luoghi, di cibarsi di particolari alimenti, di pronunciare determinate parole e, soprattutto, di un uso sessuale del proprio corpo. Il sesso è, per eccellenza, l’oggetto di tabù e a volte il divieto si fa pressante, doloroso e ingiusto perché a richiederlo sono gli abili verso i dis-abili.
La sessualità è volutamente taciuta, negata, repressa: associare un cieco, un sordo, un down, un portatore di disabilità a termini quali orgasmo, zona erogena, masturbazione, scopata è ancora – soprattutto in un pase come il nostro – qualcosa di complicato, problematico o impossibile per grandi fette sociali. Sembrano e sono raccontate come azioni “non normali” perché desiderate, volute e agite in e da corpi diversi, da corpi visti come malati, oggetto di cura e di medicalizzazione, ma mai oggetto e soggetto di desiderio. “Ma come, con tutti i problemi che hai, vuoi anche far sesso?”
Eppure il sesso è un diritto umano. Eppure i disabili parlano della loro sessualità, ne raccontano i contorni, il cuore e il respiro, ne reclamano ad alta voce il diritto. Priscilla Berardi (un medico psicoterapeuta disabile, con formazione in sessuologia) con il regista Adriano Silanus hanno scritto e girato un documentario - Sesso, amore e disabilità: un viaggio in Italia - che dà voce a quel 5% della popolazione italiana che vive questo aspetto così ignorato dalla stampa e dalle istituzioni. Nel documentario parlano decine di persone, uomini e donne, etero e omosessuali. Valentina di Chioggia: "Nessuno mi considerava come ipotetica fidanzata ma solo come un’amica in carrozzella. Magari io volevo una storia così, una botta e via, ma lui mi diceva: 'No perché poi ti affezioni, ci soffri'. Non lo sfiorava nemmeno l’idea che volessi divertirmi e basta". Oppure Antonino di Catania: "Qualche ragazza che sarebbe venuta a letto con me l’ho pure trovata, ma mi diceva: 'Basta che non ci facciamo vedere in giro insieme'. Sofia di Bologna: "La carrozzina è una mia caratteristica, come gli occhi o il naso. Lui l’ho conosciuto in discoteca, ero sulla carrozzina, doveva essere una cosa da una botta e via e invece poi ci siamo conosciuti e piaciuti. Come succede a tutti, né più né meno".
Anche Rossana Benzi, il cui corpo è imprigionato dalla poliomelite in un polmone d’acciaio, racconta con nuda grazia questo mare della sua vita in un libro molto intenso (Il vizio di vivere. Vent’anni nel polmone d’acciaio): “Avevo 24 anni quando conobbi Mario. Il nostro fu un amore che maturò in fretta e su un albero robusto (…) Perché non mi dai un bacio – gli chiesi – sono sicura che andresti in crisi”.(…) Non andò in crisi, imparò ad applicarmi la campana di vetro fino al collo, a porgermi il boccaglio dell’ossigeno. Imparò ad aprire il polmone come doveva fare senza bisogno di manuali. Mi spogliò come un uomo spoglia una donna che ama. Mi spostò e condusse all’amore questo fisico che non può muoversi da solo, ma sa provare perfettamente le emozioni. Desiderai finalmente essere portata via dalla sua forza, dalla sua voglia, di ascoltare all’orecchio il suo respiro affannati, di godere del piacere che mi procurava, di sentire il mondo, i fiori, i campi di grano, le gocce di pioggia.. mischiando tutto. Dovevo solo respirare, non perdere il boccaglio e attendere le sensazioni al varco”.
Poi ci sono persone come Max Ulivieri (http://www.maximilianoulivieri.it/), un web designer affetto da grave disabilità, che il tabù del sesso legato al tema della disabilità lo sfidano, allargano le possibilità di conoscere il tema e propongono quelle serie soluzioni che in altri paesi sono state adottate: "Le pulsioni sessuali costantemente represse e impedite nella loro manifestazione, sia autonoma sia relazionale, si risolvono in un costante e ossessivo stress psichico che affligge non poco l'esistenza di chi non ha autonomia nell'uso del proprio corpo”. (…) Determinate forme di disabilità, rendono impossibile l'uso delle mani, quasi tutte le forme di disabilità rendono difficoltosa, se non impossibile, l'interazione fisica e sessuale con partner adeguati, più spesso con qualunque tipo di partner consenziente.”
Nella sottoscrizione on line proposta da Max Ulivieri (in due mesi sono state già raccolte circa 1500 adesioni) si propone di istituire, anche nel nostro paese, la figura dell'assistente sessuale: "L'assistenza sessuale a persone con disabilità è praticata da operatori volontari che hanno seguito dei corsi in ambito medico, sessuologico, etico e psicologico e che hanno sviluppato una grande sensibilità verso gli altri. Una terapia vera e propria rivolta al benessere psicofisico di persone che, per un motivo o per l'altro, si trovano a non essere autonome nell'espressione dei propri bisogni di tipo sessuale e, in senso lato, erotico-affettivi. Persone che possono riscoprire il proprio corpo come fonte di piacere e non solo di sofferenza e di disagi quotidiani, attraverso il contatto, le carezze, il massaggio, gli abbracci, i giochi erotici o anche semplicemente la presenza, l'affetto e l'umanità. L'assistente oltre ad avere uno spiccato senso dell'altruismo, deve certamente avere una grande apertura mentale. Va detto che l'assistenza sessuale non prevede rapporti completi".
“Yes, we fuck!” è un progetto nato in Spagna, un documentario che affronta questo tema in modo estremamente chiaro con una serie di filmati e fotografie che mostrano senza alcun pregiudizio uomini e donne con vari tipi di handicap che fanno sesso. Come raccontano nella loro pagina facebook (https://www.facebook.com/yeswfck?fref=ts) , al di là delle intimità, “i video vogliono mostrare non solo che cosa l’erotismo può apportare ai disabili, ma anche cosa può introdurre la realtà della diversità funzionale alla sessualità umana”; insomma, per gli autori, il progetto non è solo un documentario, ma uno spazio dove le persone partecipano, dialogano e, soprattutto, fanno domande: è la diversità dell’erotismo e la lotta per l’indipendenza personale il cuore del progetto, che punta a modificare la rappresentazione collettiva della questione.
In Inghilterra esiste invece Enhance the UK , un’associazione che porta avanti il progetto Undressing disability (spogliare la disabilità), un calendario con una galleria di dodici scatti in cui modelli disabili mostrano i loro corpi: cieche e ciechi, sorde e sordi, con paralisi cerebrali vicino ad un taxi o in compagnia delle più belle attrazioni di Londra come il Big Ben o il Tower Bridge. La responsabile del progetto è Jennie Williams, affetta da sordità degenerativa ereditaria, e mette in luce i contorni dell’idea, che poi è sempre quella di lottare contro il tabù che vede i portatori di handicap come esseri asessuati, incapaci di avere una vita sessuale attiva e sana o rapporti d’amore. Il calendario (molto bello) è disponibile gratuitamente sul web (http://enhancetheuk.org/enhance/undressing-disability/undressing-disability-calendar-2014/), ma una donazione volontaria aiuterebbe la realizzazione di un progetto di educazione sessuale e affettiva curato dalla stessa associazione.
Sempre in Gran Bretagna, alcuni comuni stanno sfruttando il finanziamento del programma governativo “Putting People First” (“prima la gente”) per pagare rapporti con prostitute (in UK, andare con prostitute non è reato ) o visite a spettacoli di lap dance a portatori di disabilità. La faccenda ha assunto toni da scandalo quando è emerso che un comune avrebbe finanziato una vacanza ad Amsterdam per un giovane di ventuno anni con ritardi di apprendimento, per consentirgli di avere il suo primo rapporto sessuale. Per “Putting People First” (molto flessibile rispetto all’uso dei fondi ) il governo ha stanziato ben 120 milioni di sterline.
L’Italia ha, ancora una volta, un progetto diverso su questo tema: il progetto è non avere progetto, abbandonare il disabile e la sua famiglia alle loro energie, speranze, possibilità. Bruno Tescari (morto poco tempo fa), storico militante radicale presidente della Lega Arcobaleno, ha scritto un libro (Il Kamasabile, accesso al sesso) che è una raccolta di testimonianze incredibili su questa landa di difficoltà in cui sono immersi il disabile e i suoi cari. Genitori disperati che aiutano i loro figli ad avere rapporti sessuali; una nonna che a insaputa di sua figlia portava il nipote dalle prostitute; padri che organizzano, con grande fatica, incontri con prostitute poco o per nulla disponibili.
La battaglia portata avanti da Max Ulivieri, quella dell’assistente sessuale, è complicatissima nel nostro paese, purtoppo. In Svizzera, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Svezia e Danimarca, dove questa figura esiste, l’assistente sessuale è una o un terapeuta che deve seguire un corso di formazione, conoscere i vari tipi di disabilità e sapere come comportarsi; deve avere un altro lavoro come principale fonte di reddito, non può incontrare lo stesso cliente più di due volte al mese e non può avere rapporti sessuali completi. Niente a che vedere con la prostituzione, ma una forma di welfare in cui lo Stato non abbandona il disabile (e la sua famiglia) alla sua croce.
Da noi no, la croce è proprio croce: “Ma come, con tutti i problemi che hai, vuoi anche far sesso?”
La sessualità è volutamente taciuta, negata, repressa: associare un cieco, un sordo, un down, un portatore di disabilità a termini quali orgasmo, zona erogena, masturbazione, scopata è ancora – soprattutto in un pase come il nostro – qualcosa di complicato, problematico o impossibile per grandi fette sociali. Sembrano e sono raccontate come azioni “non normali” perché desiderate, volute e agite in e da corpi diversi, da corpi visti come malati, oggetto di cura e di medicalizzazione, ma mai oggetto e soggetto di desiderio. “Ma come, con tutti i problemi che hai, vuoi anche far sesso?”
Eppure il sesso è un diritto umano. Eppure i disabili parlano della loro sessualità, ne raccontano i contorni, il cuore e il respiro, ne reclamano ad alta voce il diritto. Priscilla Berardi (un medico psicoterapeuta disabile, con formazione in sessuologia) con il regista Adriano Silanus hanno scritto e girato un documentario - Sesso, amore e disabilità: un viaggio in Italia - che dà voce a quel 5% della popolazione italiana che vive questo aspetto così ignorato dalla stampa e dalle istituzioni. Nel documentario parlano decine di persone, uomini e donne, etero e omosessuali. Valentina di Chioggia: "Nessuno mi considerava come ipotetica fidanzata ma solo come un’amica in carrozzella. Magari io volevo una storia così, una botta e via, ma lui mi diceva: 'No perché poi ti affezioni, ci soffri'. Non lo sfiorava nemmeno l’idea che volessi divertirmi e basta". Oppure Antonino di Catania: "Qualche ragazza che sarebbe venuta a letto con me l’ho pure trovata, ma mi diceva: 'Basta che non ci facciamo vedere in giro insieme'. Sofia di Bologna: "La carrozzina è una mia caratteristica, come gli occhi o il naso. Lui l’ho conosciuto in discoteca, ero sulla carrozzina, doveva essere una cosa da una botta e via e invece poi ci siamo conosciuti e piaciuti. Come succede a tutti, né più né meno".
Anche Rossana Benzi, il cui corpo è imprigionato dalla poliomelite in un polmone d’acciaio, racconta con nuda grazia questo mare della sua vita in un libro molto intenso (Il vizio di vivere. Vent’anni nel polmone d’acciaio): “Avevo 24 anni quando conobbi Mario. Il nostro fu un amore che maturò in fretta e su un albero robusto (…) Perché non mi dai un bacio – gli chiesi – sono sicura che andresti in crisi”.(…) Non andò in crisi, imparò ad applicarmi la campana di vetro fino al collo, a porgermi il boccaglio dell’ossigeno. Imparò ad aprire il polmone come doveva fare senza bisogno di manuali. Mi spogliò come un uomo spoglia una donna che ama. Mi spostò e condusse all’amore questo fisico che non può muoversi da solo, ma sa provare perfettamente le emozioni. Desiderai finalmente essere portata via dalla sua forza, dalla sua voglia, di ascoltare all’orecchio il suo respiro affannati, di godere del piacere che mi procurava, di sentire il mondo, i fiori, i campi di grano, le gocce di pioggia.. mischiando tutto. Dovevo solo respirare, non perdere il boccaglio e attendere le sensazioni al varco”.
Poi ci sono persone come Max Ulivieri (http://www.maximilianoulivieri.it/), un web designer affetto da grave disabilità, che il tabù del sesso legato al tema della disabilità lo sfidano, allargano le possibilità di conoscere il tema e propongono quelle serie soluzioni che in altri paesi sono state adottate: "Le pulsioni sessuali costantemente represse e impedite nella loro manifestazione, sia autonoma sia relazionale, si risolvono in un costante e ossessivo stress psichico che affligge non poco l'esistenza di chi non ha autonomia nell'uso del proprio corpo”. (…) Determinate forme di disabilità, rendono impossibile l'uso delle mani, quasi tutte le forme di disabilità rendono difficoltosa, se non impossibile, l'interazione fisica e sessuale con partner adeguati, più spesso con qualunque tipo di partner consenziente.”
Nella sottoscrizione on line proposta da Max Ulivieri (in due mesi sono state già raccolte circa 1500 adesioni) si propone di istituire, anche nel nostro paese, la figura dell'assistente sessuale: "L'assistenza sessuale a persone con disabilità è praticata da operatori volontari che hanno seguito dei corsi in ambito medico, sessuologico, etico e psicologico e che hanno sviluppato una grande sensibilità verso gli altri. Una terapia vera e propria rivolta al benessere psicofisico di persone che, per un motivo o per l'altro, si trovano a non essere autonome nell'espressione dei propri bisogni di tipo sessuale e, in senso lato, erotico-affettivi. Persone che possono riscoprire il proprio corpo come fonte di piacere e non solo di sofferenza e di disagi quotidiani, attraverso il contatto, le carezze, il massaggio, gli abbracci, i giochi erotici o anche semplicemente la presenza, l'affetto e l'umanità. L'assistente oltre ad avere uno spiccato senso dell'altruismo, deve certamente avere una grande apertura mentale. Va detto che l'assistenza sessuale non prevede rapporti completi".
“Yes, we fuck!” è un progetto nato in Spagna, un documentario che affronta questo tema in modo estremamente chiaro con una serie di filmati e fotografie che mostrano senza alcun pregiudizio uomini e donne con vari tipi di handicap che fanno sesso. Come raccontano nella loro pagina facebook (https://www.facebook.com/yeswfck?fref=ts) , al di là delle intimità, “i video vogliono mostrare non solo che cosa l’erotismo può apportare ai disabili, ma anche cosa può introdurre la realtà della diversità funzionale alla sessualità umana”; insomma, per gli autori, il progetto non è solo un documentario, ma uno spazio dove le persone partecipano, dialogano e, soprattutto, fanno domande: è la diversità dell’erotismo e la lotta per l’indipendenza personale il cuore del progetto, che punta a modificare la rappresentazione collettiva della questione.
In Inghilterra esiste invece Enhance the UK , un’associazione che porta avanti il progetto Undressing disability (spogliare la disabilità), un calendario con una galleria di dodici scatti in cui modelli disabili mostrano i loro corpi: cieche e ciechi, sorde e sordi, con paralisi cerebrali vicino ad un taxi o in compagnia delle più belle attrazioni di Londra come il Big Ben o il Tower Bridge. La responsabile del progetto è Jennie Williams, affetta da sordità degenerativa ereditaria, e mette in luce i contorni dell’idea, che poi è sempre quella di lottare contro il tabù che vede i portatori di handicap come esseri asessuati, incapaci di avere una vita sessuale attiva e sana o rapporti d’amore. Il calendario (molto bello) è disponibile gratuitamente sul web (http://enhancetheuk.org/enhance/undressing-disability/undressing-disability-calendar-2014/), ma una donazione volontaria aiuterebbe la realizzazione di un progetto di educazione sessuale e affettiva curato dalla stessa associazione.
Sempre in Gran Bretagna, alcuni comuni stanno sfruttando il finanziamento del programma governativo “Putting People First” (“prima la gente”) per pagare rapporti con prostitute (in UK, andare con prostitute non è reato ) o visite a spettacoli di lap dance a portatori di disabilità. La faccenda ha assunto toni da scandalo quando è emerso che un comune avrebbe finanziato una vacanza ad Amsterdam per un giovane di ventuno anni con ritardi di apprendimento, per consentirgli di avere il suo primo rapporto sessuale. Per “Putting People First” (molto flessibile rispetto all’uso dei fondi ) il governo ha stanziato ben 120 milioni di sterline.
L’Italia ha, ancora una volta, un progetto diverso su questo tema: il progetto è non avere progetto, abbandonare il disabile e la sua famiglia alle loro energie, speranze, possibilità. Bruno Tescari (morto poco tempo fa), storico militante radicale presidente della Lega Arcobaleno, ha scritto un libro (Il Kamasabile, accesso al sesso) che è una raccolta di testimonianze incredibili su questa landa di difficoltà in cui sono immersi il disabile e i suoi cari. Genitori disperati che aiutano i loro figli ad avere rapporti sessuali; una nonna che a insaputa di sua figlia portava il nipote dalle prostitute; padri che organizzano, con grande fatica, incontri con prostitute poco o per nulla disponibili.
La battaglia portata avanti da Max Ulivieri, quella dell’assistente sessuale, è complicatissima nel nostro paese, purtoppo. In Svizzera, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Svezia e Danimarca, dove questa figura esiste, l’assistente sessuale è una o un terapeuta che deve seguire un corso di formazione, conoscere i vari tipi di disabilità e sapere come comportarsi; deve avere un altro lavoro come principale fonte di reddito, non può incontrare lo stesso cliente più di due volte al mese e non può avere rapporti sessuali completi. Niente a che vedere con la prostituzione, ma una forma di welfare in cui lo Stato non abbandona il disabile (e la sua famiglia) alla sua croce.
Da noi no, la croce è proprio croce: “Ma come, con tutti i problemi che hai, vuoi anche far sesso?”