Cioè non è che semplicemente non lo apprezzo, lo odio proprio.
Non mi capita mai di seguire una partita, se non in occasione dei mondiali. E un piccolo strappo alla regola ogni quattro anni lo faccio esclusivamente per assaporare l’atmosfera goliardica e campanilista che si respira in quel frangente, non certo per godermi lo spettacolo della gara in sé.
Odio la melodrammaticità del calcio, l’esagerazione, i tifosi imbizzarriti, la platealità dei falli, le urla dei mister, la disperazione del gol subìto e la sproporzionata contentezza di quello inflitto agli avversari.
Non mi piacciono i tifosi i cui neuroni per 90 minuti rotolano insieme al pallone.
Ho avversione per quell’urlo “gooooool” strillato fino a raschiare le corde vocali, unito agli sguardi da invasati e le carotidi che si trasformano in autostrade.
Mi stanno sulle balle anche arbitri e giocatori e, crepi l’avarizia, pure i guardalinee.
I primi perché secondo me avrebbero voluto fare i giocatori, ma non avevano la stoffa ed hanno ripiegato in un’attività simile, ma che resta comunque un surrogato: anziché inseguire il pallone corrono appresso ai giocatori
I calciatori perchè, secondo me, avrebbero voluto fare gli attori di soap opera. Infatti, se malauguratamente entrano in contatto con un avversario, danno prova della loro celata vocazione.
I guardalinee perché serve una propensione prepotente alla coglioneria per stare impalati per tutto il tempo della partita a sorvegliare che una riga bianca non venga oltrepassata dalla palla.
Quando tiravo di scherma e la mia guardia non era perfetta, il maestro ci infilava il fioretto nello spazio ricavato dalla distanza tra i miei piedi e lo agitava vorticosamente frustandomi i polpacci fino a farmi venire i lividi.
E in un campo di calcio io ho visto uomini col cerchietto per i capelli.
Cos'altro c’è da aggiungere?