Dovrebbero obbligare a fare la campagna elettorale sulla battigia. Ad osservare i movimenti fluidi di un acqua che non tradisce e si indispone quando le parole si appiattiscono e diventano nenia, cantilena inutile. Di tutti e per tutti. Un’overdose di cose dette e ripetute. Siamo sardi, la zona franca, la lingua, la formazione, la scuola, la chimica, il lavoro, i minatori. Bravi scolari con l’ansia da prestazione. Poi ci sono i sorrisi e le stoccate e le toccate di mano e i pensieri che non camminano sopra zattere alla deriva. Dovrebbero conoscere il rumore del mare. E il suo silenzio avvolgente. Dovrebbero passarci, accarezzare quell’acqua che non è buona perché è salata, ma è altrettanto vera perché non è dolce. Questo noi siamo. Corpi avvolti dal sale forte di un mare immenso. Non ci avvolge dolcezza. Il mare porta consiglio e ritaglia orizzonti più lontani e probabilmente più veri. Questo m’illumina assaggiando il mio forte mare. Musica senza pentagramma. Musica che sa andare solitaria e forte. Il mare è un rumore lento, vigoroso, energia che ti assale. Il mare per i sardi è il limite dei propri desideri. Ed è il desiderio di cavalcare quel limite che ci sovrasta. E ci stringe da troppo tempo. Bisognerebbe partire dal mare, ma non per toccare altra terra. Semplicemente per comprendere quanto è bello rimanere in viaggio sull’acqua. Il mare non è mai definitivo e non è mai una cosa già vista. E’ vita sdrucciola che sciacqua l’anima e dipinge l’esistenza. Questo noi siamo: mare e tempesta, acqua e silenzio, sale e ricordo, ginepro e mirto, onda che non fugge ma, come tutto, lentamente ritorna.
La fotografia è stata scattata stasera, a Cagliari dalla nuova passeggiata che, dal Molo Ichnusa arriva sino a Sant’Elia. Un grande rumore di mare.